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8/10

Frankenweenie regia di Tim Burton

Animazione
recensione di Fulvia Massimi

Il giovane Victor vorrebbe riportare in vita l’adorato bull terrier Sparky seguendo gli insegnamenti di uno stravagante professore di scienze. Ci riuscirà, contro ogni aspettativa, ma la sua incredibile impresa scatenerà la furia dei concittadini ignoranti e l’invidia dei compagni di classe, ambiziosi concorrenti nella fiera scientifica della scuola. Il caos regnerà sovrano.

Era il lontano (ma nemmeno troppo) 1984 quando un Tim Burton appena venticinquenne realizzava il suo terzo cortometraggio prodotto dalla Disney, Frankenweenie, storia di un ragazzino di dieci anni che non riuscendo a rassegnarsi alla morte del cane lo resuscita con la complicità di un violento temporale, gettando nel panico la comunità ottusa e perbenista. Interpretato da Shelley Duvall, Daniel Stern e dal protagonista de La storia infinita Barret Oliver, il corto in b/n dell’esordiente regista californiano rielaborava il classico di Mary Shelley traendo ispirazione dai cult horror diretti da James Whale  nei primi anni ’30 (Frankenstein e La moglie di Frankenstein) e recuperando le suggestioni già presenti in Vincent, splendido gioiellino espressionista realizzato in stop-motion nel 1982.

All’epoca sotto contratto della Disney come animatore, Burton non si limita con Frankenweenie a gettare le basi stilistiche della sua successiva cinematografia, ma si prende un’attesa rivincita contro i datori di lavoro che lo costrinsero a disegnare innumerevoli cagnolini scodinzolanti e volpacchiotti spensierati nello stucchevole classico dell’81 Red e Toby. Peccato però che il suo atto di ribellione fosse destinato ad impigliarsi tra le rigide maglie dell’MPAA. Affine a Vincent nelle atmosfere così come nelle vicissitudini distributive, Frankenweenie vede infatti la luce grazie all’appoggio produttivo dello sponsor di Burton presso la Disney, Julie Hickson, ma non ottiene più di qualche sporadica proiezione in Gran Bretagna. A condannarlo è l’assegnazione del marchio Parental Guidance, o meglio, come afferma ironicamente lo stesso regista, dalla mancata approvazione della “Perfetta Casalinga Americana”.

Quasi tre decenni più tardi cambiano i tempi ma non le intenzioni. Legato alla Disney da un ormai proficuo sodalizio e da una libertà creativa pressoché totale, Tim Burton si concede il lusso di recuperare il contestato cortometraggio d’esordio per trasformarlo nell’allora agognato lungometraggio, utilizzando la tecnica che più di tutte lo ha contraddistinto come pioniere e artista dell’animazione tradizionale, tanto in bidimensione che in stereoscopia: il passo uno. E se all’epoca dello spettacolare, quanto ambizioso, The Nightmare Before Christmas la lavorazione in stop-motion era al limite dell’impossibile, oggi le tecnologie in 3D consentono al visionario regista di ottenere risultati visivamente sorprendenti senza sacrificare l’artigianalità del suo lavoro.

Candidato (perdente) ai recenti Golden Globe e nominato all’Oscar per i prossimi Academy Awards, Frankenweenie gioca decisamente in casa (tre i film Disney su cinque nomination), ma si presenta come un avversario difficilmente competitivo rispetto ai candidati disneyani più “tradizionali” (Brave e Ralph Spaccatutto). Tuttavia, la sua originalità tecnica e narrativa rivaleggia con un altro splendido prodotto in stop-motion 3D, ParaNorman di Sam Fell e Chris Butler, sottolineando con fierezza il fascino intramontabile dell’artigianato nell’era invasiva del digitale. L’influenza delle nuove tecnologie non passa certamente inosservata, e rende necessari alcuni aggiustamenti rispetto al corto di partenza (basti pensare al filmino d’apertura proiettato da Victor), ma il gusto della manifattura ha comunque la meglio sul puro intrattenimento computerizzato.

Quella dimostrata da Burton nei confronti dei suoi prodotti d’animazione è infatti la cura appassionata e minuziosa del cesellatore, che non perde di vista l’importanza delle rifiniture e dei dettagli, perfino quelli apparentemente insignificanti. Frankenweenie non fa eccezione; al contrario, e forse più che in passato, sorprende  la meticolosità nella costruzione delle controscene (la sequenza del pranzo è esemplare) e la creazione di piccoli episodi che sembrano divergere dalle linee guida dell’intreccio ma che lo arricchiscono, invece, di siparietti memorabili (il gatto veggente, l’esperimento di volo “idrico”).

Per chi avesse intenzione di snobbarlo, ritenendolo un film per ragazzini, si impone doveroso un ripensamento: l’opera ultima di Burton ne segna finalmente il ritorno in grande stile, dopo una serie di “esperimenti” non del tutto riusciti (Dark Shadows in testa). Gli ingredienti sono sempre gli stessi (visionari, gotici, cimiteriali, tenebrosi ecc.. ecc.., conoscete il repertorio lessicale) ma l’impasto ha la giusta consistenza di un capolavoro per palati raffinati. Non mancano le consuete musiche evanescenti e fatate di Danny Elfman, che pure sa trovare i registri sonori più adatti per accompagnare le varie sfumature narrative del film, e il montaggio “hitchcockiano” (del genere “post-doccia di Psycho“) del fedele Chris Lebenzon è un pregiatissimo lavoro di alta orologeria. Per non parlare, poi, dello script di Leonard Ripp, perfetto nel trasformare la tipica fiaba nera burtoniana in un trattatello antropologico sulle dinamiche (anti)sociali della provincia americana.

Membro oramai riconosciuto dello star system hollywoodiano, ma sempre avvolto da quel je ne sais quoi di stravagante che lo rende eterno outsider di culto, Burton non perde il proprio spirito irriverente e salace, e continua a trattare con dissacrante black humour i capisaldi del rassicurante modello cinematografico mainstream, ambientando la sua ultima fatica in un ipotetico sobborgo americano che fa il verso alla mecca del cinema tanto nel nome (New Holland) che nell’aspetto (la collina su cui sorge il mulino della città ricorda la Mount Lee di Santa Monica).

