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7/10

Big eyes regia di Tim Burton

Biografico
recensione di Gloria Paparella

A cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, il pittore Walter Keane raggiunse un enorme successo, rivoluzionando la commercializzazione dell’arte con i suoi enigmatici ritratti di bambini dai grandi occhi. Finchè non emerse una verità tanto assurda quanto sconvolgente: i quadri, in realtà, non erano opera di Walter ma di sua moglie Margaret.

Big eyes è la storia di un’enorme bugia, di un clamoroso plagio nel mondo dell’arte: quello del pittore Walter Keane (Christoph Waltz) ai danni della moglie Margaret (Amy Adams), che negli anni Sessanta stupì l’America con i suoi quadri dai ragazzini dai grandi occhi. Gli sceneggiatori Scott Alexander e Larry Karaszewski, rimasti affascinati dalla storia, ne hanno scritto un film chiamando alla regia Tim Burton, con il quale avevano già collaborato per Ed Wood.

Quello di Walter è un personaggio assolutamente stravagante che, bensì non fosse un vero artista, ha di fatto inventato la commercializzazione di massa dell’arte: con quadri economici alla portata di tutte le tasche, ha rivoluzionato completamente il settore. Ha aperto sue gallerie, ha pubblicato libri, anticipando artisti come Andy Warhol o Peter Max. Per farlo, ha convinto sua moglie a firmare i quadri con il suo nome, prendendosi tutto il merito. Un personaggio eccessivo, magnetico ma anche bugiardo; al contrario di Margaret, la quale incarna in qualche modo lo spirito del nascente Movimento femminista. Nel corso del film, da casalinga anni Cinquanta diventa una donna sicura di sé e capace di affermare la sua verità.

Con un caschetto biondo platino, Amy Adams riesce a portare sullo schermo la sensibilità di questa donna che per anni è stata costretta a nascondere il suo talento; così come Christoph Waltz entra perfettamente in simbiosi con il suo personaggio, dalle grandi doti imprenditoriali ma di fatto avido ed oscuro.

Nonostante i bassi costi di produzione del film, Tim Burton rievoca lo stile e le atmosfere tipiche delle sue pellicole, con una particolare attenzione nel rappresentare l’America post-bellica. Interessante, infine, come i quadri dell’artista, ristampati su tela per il film, ripercorrano tutta la sua carriera, dalle prime bambine dai grandi occhi agli ultimi quadri firmati come MHD Keane.

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