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6/10

Captain America: Civil War regia di Joe Russo, Anthony Russo

Azione
recensione di Riccardo De Franco

Quando un altro incidente internazionale in cui sono coinvolti gli Avengers provoca dei danni collaterali, le pressioni politiche chiedono a gran voce un sistema di responsabilità, presieduto da un consiglio d’amministrazione che sorvegli e diriga il team. Questa nuova dinamica divide la squadra in due fazioni: una è capeggiata da Steve Rogers, che nei panni di Captain America desidera rimanere liberp da interferenze governative, l’altra da Tony Stark, che ha sorprendentemente deciso di sostenere il sistema di vigilanza istituito dal governo.

Dopo l’ottima accoglienza ricevuta da Captain America: The Winter Soldier, che ha lanciato sul red carpet dei cinefumetti i registi Anthony e Joe Russo, questo terzo capitolo delle avventure di Steve Rogers era decisamente molto atteso. I due insospettabili autori di sit-com sono il risultato di una scommessa vinta dai Marvel Studios, non solo per la versatilità impressionante con cui sono passati dalle frizzanti puntate di Community all’adrenalina di un blockbuster d’azione, ma anche per aver portato nel cosiddetto Marvel Cinematic Universe una certa dose di serietà.

Per intenderci, The Winter Soldier è stato il primo cinefumetto prodotto da Kevin Feige e soci in cui non si sdrammatizza ogni cosa con un umorismo spesso invadente (vedasi il primo The Avengers), e tematiche di una certa portata sono affrontate con un po’ più di gravitas (al contrario di un Iron Man 2).

Captain America: Civil War a maggior ragione avrebbe dovuto proseguire su quella scia, considerata anche la portata drammatica del fumetto dal quale furbescamente riprende il titolo. In merito alle ispirazioni, i fan più accaniti pian piano stanno prendendo coscienza del fatto che non devono e non possono aspettarsi storia e personaggi riprodotti pedissequamente da questo o quel fumetto. Nel caso in questione il film dei fratelli Russo riprende sì il nucleo narrativo intorno al quale ruotava il Civil War fumettistico (la registrazione pubblica dei supereroi, e il conseguente conflitto interno tra chi era a favore e chi non lo era), ma lo utilizza prevalentemente come spunto per dare al pubblico un antipasto delle new entry – Black Panther e Spider-Man – e un’alternativa forte all’altro grosso film dell’anno che parla di supereroi buoni che litigano e combattono per divergenza d’opinioni.

Spider-Man in particolare era stato presentato quasi in pompa magna, con il pubblico che, in preda all’euforia di avere finalmente un Peter Parker che interagisce con gli altri eroi Marvel, sembra aver dimenticato che questa è la terza incarnazione dell’Uomo Ragno al cinema in soli dieci anni. Euforia tra l’altro poco giustificata, sebbene questa versione del personaggio sembra molto ispirata nonché caratterialmente ed esteticamente più vicina allo spirito originale, perché il suo ruolo nella pellicola è ininfluente.

Alla fine dei conti è solo un vip in più schierato nel mega-combattimento che ha luogo a metà film tra tutti gli eroi, una celebrità che ha avuto il miglior lancio promozionale possibile per il suo imminente film solista; ben diverso era il suo peso nella saga originale, in cui non si schierava dalla parte di Tony Stark solo perché quest’ultimo gli aveva fornito un costume hi-tech; non si vuole puntare il dito sulla differenza tra fonte e adattamento, fisiologica e necessaria in molti casi, l’accento semmai va posto sulle modalità per reinterpretare determinati eventi fumettistici.

In questo frangente l’essere ininfluente diventa addirittura un problema sistemico, perché altrimenti non si spiega come mai un film che si intitola “guerra civile” si conclude senza neanche un morto. Nemmeno una perdita collaterale, tra i personaggi principali si intende. È pur vero che ormai questo è un altro dettaglio ricorrente in quasi tutti i film di casa Marvel (non Fox con i mutanti, attenzione), il fatto che nessuno dei buoni ci lasci la pelle, o che se lo fa si scopre poi nel film successivo – o in una serie tv – che non era poi così defunto. Alla lunga questi stratagemmi possono stancare e rischiano solamente di impoverire un universo narrativo: se non si mettono realmente alla prova i personaggi, se non ci sono conseguenze tangibili e reali (in termini di danni e vittime) nelle loro storie, non si creerà mai vera empatia nello spettatore.

ll sequel di un film che osava qualcosina in più doveva quindi a sua volta osare e mostrare un po’ di carattere, invece questo terzo Captain America finisce per essere un terzo Avengers che rimescola le carte fino a pochi minuti dalla fine ma poi riconduce ad una sorta di status quo. Le relazioni tra la fazione di Tony Stark e quella di Steve Rogers ne escono sicuramente incrinate, ma lo stesso Capitano alla fine apre la strada ad una riconciliazione, quasi a voler rassicurare il pubblico che le scazzottate nei precedenti 120 minuti sono state una scaramuccia e passerà tutto.

A questo proposito il tono così come l’aspetto visivo della pellicola è multiforme, a seconda della sottotrama interessata. La parte riguardante Bucky, il Soldato d’Inverno che crea grattacapi al suo vecchio amico Captain America e ai suoi compagni, mantiene uno stile più asciutto, con una fotografia persino tetra nell’ottimo prologo e nella parte finale; i dialoghi e la messa in scena ricalcano l’atmosfera da thriller del capitolo precedente e fanno anche qualche passo in più. Abbastanza intense le performance di Robert Downey Jr. e Chris Evans nelle scene clou, in cui personaggi rievocano il tormentato passato e le scelte che devono affrontare nel presente a causa di esso.

Le sequenze legate alla diaspora vera e propria tra gli Avenger sono invece di carattere prettamente ludico, come la lunghissima scena dello scontro nell’aeroporto che sfoggia la stessa fotografia plastica degli altri film marvelliani. La tragica guerriglia senza frontiere tra decine di personaggi vista sui fumetti qui lascia spazio ad uno scontro molto pirotecnico ma con in definitiva con poco mordente.

Al botteghino Captain America: Civil War ha fatto il suo dovere, superando il miliardo di dollari e sbaragliando la concorrenza, tanto che i Russo sono stati confermati alla regia dei due mastodontici Avengers: Infinity War. I Marvel Studios sono fiduciosi che i registi riescano a gestire tutti i personaggi nel maxi-evento che chiuderà questo primo lungo ciclo cinematografico. A parere di chi scrive l’operato dei due fratelli ha solamente fidelizzato il pubblico sulla dose di divertimento assicurato, ma la qualità vera e propria sembra essere tornata nella media poco soddisfacente della gestione Marvel.

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Slask 6/10

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