66° Festival di Cannes (15-26 maggio 2013)

“All films are born free and equal: we must help them to remain so” (Pierre Kast).
Con questo slogan si aprì l’edizione del Festival di Cannes del 1968, quando per la prima volta, a fianco della sezione ufficiale, si sentì parlare della Quinzaine des Réalisateurs, inaugurata ufficialmente l’anno successivo.
Questa manifestazione, troppo spesso ignorata, rappresenta il cuore pulsante dell’intero Festival. Qui, infatti, sono emersi registi come Werner Herzog, Ken Loach, i fratelli Taviani, Martin Scorsese, Rainer Werner Fassbinder, Spike Lee.
Sin dalle origini, la Quinzaine des Réalisateurs presenta pellicole dal forte significato politico e sociale, rifiutando ogni forma di censura. Molti registi italiani hanno presentato i propri film in questa competizione nel corso degli anni e inizialmente la presenza di pellicole italiane era molto consistente. Dalla fine degli anni ’90, però, le produzioni interamente italiane sono notevolmente decresciute, lasciando spazio quasi soltanto a co-produzioni. Nell’ultima edizione non è stato presentato nessun film italiano e lo stesso avverrà in quella che si apre oggi.
Questa premessa storica fa emergere due considerazioni.
L’industria cinematografica italiana è sempre meno attiva.
Certo, il Festival di Cannes ha concesso spazio al cinema italiano, proponendo tra i film in compétition l’ultima pellicola di Paolo Sorrentino, “La grande bellezza”, co-prodotto da Italia e Francia. Il regista, per la quinta volta in gara per la Palma d’Oro, si confronterà con un’altra regista italiana (o meglio, italo-francese), Valeria Bruni Tedeschi, alla sua terza regia dopo “È più facile per un cammello…” e “Attrici”. Il suo nuovo film, “Un chateau en Italie”, è una produzione francese.
Sorrentino e Garrone sono ormai gli unici due registi italiani under 50 che si alternano nella competizione ufficiale di Cannes dal 2004.
Si affaccia timidamente al Festival anche Roberto Minervini, regista marchigiano il cui film “Stop the Pounding Heart” sarà presentato fuori concorso. Minervini, oggi quarantaduenne, ha lasciato l’Italia dopo gli studi per vivere dapprima in Spagna e poi negli Stati Uniti. Dunque sarebbe inappropriato – come già il titolo fa presagire – definire italiana questa pellicola.
Valeria Golino, invece, presenta nella sezione Un Certain Regard il suo primo e atteso lungometraggio “Miele”, frutto di una co-coproduzione italo-francese.
Tutti e quattro i registi hanno dovuto ricorrere a finanziamenti al di fuori dei confini italiani per completare i propri film. E questo è un elemento significativo.
L’assenza del cinema italiano alla Quinzaine des Réalisateurs è un dato da non sottovalutare. Manca nel nostro Paese una generazione di registi giovani, supportati dallo Stato per le proprie produzioni cinematografiche. Negli anni ’70 i trentenni Carmelo Bene e Bernardo Bertolucci presentavano le loro pellicole a Cannes, portando avanti quella tradizione cinematografica innovativa che ha spesso avuto spazio nel nostro Paese, ma che negli ultimi anni è pressoché assente.
Un’unica nota di speranza per il futuro del cinema italiano è rappresentato da due giovani registi al loro esordio, Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, che presentano “Salvo” alla Semaine de la Critique, sezione del Festival in cui concorrono le opere prime e seconde. I giovani esordienti hanno voluto alla fotografia l’esperto Daniele Ciprì.
Qual è il ruolo del Festival oggi?
Jim Jarmusch, i fratelli Coen, François Ozon, Takashi Miike, Alexander Payne, Roman Polanski. Questi sono solo alcuni dei grandi nomi che la selezione ufficiale offre per questa edizione del Festival di Cannes. Nomi importanti ed opere che sicuramente soddisferanno critica e pubblico. Ma è davvero questo il compito di un festival del cinema tanto importante quanto quello di Cannes? Siamo certi che i film nascano ancora liberi ed eguali come profetizzava Pierre Kast nel 1968?
Manca oggi il coraggio di proporre registi sperimentali, opere innovative, nomi nuovi nelle sezioni principali dei festival. Certamente non si può sbagliare mettendo in concorso un film dei fratelli Coen, ma non sarebbe più interessante far conoscere nuovi linguaggi e realtà sociali sconosciute come ben fa la Quinzaine des Réalisateurs da oltre quarant’anni? Perché sacrificare film come “No” di Pablo Larrain alla Quinzaine e non proporlo nella sezione ufficiale, come è accaduto lo scorso anno?
La stessa riflessione può essere applicata per la scelta della giuria di quest’anno. Sarà Steven Spielberg a ricoprire il ruolo di presidente, affiancato da Nicole Kidman, Christoph Waltz, Vidya Balan, Naomi Kawase, Lynne Ramsay, Daniel Auteuil, Ang Lee e Cristian Mungiu.
Non si mette in dubbio la professionalità di queste persone, ma la forte presenza di “Hollywood” in questa giuria non può che far riflettere. La Kidman è australiana, Waltz austriaco, Lee taiwanese, ma tutti e tre hanno trascorso gran parte della loro vita in California lavorando all’interno dell’industria cinematografica hollywoodiana. E anche Spielberg, nonostante abbia dato vita a film indimenticabili come “Duel” e “Schindler’s List”, si è spesso piegato di fronte alle richieste commerciali delle sue produzioni.
Ancora una volta più innovativi e coraggiosi si sono dimostrati gli organizzatori delle sezioni parallele alla selezione ufficiale nella scelta della giuria. Presidente della Giuria Caméra d’Or sarà infatti la regista Agnès Varda, a cui il Festival lo scorso anno aveva dedicato spazio proponendo la proiezione del suo film restaurato “Cléo de 5 à 7”.
In conclusione. Cannes è Cannes.
Nonostante tutte le critiche che si possono muovere, il Festival di Cannes resta un momento importante per la cinematografia internazionale. È un luogo di incontro, di dibattito, di istruzione. Ne sono esempio le lezioni magistrali tenute da registi e operatori del settore che vengono proposte ogni anno e le proiezioni di pellicole storiche restaurate, mostrate nella sezione Cannes Classic (il ricco programma di questa edizione prevede – tra gli altri – nomi come Resnais, Demy, Bertolucci, Visconti, Zurlini, Rosi – e qui sì che il cinema italiano fa scuola!).
E poi il glamour, le feste, la montée des marches e le star. Anche questo è Cannes e, dopotutto, sono queste le cose che contribuiscono a creare la giusta atmosfera.
Tweet