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9/10

Eva contro Eva regia di Joseph L. Mankiewicz

Drammatico
recensione di Gloria Paparella

Dal momento in cui intravede il suo idolo sulla porta del teatro, Eva Harrington si muove lentamente verso il suo obiettivo: scalzare dal trono la grande attrice Margo Channing. Le manovre dell’astuta Eva metteranno in subbuglio la vita di Margo e del suo entourage, e faranno di lei la nuova stella del palcoscenico.

Nato dalla leggendaria avversione di Joseph L. Mankiewicz nei confronti dei festival cinematografici e tratto dal racconto di Mary Orr intitolato The Wisdom of Eve, Eva contro Eva è una rappresentazione sublime e allo stesso tempo spietata e provocatoria dell’ambizione al successo: il teatro è la metafora in cui si collocano il desiderio e l’arrivismo della protagonista, Eva Harrington (Anne Baxter), colei che vincerà il premio Sarah Siddons. Il film inizia proprio nella Dining Hall in cui ha luogo l’annuale consegna dei premi per il teatro: il trofeo, una statuetta d’oro di trenta centimetri, è l’oggetto emblematico che provoca il ritorno indietro del racconto, con i flashback dei diversi personaggi che raccontano come Eva si sia presentata prima a Karen (Celeste Holm) e poi a Margo Channing (Bette Davis), la diva che deve detronizzare. Il film di Mankiewicz, inizialmente ambiguo e oscuro sulla personalità della protagonista, cerca di svelarne a poco a poco l’immagine reale: da povera ragazza che non ha mai avuto fortuna, secondo il suo racconto inventato per conquistare la fiducia di Margo, Eva rivela in seguito di essere un perfetto modello di audacia ed inganno, dimostrando che la verità non debba essere necessariamente vera per essere creduta, quanto piuttosto persuasiva. In una scena fondamentale, in cui Eva si impadronisce del vestito di Margo stringendoselo al petto e salutando un pubblico immaginario, lo spettatore capisce che il suo desiderio è quello di diventare attrice e la sua immagine viene messa a nudo. In una confessione rivelatrice, ammette: “La commedia e l’illusione hanno cominciato a riempire la mia vita al punto che non riuscivo più a distinguere il reale dal non reale, tranne che il non reale mi sembrava più reale”. Usurpato il ruolo di Margo, la protagonista pensa ora a Hollywood, all’immortalità che solo il cinema può assicurare: e allora l’immagine finale di Phoebe (Barbara Bates), la giovane aspirante attrice “infiltrata” in camera di Eva, deve essere letta come la rappresentazione più esatta di Eva stessa, della sua aspirazione ultima e più profonda.

Joseph L. Mankiewicz costruisce per il film una sceneggiatura briosa e una meravigliosa architettura narrativa, per cui i narratori si scambiano continuamente i ruoli, andando a interferire nel complesso sistema dei rapporti tra i personaggi. Da grande estimatore del teatro, il regista ne critica il lato eccentrico e perverso: mettendo in secondo piano la componente visiva e curando maggiormente l’orchestrazione delle interpretazioni, Mankiewicz dà vita a dialoghi brillanti e mai banali, e a battute memorabili, quali: “Dovunque c’è della magia, dell’illusione e un pubblico, lì c’è teatro”, “Allacciatevi le cinture. Questa notte ci saranno dei vuoti d’aria”.

L’interpretazione di Bette Davis nel ruolo della matura diva delle scene Margo Channing è sensazionale: l’attrice, con i capelli sciolti sulle spalle e uno stile appropriatamente colorito, riesce a dominare tutte le scene in cui è protagonista. La Davis mette in atto una recitazione volutamente sopra le righe e “barocca” per esprimere il disagio del suo personaggio, una star sul viale del tramonto disposta a rappresentare ruoli che sa inadeguati per paura di perdere lo scettro di regina del palcoscenico e l’amore del pubblico (e del fidanzato-regista Bill). Questo disagio viene sottolineato in varie scene (quando, per esempio, in preda alla gelosia, fa suonare senza sosta al pianista il Lieberstraum di Lizst), ma la sua umanità e verità rendono Margo il personaggio più emozionante del film, quello che genera simpatia nello spettatore. Magistrale anche Anne Baxter (Oscar nel 1946 per Il filo del rasoio), sottile nell’impersonare la falsa e ambiziosa Eva, una personalità infantile ma anche intrigante, un’entità che per avere troppe facce disponibili, finisce per non averne nessuna.

Nominato a ben 14 candidature all’Oscar, il numero più alto della storia del cinema fino al 1997 (anno di uscita di Titanic), e vincitore di 6 statuette nel 1951 (tra cui Miglior film e Miglior Regia), Eva contro eva è uno dei più grandi ed accattivanti classici americani, da ricordare anche per aver lanciato sul grande schermo una giovane e futura star Marilyn Monroe.

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