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6/10

Come L Acqua Per Gli Elefanti regia di Francis Lawrence

Drammatico
recensione di Fulvia Massimi

1931, Ithaca. Rimasto orfano dei genitori e senza più una casa, il giovane Jacob Jankowski abbandona la Cornell University a un passo dalla laurea (in veterinaria) per saltare sul treno del circo Benzini. Innamoratosi, ricambiato, dell'acrobata Marlena farà di tutto per sottrarla alle possessive attenzioni del marito, il tirannico direttore August Rosenbluth.

Cimentarsi con un adattamento cinematografico non è certo una novità per Francis Lawrence, che nel 2007 aveva portato sul grande schermo Io Sono Leggenda di Richard Matheson e nel 2005, con l'opera prima Constantine, il comic book di Garth Ennis Hellblazer. La novità del suo terzo lungometraggio va ricercata, piuttosto, in un deciso cambio di genere.

Abbandonate le atmosfere sovrannaturali (in senso fumettistico e fantascientifico) delle due pellicole precedenti, il regista losangelino (ma viennese di nascita) si concede un'incursione nel melò storico, dando forma cinematografica al best-seller di Sara Gruen Water For Elephants (la maldestra traduzione italiana vorrebbe citare Come l'acqua per il cioccolato di Alfonso Arau).

Viaggio di formazione nell'affascinante universo circense dell'America in piena Depressione, il romanzo della Gruen si offre come un solido e suggestivo esempio di materia letteraria dalle enormi potenzialità cinematografiche. La sua prosa scorrevole e descrittiva sembra nata per farsi immagine, tale è la capacità della pagina scritta di stimolare la fantasia del lettore, avvinto  in un vortice di avventura, passione e gelosia: gli elementi chiave di ogni melodramma che si rispetti.

Avvezzo a un cinema "dei buoni sentimenti" (suo lo script de I ponti di Madison County, tanto per rendere l'idea), lo sceneggiatore Richard LaGravanese privilegia la linea più marcatamente sentimentale del romanzo, sopprimendo quasi interamente il delicato racconto delle "peripezie" e dei tormenti dell'ormai anziano protagonista (Hal Holbrook) e trasformandone i ricordi in un prolungato flash-back, quasi interamente imperniato sull'appassionata love story tra Jacob e Marlena.

L'affresco storico così vivacemente dipinto dalla Gruen si perde in una riduzione ai minimi termini dell'intreccio narrativo e con esso si affievolisce anche l'alone di magia sprigionato dal mondo rutilante e illusionistico del circo, evocato nel romanzo, con tutto il suo corredo di rituali sociali e culturali, grazie ad un accurato lavoro di ricerca.

Aiutato dall'affascinante lavoro luministico di Rodrigo Prieto (fedelissimo di Iñárritu e candidato all'Oscar per I Segreti di Brokeback Mountain), Lawrence è in grado di riprodurre visivamente l'atmosfera sognante e fiabesca del libro ma i primi piani "televisivi" e la scarsa inventiva registica (non si può dire lo stesso dei suoi film d'esordio) si sottomettono totalmente al pathos della narrazione e di quel "most spectacular show on earth" esibito dalla tag-line americana rimane soltanto una timida scintilla.

Il carattere illusorio del circo, dietro la cui apparenza sfavillante si celano inganni e menzogne, falsificazione e violenza, non ha modo di esprimersi che attraverso il personaggio di August, interpretato dal tarantiniano Christoph Waltz. Eccezionale nel ruolo di villain (il suo Colonnello premio Oscar Hans Landa ne era la brillante dimostrazione), l'attore austriaco è fisicamente il più lontano dal proprio corrispettivo letterario ma ciò non gli impedisce di offrire una performance in grado di adombrare entrambi i suoi comprimari.

Robert Pattinson prova a scrollarsi di dosso il ruolo del vampiro Edward Cullen (da cui probabilmente sarà perseguitato a vita) e il tentativo è quantomai ammirevole, seppur non riesca a dare spessore ad un personaggio che già nel romanzo risultava, da giovane più che da vecchio, poco incisivo. Così anche Marlena, di cui il premio Oscar Reese Witherspoon è forse la perfetta incarnazione cinematografica.

L'inevitabile identificazione con l'ingenuo protagonista, la cui purezza si esplica in un rapporto quasi simbiotico con l'elefantessa Rosie, animale totemico e quarto personaggio chiave del film, non può nulla contro la fascinazione per la (dis)turbata figura di August, in bilico tra sadismo e infantilismo, della cui schizofrenica auto-distruttività si fa portavoce Waltz, magistrale nel plasmare antagonisti permeati da un'umanità appena percepibile.

Il melodramma nell'era del digitale sembra trovare la sua più  originale manifestazione negli eccessi almodovariani piuttosto che in una pallida revisione postmoderna degli stilemi originari del genere e la pellicola di Lawrence, colpevole anche la banalizzazione del materiale di partenza, è in fondo piacevole da guardare ma non molto più di questo.

Dall'impianto narrativo e dalle suggestioni romanzesche poteva nascere un nuovo Big Fish (tratto anch'esso da un romanzo  - di Daniel Wallace - e con echi circensi piuttosto marcati) ma Francis Lawrence non ha la visionarietà di Tim Burton (o, quantomeno, sembra averla persa per strada) e il suo terzo film non conserva quella commovente tenerezza che faceva del racconto di Albert Finney "la storia di una vita incredibile".

 

V Voti

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alexmn 4/10

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alexmn (ha votato 4 questo film) alle 20:21 del 18 maggio 2011 ha scritto:

nè carne nè pesce.

devo dire che mi ha parecchio deluso. non che avessi grandissime aspettative vista la presenza del pallido vampiromeo (cit), però l'ho trovato abbastanza piatto: non c'è la magia di un big fish, nè la volontà di parlare in modo crudo/diretto di quanto avviene dietro le quinte di un circo.