La periodizzazione è volutamente ambigua e generalizzata: mentre i genitori di Victor guardano in tv una replica di Dracula (1958), al cinema danno Bambi (1942) e lo scarto di quasi vent’anni tra l’uno e l’altro lascia ben poche certezze cronologiche. Una cosa, però, è certa: come in Edward Mani di Forbice – ma senza il supporto del colore - Burton recupera il clima falsamente edenico della piccola borghesia di provincia per turbarlo e metterlo in discussione, facendolo deflagrare con l’aiuto di un agente esterno, mostruoso alle apparenze ma fondamentalmente innocuo. Anzi, addirittura benefico.

I veri mostri non sono i freaks venuti da lontano (o, in questo caso, dall’oltretomba) ma i borghesucci intolleranti che non sanno vedere oltre la salvaguardia del proprio orticello, e reagiscono alla (falsa) minaccia imbracciando il forcone e inneggiando al linciaggio. I personaggi antropomorfi partoriti dall’immaginazione burtoniana non sono mai veramente umani, ma intrattengono con l’universo dell’orrido e del terrificante un legame tutt’altro che sottile. Sproporzionati, espansi, allungati, bitorzoluti, ricordano i protagonisti dei classici dell’horror: l’aiutante gobbo Igor, lo stesso Frankenstein, e poi mummie, lupi mannari, creature della laguna nera in scala ridotta e perfino una tartaruga gigante imparentata con Godzilla (al centro di un esilarante scontro con un criceto diabolico).

Burton, al contrario di Tarantino, non attribuisce alle proprie citazioni (evidentissime e sovrabbondanti nel finale del film: dalla cabina telefonica de Gli Uccelli al mulino in fiamme di Frankenstein) lo statuto di “furti”, ma piuttosto di rielaborazioni in chiave emotiva e personale. La rilettura dei titoli storici dell’horror passa attraverso l’attenzione costante per alcuni temi cari alla sua biografia, e dunque anche alla sua filmografia. Primo fra tutti, il senso di alienazione del diverso, alimentato dall’imposizione sociale ad essere “normale” (e, dunque, ad essere come gli altri) e reso evidente dall’ansia di socializzazione del padre di Victor – a cui, in fondo, va imputata la morte di Sparky (più rocambolesca che nel corto originale) – e dalla canzone-simbolo dell’esibizionismo del sindaco (cantata, in originale, da una ritrovata Wynona Rider).

Come sfuggire, dunque, all’oppressione e alla grettezza mentale? Ma coltivando un sogno, ovviamente! Perfino quello, irrealizzabile sulla carta (e, diciamocelo, un po’ morbosetto) di riportare alla vita i cari estinti. Attraverso una visione romantica della scienza, che attribuisce alla componente affettiva una valenza essenziale e sfata il falso mito di una disciplina rigida, arida, razionale, Burton non compromette la propria eccentricità, ma rilegge comunque a suo modo la tanto vituperata favola buonista, regalando infine al suo ennesimo alter ego weird un lieto fine degno di un classico disneyano. Perché essere strani non vuol dire necessariamente negarsi qualche piccola soddisfazione.

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Voto degli utenti: 7,3/10 in media su 7 voti.

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tramblogy alle 10:06 del 5 febbraio 2013 ha scritto:

Pieno di citazioni (in chiave motiva e personale??), parte seconda e happy ending rovinoso....non ha piu nulla da dire sto qui!

Alberto Longo (ha votato 7 questo film) alle 20:40 del 5 febbraio 2013 ha scritto:

Vi prego, ditemi almeno che è meglio di Alice e del mediocricissimo Dark Shadow... è una pena vedere Burton in questo stato...

alejo90 (ha votato 6 questo film) alle 21:13 del 5 febbraio 2013 ha scritto:

sì dai meglio di quello lo è! non che ci voglia molto....

tramblogy alle 21:29 del 5 febbraio 2013 ha scritto:

Meglio di Alice sicuro, meglio di dark non mi pare...il problema e' che non ha nulla di originale, quindi ha il sapore di già visto...la fine poi...andava bene 3 minuti prima, i 40 sec. Finali ti crolla un pochino, ma non e' neppure questo il motivo...ma l originale tratta sempre di un cane?..mi manca..ops

Alberto Longo (ha votato 7 questo film) alle 21:40 del 5 febbraio 2013 ha scritto:

Oibò, Burton l'ho amato proprio per l'animazione...e la capacità di portare quella magia anche nei film live-action. Sì, il mediometraggio è degli anni'80 e lo trovi su youtube (prima del film, lo trovavi con facilità, ora un po' meno...). Tratta sempre del buon Sparky. Buonista, ma per il periodo era qualcosa di nuovo: conta che venne applicato il PG 13 (Parental Guidance). Guarda anche Victor e Stalk of the Celerity Monster, primo cotrometraggio realizzato quando era ancora studente alla CalArts.

Alberto Longo (ha votato 7 questo film) alle 21:43 del 5 febbraio 2013 ha scritto:

Pardon, CELERY monster. Eccolo: e Frankeweenie: http://www.youtube.com/watch?v=YqhEjQl9zcI

alejo90 (ha votato 6 questo film) alle 11:39 del 5 febbraio 2013 ha scritto:

non aggiunge praticamente niente rispetto al mediometraggio originale...certo lo stop motion è sempre gradevole da vedere e la durata dilatata permette di inserire qualche gag in più, ma è un tentativo di ritorno "back to the basics" utile ad accontentarer i fans della prima ora. Se non si è visto l'originale, comunque, è una visione piacevole e divertente.

tramblogy alle 22:43 del 5 febbraio 2013 ha scritto:

Grazie ragazzi me lo vedo...

Alberto Longo (ha votato 7 questo film) alle 22:49 del 5 febbraio 2013 ha scritto:

Aspetto il tuo parere!

tramblogy alle 11:29 del 8 febbraio 2013 ha scritto:

Scusate...ma non riesco a trovarlo...uff

Alberto Longo (ha votato 7 questo film) alle 11:36 del 8 febbraio 2013 ha scritto:

E, con l'uscita del film è difficile trovarlo, adesso... Ma noi risolviamo!

