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9/10

Il Mistero di Sleepy Hollow regia di Tim Burton

Horror
recensione di Federico Romagnoli

Nel 1799 un eccentrico e scrupoloso poliziotto, Ichabod Crane, che crede solo nella scienza, viene mandato in un piccolo villaggio vicino New York per indagare su una catena di misteriosi omicidi. Alcuni testimoni dicono di aver visto un misterioso cavaliere senza testa. Aiutato da Katrina Van Tassel, la figlia dell'uomo piú ricco di Sleepy Hollow, Ichabod riuscirà a risolvere il mistero.

La leggenda di Sleepy Hollow è stata sempre popolare, ma è entrata definitivamente nell'immaginario collettivo quando nel 1949 la Walt Disney ne trasse il mediometraggio La leggenda della valle addormentata, regia di Clyde Geronimi, poi affiancato a Il vento tra i salici e distribuito come Le avventure di Ichabod e Mr. Toad.

Tim Burton è sempre stato un fanatico di questi cimeli gotici, non è una novità: ama Bela Lugosi, ama Vincent Price, ama Mario Bava, figuriamoci se non amasse il più glorioso tentativo horror d'atmosfera firmato Disney (e si potrebbe ora aprire una parentesi su quanto la Disney non abbia affatto lesinato in questo versante, benché la sua facciata politically correct attuale faccia di tutto per passarci sopra).

Poteva quindi non risultare entusiasta, quando gli capitò fra le mani il soggetto originariamente proposto da Kevin Yagher (make-up di Nightmare e I racconti della cripta) e Andrew Kevin Walker (sceneggiatore di Seven)? Detto fatto, il progetto ingrana e ne esce il film del rilancio commerciale dopo i fiaschi di Mars Attacks e Ed Wood.

Come mai Mars Attacks, film d'azione pimpante, con un cast che più stellare non si potrebbe, perfettamente in linea con le superproduzioni anni Novanta, aveva fallito? Viene da chiederselo non tanto perché la storia del cinema non abbia visto nel suo corso simili intoppi, quanto perché è buffo che per riscattare un film che sulla carta aveva tutto per sfondare, ci sia voluto un film che viceversa non aveva alcunché.

Sleepy Hollow è un film degli anni Novanta solo per l'utilizzo del computer qua e là. Siamo nell'epoca degli horror urlati a squarciagola, della tensione gratuita che costantemente esplode in mostri che sbucano all'improvviso mentre la musica abbaia assordante, in cui la psicologia dell'atmosfera viene degradata a mero "quando sbuca il bau bau?"... ma Sleepy Hollow non ha nulla a che fare con tutto ciò.

Posto che il discorso è da riferirsi principalmente agli horror mainstream, non si vuole certo fare di tutta l'erba un fascio: ma Sleepy Hollow quello era, un prodotto che doveva risultare vincente sul mercato. E ci riuscì, scardinando diverse regole.

Sleepy Hollow guarda indietro, partendo dai primi gotici (gli horror Universal anni Trenta) e, attraversando cinquant'anni di cinema (con un occhio di riguardo per Roger Corman, Mario Bava e i classici della Hammer), si porta fino all'immediato pre-Burton. Il film più recente con cui potremmo riscontrare analogie è In compagnia dei lupi (1984), del visionario Neil Jordan.

Quella fu per molto tempo, almeno nel cinema di serie A, l'ultima fiaba mostruosa buona anche per i piccini, l'ultimo horror che non facesse morire di paura (un controsenso, ai giorni d'oggi: un tempo la più normale delle cose invece, se si considera che fino agli anni Sessanta anche i bambini erano soliti guardarne. Sull'argomento si potrebbe consigliare Lo spirito dell'alveare di Víctor Erice, ma non divaghiamo).

Eccoci quindi al 1999: sostenuto dal genio scenografico di Rick Heinrichs (che vincerà l'Oscar per questa pellicola), da sempre al suo fianco, Burton mette in scena il film che di fatto segna la parziale rinascita del cinema horror d'atmosfera anziché d'infarto (The Others e The Village altri esempi celebri giunti negli anni successivi).

Girato in larga parte in set allestiti anziché in location esistenti come inizialmente voluto (non ne sono state trovate di abbastanza suggestive, a quanto pare), Sleepy Hollow racconta la storia del cavaliere senza testa che si risveglia e comincia a uccidere persone seguendo un disegno preciso. Toccherà all'agente di polizia Ichabod Crane, pallido, imbranato, femmineo e pieno di tic, il solito magistrale Johnny Depp insomma, svelare l'arcano e risolvere la situazione.

Il film risalta, oltre che per il villaggio sperduto fra bosco e brughiera, nebbie e paludi, roba da far felice Bram Stoker e tutta la sua discendenza, anche per la fotografia monotematica di Emmanuel Lubezki, tutta puntata su grigio, blu e nero, un impatto visivo da full immersion immediata: è in questo paesaggio che mister Crane si ritrova a combattere con se stesso prima che col mostro.

La sua mente raziocinante, figlia del secolo dei lumi (siamo nel 1799), si rifiuta infatti di credere agli indizi che pesantemente spingono verso la leggenda e la magia nera. Tanto il suo scetticismo è forte e le sue convinzioni incrollabili, che arriva a mettere in dubbio persino il sentimento d'amore che, a un certo punto del film, arriva a provare nei confronti della bella Katrina Van Tassel (Christina Ricci). Anzi, l'incastro degli indizi sommato all'esclusione preventiva di eventi sovrannaturali, indicherà in un secondo momento la stessa Katrina come autrice dei delitti: Crane risulterà incrollabile davanti a questa finta evidenza. Ci vorrà un'intuizione dell'ultimo momento per farlo tornare sui suoi passi a salvare baracca e burattini; a fugare definitivamente i dubbi ci penserà a ogni modo lo scontro finale con il cavaliere senza testa (la testa mancante è Christopher Walken, una testa di rango perlomeno).

In Sleepy Hollow c'è tutto: l'introspezione, i personaggi che maturano sfidando le proprie convenzioni, l'interazione con l'ambiente circostante (che diventa quasi un'entità a sé), e perché no, gli inseguimenti e i duelloni quel che basta a tener viva l'attenzione. Spesso sottovalutato dalla critica più snob, è invece uno dei film più riusciti di Tim Burton: è vero che l'elemento gotico è sempre stato presente nei suoi film, e che per arrivare all'horror gli è bastato semplicemente aumentare la dose. Capire sin dove potersi spingere era meno facile però, così come dare al tutto il giusto ritmo, generare incassi tre volte superiori al budget, e dulcis in fundo riaprire le porte a un certo modo di fare cinema che sembrava dimenticato e appartenente a un'altra generazione.

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Voto degli utenti: 7,8/10 in media su 9 voti.
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ffhgui 7/10
drugo 6/10
alexmn 9/10
K.O.P. 8/10
B-B-B 8/10

C Commenti

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ffhgui (ha votato 7 questo film) alle 17:26 del 18 marzo 2012 ha scritto:

Belle atmosfere e ottimo Depp (bravo attore, a volte eccezionale, ma ogni tanto se lo scorda), ma non è tra i miei preferiti di Burton.

Alberto Longo (ha votato 7 questo film) alle 9:37 del 12 ottobre 2012 ha scritto:

Uno tra i miei preferiti del regista; ottima riesumazione della favola breve di Irving ed adattamento a lungometraggio.