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7/10

J Ai Tue Ma Mere regia di Xavier Dolan

Drammatico
recensione di Francesco Carabelli

Il giovane Hubert si trova a vivere con la madre dopo la separazione di questa dal padre. La convivenza si fa difficile per l'adolescente, che cerca la sua indipendenza pur nell'affetto che prova per i genitori. Il rapporto con amici e professori lo aiuterà a trovare il suo posto nel mondo, recuperando il rapporto con la madre.

Presentato alla Quinzaine des Réalisateurs di Cannes nel 2009 e premiato con il Prix Art Cinema Award, il primo film del regista canadese Xavier Dolan ha conosciuto un discreto successo di pubblico dovuto senza dubbio alla freschezza con la quale l’autore si è proposto. Sceneggiatore, scrittore, regista , attore, Xavier Dolan si presenta come una figura artistica completa che con questa sua prima opera si mostra al mondo nella sua spigliatezza e effervescenza. J’ai tué ma mère nasce da esperienze autobiografiche dello stesso Dolan, esperienze che il regista, oggi poco più che ventenne, ha vissuto nell’adolescenza e che a cui ha deciso di dedicare un soggetto che è poi diventato un film per il cinema grazie all’impegno profuso dal giovane canadese e ai suoi guadagni come attore per la pubblicità in età infantile.

Visivamente è un’opera singolare che potremmo avvicinare per la ricercatezza delle immagini e delle trovate ad un cinema indie , che lascia ampio spazio alla vena artistica dell’autore. L’arte, sia essa musica, arte figurativa o letteratura ha un posto di rilievo nella pellicola e ha il suo climax nella scena di emulazione dell’arte di Jackson Pollock, che risulta assommare tematiche artistiche a tematiche omosessuali, risultando quindi scena centrale della pellicola che su questi due temi insiste in più punti. Ma il tema chiave della pellicola, che da anche il titolo alla stessa, è il rapporto tra il giovane Hubert, interpretato dallo stesso Dolan, e la madre (la impeccabile Anne Dorval): un rapporto conflittuale dato l’egoismo con i quali i due personaggi vivono la propria vita; Hubert alla ricerca della propria realizzazione artistica e affettiva e la madre persa nel suo mondo dorato fatto di amiche del cuore e trasmissioni alla radio.

Il dialogo diventa dialettica, contrapposizione delle parti e la separazione è d’obbligo, tanto che Hubert sarà costretto a vivere in un pensionato, ove sarà destinato a terminare  la propria vita da studente liceale, salvo fuggirne con il proprio amante. Il film presenta citazioni, a dir del regista non volute, de I 400 colpi di Truffaut:  il giovane Hubert che, come Antoine Doinel , dichiara al proprio professore che la madre è morta, la decisione della famiglia di spedire il giovane ribelle in un pensionato-riformatorio, la fuga finale. Sicuramente questi aspetti vengono reinterpretati secondo modalità e tematiche  aggiornati  all’oggi. Fotograficamente colpisce l’uso di inquadrature distinte e asimmetriche per rappresentare la divisione tra il figlio e la madre nei momenti di dialogo.

Registicamente molto interessante l’uso di inserti immaginifici, di ricordo o idealizzazioni che staccano dal presente della narrazione e portano lo spettatore nella realtà mentale del personaggio principale. Vi è poi un uso di didascalie testuali che compaiono in sovraimpressione in alcuni momenti della narrazione, laddove il protagonista vive dei momenti intensi che vogliono essere esaltati dalla letteratura. Questo uso ci ricorda in qualche modo l’ultimo Godard quello delle Histoire(s) du cinéma e di Film Socialisme, naturalmente con i dovuti distinguo. Un’opera prima che tuttavia, grazie all’apporto di un équipe tecnica  rodata ha permesso al giovane regista canadese di imporsi nel panorama delle giovani promesse del cinema di domani. Interessante sapere che il regista prima di quest’opera non ha mai girato cortometraggi ma si è dedicato alla visione di migliaia di film per capire cosa fosse interessante portare sullo schermo e cosa no. Il successo in Canada e in Francia, oltre che a Cannes ha permesso a Dolan di dedicarsi subito ad altri progetti, tra i quali Les amours imaginaires, presentato nel 2010 a Cannes nella sezione Un Certain Regard.  

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Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 2 voti.
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hayleystark (ha votato 8 questo film) alle 7:56 del 3 luglio 2011 ha scritto:

Pensare che Dolan sia mio coetaneo e abbia già fatto così tanto (e così bene) mi lascia senza parole (per non dire con un senso di rosicamento senza pari). Il suo stile, unico e già pienamente formato, trova qui tutta la sua freschezza, facendo un uso integrato del mezzo cinematografico e delle arti (cult la scena del dripping) estremamente interessante, per quanto innegabilmente pretenzioso (e come biasimarlo? a quell'età e con un talento del genere chiunque tenderebbe all'autocompiacimento). Les Amours Imaginaires è forse più maturo e ancora più incisivo nel trattare personaggi difficilmente empatici, sviscerando la crudeltà dei rapporti umani e la fragilità dei sentimenti con una cattiveria silenziosa e implacabile. Aspetto con di vedergli fare grandi cose con il suo terzo film, Lawrence Away. Che dire.. grande Francesco!

alexmn alle 12:30 del 3 luglio 2011 ha scritto:

mi avete fatto incuriosire..non lo conoscevo proprio. ma dite che si trova non in lingua francese?

hayleystark (ha votato 8 questo film) alle 13:36 del 3 luglio 2011 ha scritto:

Io l'ho "trovato" in francese con sottotitoli (a parte) in italiano, se non ricordo male. Ci vuole una ricerca un po' più approfondita del solito ma alla fine ce la si fa

alexmn alle 15:43 del 3 luglio 2011 ha scritto:

vediamo se trovo lo stesso negozio