Ta-daaan, eccolo!

loson79 (ha votato 8 questo film) alle 12:09 del 10 febbraio 2013 ha scritto:

Mah, di fronte a certi commenti resto davvero perplesso... Come si fa a dire che questo Frankenweenie non aggiunge niente al corto originale? Quello era, appunto, un corto, questo dura un'ora e mezza. Quello era interpretato da attori in carne ed ossa, questo è un film d'animazione in stop motion. Conterà qualcosa la forma, o è un mero accessorio? Sstoria viene ulteriormente sviluppata nel suo contesto, nonché arricchita di particolari e personaggi: il professore di scienze, ad esempio, ora ha le sembianze di Vincent Price e la voce di Bela Lugosi (ossia di Martin Landau, l'attore che interpretò Lugosi in “Ed Wood”), e il peso che esercita nelle vicende è più incisivo; c'è pure posto per una ragazzina Burton realizza per la casa produttrice americana un'opera che, fra citazioni e autocitazioni, condensa tutti i suoi feticci (lo stop motion, la letteratura gotica, gli horror della Universal e della Hammer, una sterminata filmografia di B-movies risalenti agli anni '50 e chissà quante altre cose che non ho colto o non conosco). La storia viene ulteriormente sviluppata nel suo contesto, nonché arricchita di particolari e personaggi: il professore di scienze, ad esempio, ora ha le sembianze di Vincent Price e la voce di Bela Lugosi (ossia di Martin Landau, l'attore che interpretò Lugosi in “Ed Wood”), e il peso che esercita nelle vicende è più incisivo; c'è pure posto per una ragazzina doppiata da Winona Ryder, quasi una riproposizione della Lydia di Beetlejuice.

Insomma, la sensazione è quella di trovarsi di fronte al magnus opus bartoniano in campo stop motion (se si fa finta che Vincent non sia mai esistito), di gran lunga superiore a quella palla de La Sposa Cadavere e persino più focalizzato del comunque bellissimo Nightmare Before Christmas.

loson79 (ha votato 8 questo film) alle 12:13 del 10 febbraio 2013 ha scritto:

Ho scasinato col pc, il commento giusto è questo XDDD "Mah, di fronte a certi commenti resto davvero perplesso... Come si fa a dire che questo Frankenweenie non aggiunge niente al corto originale? Quello era, appunto, un corto, questo dura un'ora e mezza. Quello era interpretato da attori in carne ed ossa, questo è un film d'animazione in stop motion. Conterà qualcosa la forma, o è un mero accessorio? Senza contare che la storia viene ulteriormente sviluppata nel suo contesto, nonché arricchita di particolari e personaggi: il professore di scienze, ad esempio, ora ha le sembianze di Vincent Price e la voce di Bela Lugosi (ossia di Martin Landau, l'attore che interpretò Lugosi in “Ed Wood”), e il peso che esercita nelle vicende è più incisivo. Burton realizza per la casa produttrice americana un'opera che, fra citazioni e autocitazioni, condensa tutti i suoi feticci (lo stop motion, la letteratura gotica, gli horror della Universal e della Hammer, una sterminata filmografia di B-movies risalenti agli anni '50 e chissà quante altre cose che non ho colto o non conosco). La sensazione è quella di trovarsi di fronte al magnus opus bartoniano in campo stop motion (se si fa finta che Vincent non sia mai esistito), di gran lunga superiore a quella palla de La Sposa Cadavere e persino più focalizzato del comunque bellissimo Nightmare Before Christmas. In sintesi, è il monumentale punto di non ritorno di tutto il cinema di Burton, oltre il quale, semplicemente, esso non può più esistere, l'ultimo step possibile per il cinema di Burton così com'è stato ideato e condotto fino ad ora. O il regista ha il coraggio di reinventarsi (un po' come fece Lynch da Lost Highway) o cadrà nel baratro definitivamente. Sono pessimista, ma la speranza è sempre l'ultima a morire."

Alberto Longo (ha votato 7 questo film) alle 12:39 del 10 febbraio 2013 ha scritto:

Lo guarderò comunque, perchè confermo che Burton nasce come animatore e che i suoi lungometraggi animati siano sempre i migliori! Ma Corpse Bride non è brutto, dai! Certo, a livello d'invenzioni Nightmare Before Christams lo schiaccia, però l'ho trovato delizioso.

loson79 (ha votato 8 questo film) alle 13:34 del 10 febbraio 2013 ha scritto:

No ma La Sposa Cadavere non è proprio malvagissimo, intendiamoci. Visivamente resta impeccabile, anche se a mio giudizio si crogiola troppo nei "sicuri" tòpoi estetici del gotico romantico, sacrificando le rielaborazioni estetiche più originali a cui Burton era pervenuto in passato. Poi ho trovato strapallose le canzoni, mamma mia... Se in Nightmare Before Christmas l'apporto musicale era essenziale e piacevolissimo, qui è la mazzata definitiva che spegne il mio interesse.

Alberto Longo (ha votato 7 questo film) alle 14:35 del 10 febbraio 2013 ha scritto:

Ok! Beh, purtroppo è il problema di Burton negli ultimi anni e anche dell'animazione: sembra che un buon prodotto sia determinato più dalla bellezza visiva (necessaria, per carità!) che dalla forza narrativa. Per farti due esempi: Brave (tecnica impeccabile, buono il rapporto familiare rappresentato, ma manca di quella forza narrativa e l'intuizione giusta per far scattare la scintilla dei capolavori precedenti; arrabbiatissimo per il Golden Globe e speranzoso che non gli venga dato l'Osacr. Quest'anno la Pixar non meritava nulla. E se penso che vogliono fare Monster University mi viene male...odio i riciclaggi delle serie) e ParaNorman (un vero gioiello animato, ma il livello narrativo ne risente, soprattutto nella parte centrale del film). Mentre altri, magari stilisticamente "inferiori" ma capaci di toccarti il cuore vengono snobbati (penso, ad esempio, a "Ernest & Celestine" o al cortometraggio rivoluzionario della tecnica 2d e 3d di "Paperman": prima di Ralph non l'hanno proiettato!). Riguardo la colonna sonora concordo con te che il buon Danny abbia dato sfogo al suo estro con Nightmare, ma nella Sposa Cadavere ricordo una buona colonna sonora che enfatizza ulteriormente l'idea di due mondi così diversi caratterialmente... Il pezzo nella taverna del Mondo dei Morti, poi, è una "danse macabre" in blues che conquista! Pezzi al pianoforte forse un po' smorzati, ma ho apprezzato molto il duetto. Non sei il primo a pensarla così: molti vedono in questo film la discesa di Burton. Detto questo, spero di riuscire a guardarmelo prima che sparisca dalla circolazione!

p.s.: da che film è tratto l'immagine del tuo profilo?

