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8/10

Red Road regia di Andrea Arnold

Thriller
recensione di Giulia Bramati

Jackie è una operatrice di un sistema di controllo delle strade di Glasgow, che ogni giorno osserva i movimenti di una piccola parte della città. Quando si accorge della presenza di un uomo a lei noto in uno degli schermi del suo ufficio, inizia a seguirlo ossessivamente.

I lunghi silenzi e le instabili inquadrature manuali conferiscono alle pellicole dirette dalla brillante regista inglese Andrea Arnold le componenti di originalità e sperimentalismo che pochi registi possiedono. “Red Road” è il suo primo lungometraggio, girato in seguito al trionfo agli Oscar 2005 del suo cortometraggio “Wasp” (2003). Il film è ambientato nella degradata periferia di Glasgow, controllata assiduamente da telecamere, sorvegliate da un personale molto attento.

Andrea Arnold dimostra una grande sensibilità nel raccontare la storia di personaggi che raramente ottengono un grande spazio nel cinema: la protagonista Jackie è un operatore presso il sistema di sorveglianza; nella prima parte della pellicola lo spettatore si illude di conoscere la sua storia: una donna sola, forse abbandonata dal marito, che trascorre molto tempo ad osservare individui sospetti che si aggirano per le strade della città per sfuggire alla sua vita monotona; la realtà è ben diversa, e la regia della Arnold ne permette una rivelazione frammentata nel corso del film.

A rendere la pellicola così brillante è la semplicità tecnica con cui viene raccontata una storia tanto complessa: vengono evitati sottofondi musicali utili nell'enfatizzare le scene di pericolo; i brevi dialoghi si limitano a fornire le informazioni necessarie alla comprensione dell'intreccio, senza soffermarsi su dettagli fuorvianti; le inquadrature instabili non mirano a sorprendere lo spettatore; le luci sono naturali. La bellezza del film è dunque racchiusa nella mera sceneggiatura, di cui la Arnold è autrice; guadando le scene del film, si percepisce l'approccio realistico che la regista inglese ha voluto adottare: le scene sembrano degli spaccati di vita quotidiana.

Nel momento in cui Jackie vede sugli schermi del suo ufficio Clyde, un quarantenne scozzese dalla vita disordinata, decide di seguire ogni suo movimento, fino a diventarne ossessionata, generando una crescente curiosità nello spettatore, che non comprende le scelte della donna. La sceneggiatura ruota attorno a questa ossessione, che avvia un thriller agghiacciante.

Notevole la bravura di Kate Dickie, che, grazie anche al forte accento scozzese, ha creato un personaggio credibile e realistico, affrontando con forza i problemi legati all'interpretazione di un ruolo tanto complesso.

Il film venne selezionato alla 59a edizione del Festival di Cannes, unica opera prima in concorso, aggiudicandosi meritatamente il Gran Premio della Giuria.

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