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8/10

Paradiso amaro regia di Alexander Payne

Drammatico
recensione di Giulia Bramati

Quando la moglie Elizabeth entra in coma, Matt si ritrova a dover badare alle due figlie, che ha trascurato per molto tempo. La situazione peggiora quando l'uomo scopre che la moglie lo tradiva; al dolore subentra la curiosità di scoprire l'identità dell'amante della donna.

Nell'immaginario comune, le Hawaii sono un arcipelago incantato, dove il sole si rispecchia sul mare cristallino e sulle sabbie dorate, creando un paesaggio meraviglioso. Ma le bellezze paesaggistiche non comportano un'agiata e paradisiaca vita per gli abitanti. Alexander Payne mostra le amarezze che caratterizzano la vita di ogni individuo, indipendentemente dal locus di provenienza di esso. E lo fa in modo delicato fin dall'inizio del film, dove pone immagini dolorose, - dall'allusione di un incidente nautico, alle sfuggenti inquadrature di persone disagiate - fino alla camera di ospedale dove ha inizio l'intreccio. Matt King – interpretato da George Clooney - è accanto alla moglie, entrata in coma da pochi giorni; questo avvenimento doloroso è l'imput per tutti i numerosi cambiamenti che si susseguono nel corso del film: l'avvicinamento dell'uomo alle figlie, la scoperta dei tradimenti della moglie, la scelta di non vendere i preziosi terreni tramandati dalla sua famiglia da generazioni.

Il tema più interessante è la costruzione della relazione padre-figlie, che viaggia parallela alla distruzione del rapporto moglie-marito. Il difficile approccio di Matt nei confronti delle figlie si ammorbidisce quando tutti e tre si trovano a dover sopportare un dolore, che è spesso sovrastato da un fervente rancore nei confronti della moglie-madre fedifraga. Alexandra, la figlia maggiore di Matt, interpretata da una brava Shailene Woodley ("La vita segreta di una teenager americana"), rifiuta di appianare la rabbia verso la madre, finché il padre non le rivela la gravità delle sue condizioni di salute ("She is not gonna wake up"): la ragazza mostra per la prima volta il suo dolore, che il regista rappresenta attraverso uno straziante pianto sotto le acque azzurre della piscina di casa King, accompagnato da un lungo silenzio.

Alexandra rivela allora al padre di aver visto la madre con un altro uomo: questa confessione scatena la buffa corsa brillantemente interpretata da Clooney alla ricerca di qualche informazione sull'identità dell'amante. Questa dolorosa novità aiuta padre e figlia a sentirsi più vicini, entrambi traditi dalla stessa donna e con l'obiettivo di trovare l'uomo di cui lei si era invaghita ("Don't forget that I know where he lives", dice la ragazza al padre).

Scottie, la figlia più piccola di Matt, ricostruisce in fretta il rapporto con il genitore, che è stato poco presente fino al momento dell'incidente.

All'evento drammatico si aggiunge poi il difficile compito di rivelare ad amici e parenti che la donna non si può risvegliare: Clooney é bravissimo nel rappresentare le diverse reazioni ed emozioni, dalla rabbia nei confronti dell'amica della moglie, che l'ha truccata poco prima all'ospedale (“You put lipstick on a corp”), alla rassegnazione finale.

Il film rappresenta anche il percorso di maturità di Matt: quando si scopre tradito, la rabbia e la delusione hanno il sopravvento, rovinando il rapporto con la moglie in coma; nel finale, però, il personaggio cambia, esprimendo la saggia decisione di perdonare la moglie.

Il tema dell'eutanasia non è centrale nella vicenda, in quanto negli Stati Uniti non è oggetto di discussione tanto quanto lo è stato in Italia negli ultimi anni. Fondamentale è invece l'indiretta denuncia del regista nei confronti dei “descendants”, ossia i proprietari terrieri delle Hawaii che danno il titolo al film (“The Descendants” è il titolo originale): questi uomini hanno la responsabilità di aver distrutto luoghi paradisiaci con la costruzione di edifici turistici.

La drammaticità dei temi viene affrontata in modo anticonvenzionale, attraverso un'ironia tragica, cara ad Hollywood negli ultimi tempi, che trova esempio anche in “Little Miss Sunshine” e “Juno”: il dolore non viene presentato in modo straziante, ma è sdrammatizzato da battute ironiche, espressioni buffe dei personaggi, scenari sereni.

Il film ha trionfato ai Golden Globes, aggiudicandosi il titolo di Miglior Film Drammatico dell'anno; George Clooney ha vinto il premio come Miglior Attore Protagonista in un film drammatico per quella che è stata definita da molti critici “la miglior performance della sua carriera”. Un film particolare e ben realizzato, da non perdere.

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Voto degli utenti: 7,6/10 in media su 8 voti.

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Peasyfloyd (ha votato 7 questo film) alle 11:42 del 4 maggio 2012 ha scritto:

forse è propria questa aria spensierata che sdrammatizza la morte, questa dissacrazione continua di tutto ciò che dovrebbe avere un peso rilevante nella vita (così tipico anche in altri film come Juno, come giustamente fai notare) che non mi ha fatto appassionare così tanto all'opera. Bella, gradevole, eppure non ci trovo delle cose così eccezionali...