Alberto Longo (ha votato 7 questo film) alle 14:35 del 10 febbraio 2013 ha scritto:

Ok! Beh, purtroppo è il problema di Burton negli ultimi anni e anche dell'animazione: sembra che un buon prodotto sia determinato più dalla bellezza visiva (necessaria, per carità!) che dalla forza narrativa. Per farti due esempi: Brave (tecnica impeccabile, buono il rapporto familiare rappresentato, ma manca di quella forza narrativa e l'intuizione giusta per far scattare la scintilla dei capolavori precedenti; arrabbiatissimo per il Golden Globe e speranzoso che non gli venga dato l'Osacr. Quest'anno la Pixar non meritava nulla. E se penso che vogliono fare Monster University mi viene male...odio i riciclaggi delle serie) e ParaNorman (un vero gioiello animato, ma il livello narrativo ne risente, soprattutto nella parte centrale del film). Mentre altri, magari stilisticamente "inferiori" ma capaci di toccarti il cuore vengono snobbati (penso, ad esempio, a "Ernest & Celestine" o al cortometraggio rivoluzionario della tecnica 2d e 3d di "Paperman": prima di Ralph non l'hanno proiettato!). Riguardo la colonna sonora concordo con te che il buon Danny abbia dato sfogo al suo estro con Nightmare, ma nella Sposa Cadavere ricordo una buona colonna sonora che enfatizza ulteriormente l'idea di due mondi così diversi caratterialmente... Il pezzo nella taverna del Mondo dei Morti, poi, è una "danse macabre" in blues che conquista! Pezzi al pianoforte forse un po' smorzati, ma ho apprezzato molto il duetto. Non sei il primo a pensarla così: molti vedono in questo film la discesa di Burton. Detto questo, spero di riuscire a guardarmelo prima che sparisca dalla circolazione!

p.s.: da che film è tratto l'immagine del tuo profilo?

Alberto Longo (ha votato 7 questo film) alle 14:36 del 10 febbraio 2013 ha scritto:

Uops, scusa la logorrea!

loson79 (ha votato 8 questo film) alle 18:32 del 10 febbraio 2013 ha scritto:

Siamo d'accordo su Brave: tra i peggiori Pixar mai visti, ai livelli di Cars. Paranorman l'ho trovato una piacevole e "leggera" divagazione della Laika in territorio B-Horror dopo i fasti di Coraline. Ernest & Celestine non l'ho visto, ma Paperman (splendido, commovente, e per nulla inferiore a Brave o Paranorman dal punto di vista visivo) è già a due passi dall'Oscar: poi, certo, se mi dici che è passato un po' in sordina rispetto ad altri titoli, non ultimo lo stesso Ralph Spaccatutto, non posso che essere d'accordo. La questione del biilanciamento tra realizzazione visiva e solidità dello script è annosa: ci si potrebbero fare migliaia di discussioni, e tante ne sono state fatte nel corso degli anni. Da parte mia posso dire di essere a favore di un certo equilibrio, nel senso che i due aspetti dovrebbero andare di pari passo, ma non ti nascondo che di fronte a una "forma" da togliere il fiato sono disposto a chiudere un occhio su difetti di sceneggiatura o di "contenuto". La scena della taverna di The Corpse Bride è bella, hai ragione, anche se come quoziente malefico per me patisce comunque il confronto con le pagine più pazzerelle di Nightmare. Ll'immagine del mio avatar è presa da Perfect Blue di Satoshi Kon.

Alberto Longo (ha votato 7 questo film) alle 19:02 del 10 febbraio 2013 ha scritto:

Scusa, nella foga mi sono dimenticato di scrivere... ho volutamente posto le virgolette su quel "inferiori" proprio perchè molto spesso sono queste perle ad essere snobbate in quanto senza un'etichetta che copra loro le spalle (penso ad esempio a Le Vielle Dame et Les Pigeons di Chomet che s'è visto soffiare l'Oscar per il comunque bellissimo Geri's Game della Pixar...) o per altre ragioni, come la durata: assicuro che spesso i cortometraggi o i mediometraggi vengono bellamente snobbati dal pubblico non solo perchè "cartoni animati" (che odio quando li definiscono così), ma anche perchè "troppo corti". Se solo sapessero la fortuna dei cortometraggi Disney o Pixar e la loro bellezza (senza dimenticare che l'ultimo Corto Pixar è diretto da Enrico Casarosa...daje, un minimo di patriottismo! :p) rimarrebbero a bocca aperta. Anche io mi crogiolo nella bellezza visiva (ti posto un corto della scuola GOBELINS che è un capolavoro), ci sta: l'animazione ha questa marcia in più... da un segno di matita (o di pixel), puoi dare voce totale alla tua immaginazione. E' un vero e proprio miracolo, la magia antica di quello che oggi chiamiamo cinema (fenachistoscopio, taumatropio, zootropio, lanterna magica ecc. ecc.). Ovviamente l'equilibrio di cui parli è il compromesso perfetto e di esempi da fare ce ne sono... ma ultimamente non sembra così!

Scusami se mi dilungo, ma quando parlo di Animazione non mi fermo più!

p.s.: non conosco molto dell'animazione giapponese... Me lo segno!!

