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3/10

Zoolander 2 regia di Ben Stiller

Commedia
recensione di Giulia Bramati

Dopo anni dal loro ritiro, Derek Zoolander e Hansel vengono richiamati sulla passerella per la sfilata di un noto stilista a Roma. Una serie di omicidi di celebri pop star nella capitale, tra cui quello di Justin Bieber, porta i due supermodelli a collaborare con una squadra investigativa italiana sulle tracce del serial killer.

“Che cosa ci è successo?” chiede Hansel al suo collega Derek. Dopo 15 anni di silenzio, i due supermodelli sono infatti tornati sulla passerella e sullo schermo con una nuova avventura di Zoolander. Sullo sfondo di una Roma lussuosa e criminale, si innesta un improbabile giallo dalle sequenze confuse e dalle logiche poco strutturate. Nell’epoca dei social network, l’immagine ha preso sempre più il sopravvento. L’esigenza di mostrare se stessi al mondo è diventata sempre più dirompente: in questo scenario, si fa naturale il ritorno di Derek Zoolander, che già quindici anni fa si prendeva gioco dei servizi fotografici di moda, anticipando attraverso le celebri espressioni Magnum e Blue Steel la ridicolizzazione del fenomeno delle duck face dei selfie. Raramente un sequel eguaglia il successo dell’episodio precedente; in questo caso, assistiamo ad uno scempio, niente più di una mera trovata commerciale. Perché l’unica nota di merito di Zoolander 2 è proprio la campagna pubblicitaria che è stata costruita attorno al lancio del film: dalla partecipazione di Ben Stiller e Owen Wilson alla sfilata di Valentino, al party della premiere di Roma, fino al selfie da record del Guiness dei Primati. Zoolander raggiunge sì il trash, ma un trash che non diverte più, ormai lontano anni luce dall’irriverenza del primo episodio, dove Ben Stiller si prendeva gioco della moda in modo assurdo, dove un inverosimile intrigo politico si inseriva coerentemente in un racconto surreale, dove il compianto David Bowie poteva improvvisarsi giudice di una sfida a due sulla passerella tra i due supermodelli rivali ridiculously good looking, generando sorpresa e divertimento. Non sono di certo i cammei a mancare in questo nuovo episodio: da Justin Bieber a Susan Sarandon, da Anne Wintour a Marc Jacobs e Tommy Hilfiger, le celebrities si susseguono senza alcuna logica narrativa e al contempo senza generare alcun effetto sorpresa. Fanno eccezione soltanto Sting, il cui personaggio, pur essendo costruito in modo disastroso, suscita qualche sorriso, e Valentino Garavani, il fondatore della maison di alta moda, che recitando in italiano, dimostra un grande entusiasmo che tradisce una significativa realtà: non è più il film che si avvale delle star per richiamare il pubblico, ma sono le star stesse che si servono del sicuro successo commerciale per farsi pubblicità. Questi micro-personaggi vengono inseriti all’interno del flusso narrativo senza alcuna logica, accennando storie che non vengono portate a termine e che non trovano connessione con le altre sequenze del film. Trascurabile la presenza di Penelope Cruz, nuova protagonista femminile del film, che rimpiazza la sveglia giornalista Matilda (Christine Taylor) per dare vita ad una investigatrice italiana decisamente poco acuta, aggiungendo alla pellicola una leggera punta di maschilismo (non a caso, infatti, Hansel dice a Derek, quando i due si imbattono per la prima volta in Valentina – alias Penelope Cruz: "She’s hot. I trust her"). Non sono bastati dunque un prequel cult e un budget stellare a rendere Zoolander 2 un film divertente nel suo surrealismo e nella sua essenza politicamente scorretta: il racconto è subordinato ad una logica commerciale, che si scontra con la realtà che la pellicola sta denunciando. È la moda ad essere derisa, ma è anche la moda stessa a promuovere il film e a servirsi del film per pubblicizzare le proprie linee: una contraddizione che mostra la fragilità di questa pellicola.

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