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8/10

Crazy Horse regia di Frederick Wiseman

Documentario
recensione di Giulia Bramati

La vita al Crazy Horse, nightclub parigino, è molto impegnativa: numerosi professionisti si misurano nella preparazione di spettacoli che siano in linea con i principi di sir. Bernardin, storico fondatore del locale, e al contempo innovativi.

Esibire la propria nudità è amorale?

Quando è sottile il limen tra arte e volgarità nel nudo artistico?

Il regista Frederick Wiseman indaga questi interrogativi, presentando a Venezia nella prima Giornata degli Autori un documentario sul “Crazy Horse”, noto locale notturno parigino. Provocatoria l'idea di mostrare questa pellicola in prima visione in Italia: nel nostro Paese il corpo femminile è spesso volgarizzato e mercificato dalla televisione e dalla pubblicità ed è difficile poter pensare ad una compostezza nella presentazione della nudità. Wiseman documenta le dinamiche della creazione delle serate del Crazy Horse per mostrare il lungo lavoro che precede l'esibizione delle ballerine e dunque la serietà dell'ambiente lavorativo che – contrariamente a quanto l'opinione comune possa pensare – è un luogo di alta professionalità.

Un simile lavoro di rivalutazione della vita di un nightclub e in primo luogo dell'impegno e della bravura delle ballerine è rintracciabile in “Go go tales” di Abel Ferrara. La novità è la scelta della modalità documentaristica per rappresentare questa realtà.

Si intrecciano così i complessi compiti di regista, direttore artistico, coreografo, costumista, tecnico delle luci e scenografo per dare vita ad uno spettacolo di “nudo chic” – come viene definito nel documentario.

Più volte viene mostrato il pubblico dello show, composto da un'ampia stratificazione sociale: giovani, adulti, anziani, uomini e – paradossalmente – donne, la cui presenza dimostra la raffinatezza con cui i corpi femminili vengono esibiti durante lo show.

Notevole fin dal primo fotogramma è l'uso della luce: la sequenza iniziale mostra un'ombra cinese, semplice all'apparenza ma in realtà frutto di un complesso gioco di articolazioni: metaforicamente rappresenta lo spettacolo del nightclub, vittima della stessa componente pregiudiziale; la ripresa del motivo dell'ombra cinese al termine del documentario conferma questa teoria. Pannelli di luce colorata fanno da sfondo e si proiettano sui corpi delle ballerine, facendo nascere delle performance artistiche di alto livello, fortemente fluide e dinamiche, curate nei minimi dettagli.

Gran parte del girato è focalizzato su prove coreografiche volte a sottolineare la bravura delle ballerine. L'obiettivo del Crazy Horse è raggiungere la “perfezione nel modo di fare arte di celebrare la donna e il gioco erotico della seduzione”.

Wiseman si è detto felice di essere a Venezia con alcune ballerine, ma durante la breve introduzione al film ha preferito non parlare in quanto ulteriori parole non sarebbero d'aiuto.

In sala erano presenti Giorgio Bosetti e Paolo Baratta, presidente della Biennale di Venezia, che non hanno dimenticato di sottolineare l'importanza enorme che i documentari ricoprivano nelle prime edizioni della biennale e la necessità di continuare a mostrare i diversi linguaggi del cinema.

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alejo90 alle 13:00 del 6 settembre 2011 ha scritto:

Sono stato al Crazy Horse, lo spettacolo cui ho assistito comprendeva molti numeri che si vedono nella clip qui sopra. Mi aveva già dato l'impressione di uno spettacolo che necessitasse di una lunga preparazione e impegno, sarà interessante vedere questo documentario.