Alberto Longo (ha votato 7 questo film) alle 19:03 del 10 febbraio 2013 ha scritto:

Scusa, nella foga mi sono dimenticato di scrivere... ho volutamente posto le virgolette su quel "inferiori" proprio perchè molto spesso sono queste perle ad essere snobbate in quanto senza un'etichetta che copra loro le spalle (penso ad esempio a Le Vielle Dame et Les Pigeons di Chomet che s'è visto soffiare l'Oscar per il comunque bellissimo Geri's Game della Pixar...) o per altre ragioni, come la durata: assicuro che spesso i cortometraggi o i mediometraggi vengono bellamente snobbati dal pubblico non solo perchè "cartoni animati" (che odio quando li definiscono così), ma anche perchè "troppo corti". Se solo sapessero la fortuna dei cortometraggi Disney o Pixar e la loro bellezza (senza dimenticare che l'ultimo Corto Pixar è diretto da Enrico Casarosa...daje, un minimo di patriottismo! :p) rimarrebbero a bocca aperta. Anche io mi crogiolo nella bellezza visiva (ti posto un corto della scuola GOBELINS che è un capolavoro), ci sta: l'animazione ha questa marcia in più... da un segno di matita (o di pixel), puoi dare voce totale alla tua immaginazione. E' un vero e proprio miracolo, la magia antica di quello che oggi chiamiamo cinema (fenachistoscopio, taumatropio, zootropio, lanterna magica ecc. ecc.). Ovviamente l'equilibrio di cui parli è il compromesso perfetto e di esempi da fare ce ne sono... ma ultimamente non sembra così!

Scusami se mi dilungo, ma quando parlo di Animazione non mi fermo più!

p.s.: non conosco molto dell'animazione giapponese... Me lo segno!!

Alberto Longo (ha votato 7 questo film) alle 19:03 del 10 febbraio 2013 ha scritto:

Scusa, nella foga mi sono dimenticato di scrivere... ho volutamente posto le virgolette su quel "inferiori" proprio perchè molto spesso sono queste perle ad essere snobbate in quanto senza un'etichetta che copra loro le spalle (penso ad esempio a Le Vielle Dame et Les Pigeons di Chomet che s'è visto soffiare l'Oscar per il comunque bellissimo Geri's Game della Pixar...) o per altre ragioni, come la durata: assicuro che spesso i cortometraggi o i mediometraggi vengono bellamente snobbati dal pubblico non solo perchè "cartoni animati" (che odio quando li definiscono così), ma anche perchè "troppo corti". Se solo sapessero la fortuna dei cortometraggi Disney o Pixar e la loro bellezza (senza dimenticare che l'ultimo Corto Pixar è diretto da Enrico Casarosa...daje, un minimo di patriottismo! :p) rimarrebbero a bocca aperta. Anche io mi crogiolo nella bellezza visiva (ti posto un corto della scuola GOBELINS che è un capolavoro), ci sta: l'animazione ha questa marcia in più... da un segno di matita (o di pixel), puoi dare voce totale alla tua immaginazione. E' un vero e proprio miracolo, la magia antica di quello che oggi chiamiamo cinema (fenachistoscopio, taumatropio, zootropio, lanterna magica ecc. ecc.). Ovviamente l'equilibrio di cui parli è il compromesso perfetto e di esempi da fare ce ne sono... ma ultimamente non sembra così!

Scusami se mi dilungo, ma quando parlo di Animazione non mi fermo più!

p.s.: non conosco molto dell'animazione giapponese... Me lo segno!!

Alberto Longo (ha votato 7 questo film) alle 19:05 del 10 febbraio 2013 ha scritto:

Ce ne sarebbero molti altri (a Tramblogy avevo consigliato Oktapodi, ad esempio)...dai un'occhiata su internet, si trovano abbastanza facilmente!

alejo90 (ha votato 6 questo film) alle 21:49 del 10 febbraio 2013 ha scritto:

Un'ora e mezza che non aggiunge nulla al corto originale. Ovviamente si intende che non aggiunge contenuto. Mi pare evidente che durando un'ora e mezza ci siano personaggi in più o situazioni non presenti nell'altro. Il fatto che queste aggiunte non dicano nulla di diverso, non PORTINO a nulla di diverso rispetto all'originale non fa altro che confermare l'accessorietà delle stesse.

"Quello era interpretato da attori in carne ed ossa, questo è un film d'animazione in stop motion. Conterà qualcosa la forma, o è un mero accessorio?"

In questo caso è proprio così, un mero accessorio; infatti la vicenda ricalca fedelmente l'originale per il quale non si sentiva esigenza alcuna di realizzare una versione animata. Anzi devo dire che personalmente la versione in live action era più efficace emotivamente parlando, proprio perchè il cane era vero e ciò aumentava molto l'empatia. Specifico che non è un film al quale sono legato particolarmente; l'ho visto per la prima volta l'anno scorso quindi non è che mi piace di più perchè l'avevo visto da piccolo o cose simili.

"Burton realizza per la casa produttrice americana un'opera che, fra citazioni e autocitazioni, condensa tutti i suoi feticci" sì, Burton tende a farlo; in effetti è ciò che fa in praticamente tutti i suoi film. Ciò non fa altro che ribadire la canonicità dell'operazione. Opera summa? Lo era già la sposa cadavere allora.

"In sintesi, è il monumentale punto di non ritorno di tutto il cinema di Burton, oltre il quale, semplicemente, esso non può più esistere," A parte che di monumentale non ha proprio nulla, questa massima è quantomeno discutibile: ripeto, La Sposa Cadavere era già un insieme di tutti gli elementi della poetica burtoniana, ma a quanto pare il suo modo di fare cinema non è affatto cambiato da allora. In effetti non vedo come potrebbe cambiare totalmente ora che ha raggiunto una certa età. Il mio presentimento è l'esatto opposto: Burton continuerà a fare film rispettando al 90% il suo stile ormai visto e stravisto.

loson79 (ha votato 8 questo film) alle 22:22 del 10 febbraio 2013 ha scritto:

Ma io stesso sono poco fiducioso circa un eventuale - e da molti auspicato - cambiamento di rotta: ho solo scritto che se non imprime al suo cinema una svolta (mica una rivoluzione: lo stesso Lynch ha dimostrato, con la nuova stagione aperta da Lost Highway, che è possibile ritrovare una nuova giovinezza artistica senza snaturarsi... e per me Lynch era arrivato a metà '90s col fiato a dir poco corto), allora si affosserà definitivamente coi suoi film piatti e riscaldati con i quali ha infestato l'ultimo decennio. La mia è una speranza, non una previsione.

