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R Recensione

5/10

Frankenstein regia di Bernard Rose

Horror
recensione di Alessandro Giovannini

Nella Los Angeles contemporanea, lo scienziato Victor Frankenstein (Danny Huston) e sua moglie Elizabeth (Carrie-Anne Moss) riescono a fabbricare un essere umanoide artificiale (Xavier Samuel) che pur avendo l'aspetto di un giovane uomo ha l'inesperienza e l'innocenza di un infante. Uno strano processo degenerativo inizierà però a corrodere il "mostro", che si darà alla fuga.

La funzione dei miti è quella di fornire insegnamenti sempreverdi, buoni per tutte le stagioni. Sono racconti fondativi, alla base del corpus di tradizioni di un popolo. Nel caso di alcune forme d'arte, come la letteratura, possono essere anche capisaldi di interi generi. In questo senso Frankenstein di Mary Shelley, il cui sottotitolo è "il Prometeo moderno", può essere considerato un mito fondativo del racconto orrorifico; entrato nell'immaginario collettivo grazie alla profondità ed universalità dei temi sottesi al testo narrativo (che ruotano intorno al mistero della creazione della vita e all'incontro scontro tra generante e generato) e ri-mediato numerose volte al cinema, nella videoludica ed in altre forme d'arte, il testo viene nuovamente ripreso dal regista Bernard Rose che sceglie di adattarlo per il cinema con una sostanziale fedeltà, limitandosi a proporre una cornice contemporanea e a suggerire una possibile soluzione al mistero: ricordo infatti che nel libro non è mai chiarito come Victor Frankenstein riesca a dare vita al suo "mostro", mentre qui ne viene proposta la fabbricazione tramite una specie di avanzatissima stampante 3D, esagerando un pelo ciò che la scienza cautamente inizia ad esplorare (ad esempio la stampa di organi). Tolta questa scintilla personale, il film non offre nulla di particolare per chiunque conosca già il racconto in questione, che si sviluppa con leggere differenze, più che altro dettate dall'ambientazione losangelina e da un assai contemporaneo gusto per lo splatter che non era certo proprio della giovane Shelley. Xavier Samuel regge buona parte del film sulle sue spalle, e considerando che mugugna per la maggior parte del tempo (non perché non sappia recitare, beninteso, ma perchè la parte lo esige!) lo si può in qualche modo accostare al Leonardo Di Caprio di The Revenant: dopotutto sono entrambi creature martoriate che strisciano quà e là alla ricerca di una meta finale. Solo che in questo caso molti di noi sanno già come andrà a finire, perciò la tensione narrativa fatica non poco a permanere. Il cast funzionale non è inoltre aiutato da una sceneggiatura scricchiolante nel tratteggio di alcuni personaggi, specie quello della moglie di Victor che appare quantomai schizofrenico nei suoi atteggiamenti. Un paio di brevi scene oniriche non hanno senso di esistere, e sembrano avere l'unica funzione di far raggiungere alla pellicola la soglia dei 90 minuti. In questo caso la brevità del film è tra l'altro un pregio, poichè la narrazione prosegue con un buon ritmo grazie ad un lavoro di montaggio pregevole che è tra i punti forti dell'operazione. Oltre a ciò, va almeno riconosciuto il merito di aver tentato una strada horror un po' diversa, che empatizza con il mostro invece di demonizzarlo, adottando il suo punto di vista. Non basta però a salvare la baracca.

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