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8/10

Borgman regia di Alex van Warmerdam

Thriller
recensione di Giulia Bramati

 

Borgman si nasconde in un rifugio sotterraneo in un bosco. Quando tre uomini giungono sulle sue tracce, egli fugge in un ricco quartiere della zona alla ricerca di ospitalità.

 

Nella foresta di un'indeterminata località dei Paesi Bassi si nasconde un uomo ambiguo. Il suo rifugio è collocato sotto un sottile strato di terra inspiegabilmente sorretto dal nulla. Tre uomini gli danno la caccia, usando qualsiasi mezzo a loro disposizione. Uno di loro è un prete.

Inizia cosí "Borgman", film rivelazione della 66a edizione del Festival di Cannes. Dopo 28 anni di assenza dei Paesi Bassi dalla Sélection officielle cannois, il regista Alex van Warmerdam offre un riscatto, mostrando una pellicola folle e coraggiosa, trasgressiva e accattivante.

Quando Borgman si accorge che i tre uomini lo stanno cercando, avverte i due amici che si nascondono insieme a lui e fugge senza meta verso un luogo più tranquillo. Si ritrova così in un quartiere di lusso, dove - senza alcuna timidezza - cerca porta a porta qualcuno disposto a fargli usare una doccia.

Dapprima lo spettatore si trova straniato di fronte ad una realtà che non comprende, ma a poco a poco si immerge in una storia dai risvolti grotteschi e paradossali.

Quando Borgman chiede a Richard di poter entrare nella sua casa, suscita nell'uomo una reazione violenta, tanto che egli arriva a picchiare il fuggitivo. Ma sua moglie Marina, sentendosi in colpa per la reazione del marito e provando tenerezza per l'aspetto malandato di Borgman, decide di soccorrerlo. Da questo momento iniziano per la donna una serie di problemi di natura psicologica, che culmineranno in un'inaspettata tragedia.

A parole l'intreccio sembra quello di un thriller assai contorto, ma è molto difficile riuscire a restringere questa pellicola entro i confini di un solo genere. "Borgman" è una commedia surreale, ma anche un giallo e un film d'azione, perché sono molti gli aspetti che il film assume nell'arco dei 113 minuti che lo compongono.

Il protagonista, interpretato da Jan Bijvoet , è un personaggio ambiguo e pericoloso, le cui azioni nascono da una malvagità inspiegata allo spettatore, che assiste incredulo agli omicidi da lui organizzati senza un chiaro motivo. La straordinaria bravura di Jan Bijvoet si accosta perfettamente alla recitazione di Hadewych Minis, che interpreta Marina. Non è stato certamente facile per la protagonista femminile calarsi nel ruolo di una donna inizialmente pacata, che a poco a poco inizia a mostrare sintomi di follia.

Gran parte della pellicola si svolge nella modernissima villetta di Richard e Marina, location perfetta per lo svolgimento della vicenda. Al rigoroso ordine della casa si contrappone il disordine mentale dei protagonisti. La fotografia di Tom Erisman mette in evidenza questo aspetto, presentando inquadrature semplici e pulite, che contribuiscono a creare un senso di estraneità nello spettatore.

Il regista ha dato prova della straordinaria abilità di riuscire a realizzare un film tanto interessante partendo da una sceneggiatura surreale. Un buon risultato non era affatto scontato: gli aspetti del surreale e del fantastico, talvolta, riportati sullo schermo perdono credibilità. Alex van Warmerdam, invece, riesce a mantenere alta la curiosità dello spettatore, che accetta le situazioni che vede rappresentate e partecipa divertito alle paradossali scelte di Borgman.

La finzione filmica prende il sopravvento sulla logica narrativa, dando vita ad un film accattivante, originale e divertente, che potrebbe ottenere qualche riconoscimento al Festival di Cannes.

Grazie al coraggio di registi come van Warmerdam, che, sicuri del proprio talento, corrono il rischio di realizzare pellicole sperimentali, la cinematografia europea continua ad essere viva.

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