" la vicenda ricalca fedelmente l'originale per il quale non si sentiva esigenza alcuna di realizzare una versione animata". --> Forse intendevi "del quale IO non sentivo esigenza alcuna". Per me l'empatia massima si ha con questo film, non con il cortometraggio. Perdonami, tu sarai senz'altro più preparato di me, ma stabilire che un radicale ripensamento del mezzo attraverso il quale "mostrare" una storia (l'animazione stop in motion) non costituisca non dico un'aggiunta, ma perlomeno un evidente smarcamento dall'estetica e dalle modalità espressive di un film con attori in carne e ossa, mi pare opinabile. Dal punto di vista del plot non vi sono stravolgimenti, se non che viene sviluppato il contesto suburbano nel quale la storia è ambientata (con annessa svisceramento dell'ipocrisia della popolazione), e viene introdotto il tema della selvaggia competizione (tema fondante di Dark Shadows) fra alunni per il conseguimento della "scoperta", del tutto assente nel cortometraggio (parimenti latente di appeal puramente gotico, che qui è una delle tante modalità espressive con cui Burton si autocita). Poi possono essere tematiche vecchie come il cucco, roba che Burton ha affrontato in precedenza, ma mai le avevo viste stipate tutte assieme e "armonizzate" in un unico lungometraggio. E poi, saranno anche tematiche accessorie, ma ragionando così allora quasi ogni lungometraggio, accuratamente epurato da intrecci secondari e simili, è tranquillamente riconducibile a un corto, quindi che cavolo ci stanno a fare i lungometraggi? La Sposa Cadavere non era summa perchè mancava del tutto la componente satirica, nonché la fascinazione per i B-movies anni '50 (del quale la stessa scelta di girare in bianco e nero - con annesse trovate "Godzillesche" - è l'emblema). E sì, ribadisco, per me è un film monumentale.

alejo90 (ha votato 6 questo film) alle 22:44 del 10 febbraio 2013 ha scritto:

da quello che scrivi pare che il pregio del film sia il fatto di averci messo dentro tutti gli elementi precedentemente visti negli altri film di Burton. Questo invece è proprio il limite dell'operazione, il guaio principale del film; un'operazione nostalgia per gridare al mondo "Guardatemi, sono ancora Tim Burton, vedete? Ci sono le stesse cose di sempre, pure il film è lo stesso!" Non riesco a capire quali siano i pregi che tu vedi in questo film.

Sulla scelta dell'animazione: sì c'è un cambio di forma...quindi? Al posto di fare la domanda a me, dovresti essere tu a dirmi in che modo questo giova alla pellicola rispetto alla versione in live action del cortometraggio, dato che sei tu a stare elogiando questo film...Cosa aggiunge lo stop motion a quanto già visto? (personalmente io ritengo che il film ci perda molto, proprio per questo mi interessa capire come la pensi su questo)

" ma ragionando così allora quasi ogni lungometraggio, accuratamente epurato da intrecci secondari e simili, è tranquillamente riconducibile a un corto, quindi che cavolo ci stanno a fare i lungometraggi?" questo non sta scritto da nessuna parte; anzi questa è la differenza tra i grandi film (nei quali non ci sono scene che fanno semplice riempitivo, ma ogni cosa ha un senso nel disegno complessivo) e i film ordinari, pieni di scene tutte uguali tra loro. Infine, non vedo proprio niente di satirico in questo film; al limite di umoristico, di parodico, ma satirico proprio non ci vedo nulla...

loson79 (ha votato 8 questo film) alle 0:39 del 11 febbraio 2013 ha scritto:

"il guaio principale del film; un'operazione nostalgia per gridare al mondo "Guardatemi, sono ancora Tim Burton, vedete?"

In tanti l'hanno vista in questo modo (d'altronde ormai Burton lo si stronca a prescindere). Che devo dirti, io il procedimento di citazione/autocitazione l'ho inteso in tutt'altro modo: come volontà riepilogatrice e "condensatrice", forse anche sublimemente tassidermica, come discorso metatestuale condotto con sublime progettualità. Nulla di intrinsecamente "nuovo" (non ho forse parlato di "un punto di non ritorno per il cinema di Burton"?), eppure summa ultima, definitiva e abbagliante di una poetica. C'è poi un risvolto singolare nelle tue parole: se, come affermi, l'autocitazione per Burton è prassi ("...è ciò che fa in praticamente ogni suo film"), non vedo perchè "l'averci messo tutti gli elementi precedentemente visti nei suoi film" (procedimento che, ribadisco, qui è intensificato sino al parossismo) dovrebbe configurarsi come disvalore di per sé e unica motivazione per la stroncatura. A questo punto, TUTTI i suoi film sarebbero da stroncare.

"dovresti essere tu a dirmi in che modo questo giova alla pellicola rispetto alla versione in live action del cortometraggio, dato che sei tu a stare elogiando questo film."

Ah, quindi l'onere della prova spetta a chi ne parla bene. Chi stronca può limitarsi a tautologie. Non conoscevo questa regola, ma va bene così. Cosa aggiunge lo stop motion? Non so cosa aggiunge, so in cosa DIVERSIFICA questo film dal cortometraggio precedente: diciamo che grossomodo introduce un nuovo apparato di codici visivi, consentendo (e l'estetica, per me, è un valore in quanto tale) tutte le sfumature che sono proprie dei linguaggio del cinema d'animazione, quali l'abbandono di ogni pretesa di realismo o verosimiglianza, le alterazioni grottesche/orrorifiche dei personaggi (che altrimenti sarebbero vincolate alla fisicità degli attori), il fatto che posso vedere Vincent Price che fa l'insegnante di scienze, o una bambina inquietante che sembra sbucata da un quadro di Munch e al tempo stesso richiamare la ragazzina di "Operazione Paura"...Cito quanto ha scritto poco più su Alberto Longo: "l'animazione ha questa marcia in più... da un segno di matita (o di pixel), puoi dare voce totale alla tua immaginazione. E' un vero e proprio miracolo, la magia antica di quello che oggi chiamiamo cinema". Questo è quanto. Se non va bene, allora vuol dire che di cinema non ne capisco niente e mi sta bene così.

