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10/10

Frankenstein Junior regia di Mel Brooks

Commedia
recensione di Riccardo De Franco

L'illustre medico Frederick Frankenstein riceve in eredità un castello appartenuto a suo nonno, il Barone Von Frankenstein. Nonostante il disprezzo per la reputazione dell'antenato, il giovane Frankenstein decide di partire per la Transilvania, dove a dargli il benvenuto trova Igor, aiutante gobbo disposto a prestare i suoi servizi (dietro lauto compenso) e la bella Inga, giovane donna con un non ben specificato ruolo di "aiutante"; al trio si unisce Frau Blucher, sinistra custode del castello e inspiegabile motivo di timore da parte dei cavalli di famiglia. Inizialmente riluttante, Frederick cede alla tentazione di proseguire gli esperimenti del Barone quando trova il suo diario di lavoro: una volta rivenuto in un cimitero il cadavere di "un energumeno lungo 2,20 m e largo come un armadio a due ante", spetta ad Igor trafugare un cervello degno di tale creatura...   Tra gobbe evanescenti, allegre dimostrazioni scientifiche e scappatelle notturne, nel castello Frankenstein se ne vedranno delle belle.

Ben trentasette anni dopo la sua trionfale uscita nei cinema, ritorna nelle sale il capolavoro sempreverde di Mel Brooks, la parodia per eccellenza: FRANKENSTEIN JUNIOR, quarto lungometraggio del regista americano, ma indubbiamente il più famoso, viene rispolverato e proiettato in digitale 2K (traduzione per i non addetti: “qualità video strepitosa”) per una rassegna limitata di due giorni nei cinema italiani.

Da dove cominciare? Capolavoro indiscusso della commedia, cult-movie immediato, boom di vendite in home-video, a prova di quanto ancora oggi sia impresso nell’immaginario collettivo (non a caso vanta alcune delle battute dialoghi più citati). Il sottoscritto gli dedica (almeno) una serata all’anno per rivivere quella comicità intelligente e smaliziata di cui si sente parecchio la mancanza di questi tempi, e la possibilità di vederlo per la prima volta sul grande schermo, nella sontuosa veste dell'alta definizione, è stata una manna dal cielo.

Partiamo dal piatto forte, ciò che ha reso questa pellicola una pietra miliare nella storia della comicità, ovvero il cast: i produttori e lo stesso Mel Brooks ricordano sempre quanto sia stato provvidenziale avere a disposizione una tale ensemble di talenti (circostanza fortunosa dato che i 3 attori principali condividevano lo stesso agente): alcuni già relativamente noti (il protagonista Gene Wilder, che ha anche co-scritto la sceneggiatura), altri divenuti famosi subito dopo (Peter Boyle, che da vita in tutti i sensi alla creatura); da segnalare anche l'insospettabile cameo di Gene Hackman. Alla bravura degli interpreti si unisce la stramba galleria di personaggi, principali e secondari, indimenticabili nelle loro peculiarità: in quest'orrica il mattatore indiscusso è il monumentale Marty Feldman, che renderà l'aiutante Igor un'icona immortale della commedia; come sottolineato dallo stesso Wilder, Igor è il simbolo del film, nucleo e motore pulsante della storia, il personaggio che entra sempre in scena al momento giusto e con la battuta più spassosa. Mai eccessivo, sempre pungente e talmente simpatico da suscitare risate a ogni sguardo che volge alla cinepresa o agli altri personaggi. Puro genio comico.

Anche Wilder dà probabilmente l’interpretazione della vita, con il suo colto, testardo e istericamente folle giovane Frankenstein, che da una totale rinnegazione delle sue radici finisce per seguire le orme della scriteriata carriera del nonno. Letteralmente impossibile trattenersi durante i siparietti tra il dottore e il fedele Igor, che oscillano tra il divertente e l’esilarante con una naturalezza incredibile, come indimenticabili sono anche i tre personaggi femminili; il funzionamento ad orologeria delle interazioni tra gli attori imbastisce una commedia che coniuga in maniera indescrivibilmente efficace grottesco e humour pungente degno dei migliori Monty Python. Assolutamente brillante difatti è il modo con cui Brooks gioca con i doppi sensi, specialmente di carattere “piccante”, che danno alla storia quel pepe in più che le serve per sfruttare appieno il potenziale del copione, e tutto senza incorrere in volgarità gratuite o cadute di stile. Il lavoro svolto in sala di montaggio in tal senso ha dato i suoi migliori frutti, lasciando sullo schermo una versione scorrevole e che premia l’attenzione dello spettatore.

Altro grandissimo pregio della pellicola è la commistione perfetta tra parodia e omaggio; a conti fatti questo film è il pioniere delle parodie “di genere” così come le conosciamo oggi. Ma ciò che lo rende superiore alle successive pellicole e in generale alle altre commedie-tributo più famose, è la sensibilità dell’autore nel ricreare meticolosamente l’atmosfera e lo spirito dei film horror della Universal che negli anni ’30-’40 resero celebri personaggi come Frankenstein, la Mummia, Dracula…   Innanzitutto tanto di cappello a Brooks per aver difeso fino all’ultimo l’utilizzo del bianco e nero: nessuno studio voleva dargliela vinta, convinti che all’epoca era impensabile girare un film senza il colore; non fosse stato per il fiuto lungimirante di Alan Ladd Jr della 20th Fox (lo stesso genio che permise a George Lucas di girare il suo primo Star Wars) oggi probabilmente non avremmo questo patrimonio storico nelle nostre videoteche.

La fotografia è tra le armi vincenti del film, donando alla pellicola quell’aspetto retrò che, unito a precise scelte stilistiche e scenografiche, ricalca fedelmente i toni del film originale, il Frankenstein del 1931 di James Whale, con il noto Boris Karloff. La ricostruzione dei set fu talmente accurata che i macchinari esposti nel laboratorio di Frankenstein sono proprio gli stessi attrezzi di scena usati nel capostipite della serie Universal; la sceneggiatura fa il resto, mescolando e citando in un’unica trama elementi e personaggi vari pescati dai primi 3 capitoli ispirati al personaggio creato da Mary Shelley. Insomma, la lezione che questo film ha impartito con successo è che se si vuole fare una parodia degna di tale nome, l’imperativo è prendersi sul serio; registicamente parlando non si può rimproverare assolutamente niente a questo meraviglioso ritratto del cinema che fu, e Frankenstein Junior è invecchiato stupendamente perché è prima di tutto un film, e poi una parodia.

Menzione d’onore per l'adattamento italiano, che ha restituito i dialoghi del film nella maniera più fedele, anche laddove determinati termini non trovavano una traduzione consona, e grazie all’azzeccata scelta delle voci (con l’istrionico Oreste Lionello che svetta su tutti), ha contribuito a rendere questi personaggi memorabili agli occhi dell’affezionato pubblico italiano.

Pertanto concludo la mia disamina con un caloroso invito, rivolto indistintamente a chi ha già conosciuto questa autentica perla e a chi, vergognosamente, non l’avesse ancora fatto: non azzardatevi a lasciarvi scappare la pregevolissima e accuratissima edizione in blu-ray di questa inestimabile ed inesauribile fonte di divertimento e intrattenimento d’alta scuola, non ve ne pentirete.

V Voti

Voto degli utenti: 8,6/10 in media su 5 voti.
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Slask 10/10

C Commenti

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shtharj alle 12:07 del 11 febbraio 2013 ha scritto:

Vi segnalo come possibile recensione video, la recensione degli OldCinemaStories <3

Bella XD