"questo non sta scritto da nessuna parte; anzi questa è la differenza tra i grandi film (nei quali non ci sono scene che fanno semplice riempitivo, ma ogni cosa ha un senso nel disegno complessivo) e i film ordinari"

E in base a cosa stabiliamo se una scena è o meno riempitivo? In base a considerazioni estetiche? Formali? Di funzionalità alla narrazione? Una scena può essere totalmente ininfulente per lo svolgersi della trama ma di una bellezza accecante in sé (e in Frankenweenie ce ne stanno a bizzeffe: vedi la trasformazione del gatto nell'ibrido mostruoso col pipistrello, o la canzone che canta la nipote del sindaco...). Godard ci viveva sulle scene ininfluenti, secondarie, apprentemente inutili. Così come viveva sui dialoghi campati in aria, cazzeggiamenti puri... Eppure avresti il coraggio di togliere qualche scena da Bande à Part? Parliamo di un film che per intreccio può essere tranquillamente riassumibile in un corto di dieci minuti, eh...

"non vedo proprio niente di satirico in questo film; al limite di umoristico, di parodico, ma satirico proprio non ci vedo nulla"

Io già la prima sequenza l'ho vista come un farsi beffa del 3D, e pure in modo abbastanza velenosetto... Ma forse non l'ho intesa a dovere. Lo stesso dicasi della competizione fra alunni (tra i quali un giapponese e un francese, manco fossimo in una ipotesi di guerra fredda "alternativa" nella quale gli "stranieri" si vogliono impossessare della tecnologia del nemico americano...).

alejo90 (ha votato 6 questo film) alle 11:09 del 11 febbraio 2013 ha scritto:

"d'altronde ormai Burton lo si stronca a prescindere" Leggendoti mi sta venendo un dubbio atroce; cioè che tu non stia prestando attenzione a quello che scrivo: io infatti non ho stroncato il film, al quale ho assegnato la sufficienza piena. A meno che tu non consideri una stroncatura affibiare una sufficienza - e allora vabbè che posso farci?

"l'ho inteso in tutt'altro modo" ok su questo ci siamo chiariti; abbiamo visioni diverse in proposito ma è giusto così.

" non vedo perchè "l'averci messo tutti gli elementi precedentemente visti nei suoi film" (procedimento che, ribadisco, qui è intensificato sino al parossismo) dovrebbe configurarsi come disvalore di per sé e unica motivazione per la stroncatura." Come sopra, io non ho stroncato il film; l'autocitazionismo non è un disvalore di per sè, infatti, ma non è nemmeno un valore di per sè; anche qui comunque ci siamo chiariti: per me è un deja-vu che sa di vecchiume, per te è l'opera summa.

" A questo punto, TUTTI i suoi film sarebbero da stroncare." Premesso che, tanto per cambiare, NON ho stroncato il film, devo fare ammenda per aver lasciato una frase incompleta: tu introduci questa obiezione citando una mia frase precedente, cioè "...è ciò che fa in praticamente ogni suo film"; in effetti avrei dovuto aggiungere una postilla: "è ciò che fa in praticamente ogni suo film degli ultimi dieci anni"; così è più chiaro, infatti almeno fino a Big Fish compreso le sue opere mostravano una continua ricerca di formale e sostanziale, insommaun'evoluzione della sua poetica che da uel film in poi si è ingessata in un repertorio rodato.

"Ah, quindi l'onere della prova spetta a chi ne parla bene." L'onere di qualunque affermazione spetta a chi la fa. Tu hai iniziato questo dibattito rispondendo ad un mio primo commento, ed esordendo piccatamente così: "Mah, di fronte a certi commenti resto davvero perplesso... " Mi aspetto quindi che avanzi delle argomentazioni a suffragio della tua tesi.

"Chi stronca può limitarsi a tautologie." Ovviamente no. Altrettanto ovviamente questa frase non può di certo riferirsi a me dato che, nel caso non fosse chiaro, NON ho stroncato il film.

"Cosa aggiunge lo stop motion? Non so cosa aggiunge, so in cosa DIVERSIFICA" Appunto, grazie di avermi dato ragione: nel mio primo commento - quello cui tu hai risposto piccato, dando inizio al dibattito - ho infatti scritto "non aggiunge praticamente niente rispetto al mediometraggio originale..."; Finalmente anche tu l'hai riconosciuto. Il fatto invece che lo diversifichi esteticamente, beh, è del tutto evidente, dato che uno è in live action e l'altro in stop motion!

" introduce un nuovo apparato di codici visivi," Sono sicuro che qui intendi "nuovo" in riferimento al precedente cortometraggio e non al cinema in generale.

" l'abbandono di ogni pretesa di realismo o verosimiglianza" Ilo corto originale non era realistico nè verosimile; ma proprio la scelta di raccontare quella che, in fondo, è una fiaba, rinunciando alla dimensione del cartoon ed utilizzando il live action è il suo punto di forza, la sua caratteristica, ciò che lo differenzia dalla massa! Qui invece Burton si adegua più che mai alla logica imperante della spettacolarizzazione animata, con tanto di battaglia finale tra mostri che è sì operazione citazionista degli sci-fi anni '50, ma è anche e più che mai canonicità hollywoodiana odierna! Questo è proprio lo scarto fondamentale tra le due versioni a mio parere.

" il fatto che posso vedere Vincent Price che fa l'insegnante di scienze, o una bambina inquietante che sembra sbucata da un quadro di Munch e al tempo stesso richiamare la ragazzina di "Operazione Paura" Citazioni, citazioni, citazioni...qui abbiamo già detto i nostri opposti pareri.

"Cito quanto ha scritto poco più su Alberto Longo: "l'animazione ha questa marcia in più..." Questo cosa significa? Che ti paicerebbe di più se tutti i film fossero fatti in animazione? Che l'animazione è bella e il live action è brutto? Non capisco cosa tu voglia dire...

"Questo è quanto. Se non va bene..." Se non va bene cosa? Cos'è questo linguaggio definitivo, perentorio, melodrammatico? Ci stiamo solo scambiando opinioni su un film!

"E in base a cosa stabiliamo se una scena è o meno riempitivo? In base a considerazioni estetiche? Formali? Di funzionalità alla narrazione?" In base a tutte queste cose direi.

"Godard ci viveva sulle scene ininfluenti, secondarie, apprentemente inutili." Quella era la sua poetica; quelle scene acquisivano senso proprio perchè facenti parte di una ben precisa poetica; fermo restando che anche Godard ha fatto film noiosissimi a mio parere.

"Parliamo di un film che per intreccio può essere tranquillamente riassumibile in un corto di dieci minuti, eh..." Sei tu che continui ad insistere su questa cosa dell'intreccio, io non ne ho mai parlato quindi non so cosa rispondere a riguardo...

"Io già la prima sequenza l'ho vista come un farsi beffa del 3D," La prima scena è praticamente identica a quella del corto originale, solo che c'è scritto 3D; non è altro che un adeguamento a ciò che i bambini di oggi sono abituati a guardare, non vedo dove stia la beffa...E' solo uno spunto umoristico (peraltro molto divertente).

" Lo stesso dicasi della competizione fra alunni" Lo stesso cosa? in cosa sarebbe satirico? Mi sembra solo uno spunto parodico, come ce ne sono a bizzeffe nei film di Burton (come hai scritto giustamente nei commenti a Mars Attacks c'è una vena parodica ricorrente nell'opera burtoniana, qui confermata).

loson79 (ha votato 8 questo film) alle 13:03 del 11 febbraio 2013 ha scritto:

"Questo cosa significa? Che ti paicerebbe di più se tutti i film fossero fatti in animazione? Che l'animazione è bella e il live action è brutto? Non capisco cosa tu voglia dire... "

Significa semplicemente che l'animazione ha un linguaggio estetico autonomo e peculiare, nè migliore nè peggiore del live action. E un'operazione come quella di Frankenweenie, modificando l'apparato di codici visivi attraverso i quali filtrare - e le rispettive modalità attraverso cui fruire - l'opera (e quindi modificando il film nel suo carattere più evidente: l'immagine) si smarca profondamente dalla visione originale. Non vedo perchè DIVERSIFICAZIONE dovrebbe escludere a priori l'AGGIUNTA: ho utilizzato quel termine proprio perchè abbiamo visioni opposte della questione (per me si tratta di un passo avanti, per te di un passo indietro) ed esso mi pareva distillare al meglio una posizione che non ne escludesse alcuna, visto che entrambi, e ora me lo confermi, siamo d'accordo sul fatto che questo Frankenweenie NON E' UGUALE al cotrometraggio. Che io valuti questo scarto in modo positivo (insistendo su quelle che, a mio giudizio, sono modifiche di notevole interesse sia nell'approccio che nella realizzazione) e tu in negativo (insistendo sull'effetto minestrone) è indifferente, lo scarto c'è.

"in effetti avrei dovuto aggiungere una postilla: "è ciò che fa in praticamente ogni suo film degli ultimi dieci anni"; così è più chiaro"

No, non è soltanto più chiaro: così cambia completamente di senso l'intero periodo, e allora posso essere parzialmente d'accordo con te, posto che a mio modesto avviso anche Dark Shadows è un parziale riscatto dopo le sue precedenti merdate. Riguardo all'utilizzo del termine "stroncare": forse è eccessivo , lo riconosco, ma per me un 6 è proprio un voto misero, e del resto le tue critiche - che oserei definire "sistemiche", visto il loro minare gli stessi presupposti dell'operazione - lascerebbero presupporre un voto persino inferiore. Il resto del tuo post sono soltanto affermazioni in cui rispondi a valutazioni soggettive - che cioè hanno a che fare col mio gusto - con altre valutazioni soggettive. Abbiamo già potuto conostatare come le nostre percezioni di fronte al film siano diametralmente opposte, quindi non mi pare il caso di continuare.

alejo90 (ha votato 6 questo film) alle 14:59 del 11 febbraio 2013 ha scritto:

Solo poche osservazioni finali:" siamo d'accordo sul fatto che questo Frankenweenie NON E' UGUALE al cotrometraggio" Non mi pare di avere mai scritto che questo film sia uguale all'originale infatti, se si è capito così non era mia intenzione...

" le tue critiche - che oserei definire "sistemiche", visto il loro minare gli stessi presupposti dell'operazione - lascerebbero presupporre un voto persino inferiore" Non ho criticato la pratica del remake di per sè, ho criticato questo remake in particolare. Come film è gradevole e vedibile, ma in quanto remake che non aggiunge nulla all'originale -mia opinione- la valutazione scende alla sufficienza.

"affermazioni in cui rispondi a valutazioni soggettive - che cioè hanno a che fare col mio gusto - con altre valutazioni soggettive." Sì, a parte il discorso sulla satira, che è inesistente in questo film.

loson79 (ha votato 8 questo film) alle 12:15 del 10 febbraio 2013 ha scritto:

Dimenticavo: recensione impeccabile, dal mio punto di vista.

tramblogy alle 16:03 del 15 febbraio 2013 ha scritto:

Bello il corto!!!grazie...a questo punto mi viene da massacrare il lungo.....(uff che fatica con iPad scrivere nel sito) ciaooo

alejo90 (ha votato 6 questo film) alle 16:35 del 15 febbraio 2013 ha scritto:

sono d'accordo nel ritenere il corto di gran lunga superiore al lungo; al momento il sito non ha una visualizzazione ottimizzata per tablet e smartphone... ma in futuro chissà?.

Alberto Longo (ha votato 7 questo film) alle 2:29 del 11 maggio 2013 ha scritto:

Visto, finalmente. E mi è piaciuto! Non un capolavoro, ma un versione animata capace di migliorare la già bella versione live action. La bambina dagli occhi enormi è fortissima!

Se non erro, era tra i candidati all'Oscar. Con "Wreck It Ralph!" (ParaNorman, per quanto perfetto esteticamente, non era all'altezza nel soggetto e nella narrazione), era il più indicato per vincerlo.

Ma sappiamo com'è andata.