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8/10

Behind The Candelabra regia di Steven Soderbergh

Biografico
recensione di Giulia Bramati

Quando il celebre pianista Liberace incontra il giovane Scott, decide di assumerlo come segretario e amante. La loro convivenza funziona, ma ben presto Liberace inizia ad avanzare stravaganti pretese.

 

Cosa si nasconde dietro al candelabro del nuovo film di Steven Soderbergh? Una storia d'amore e di solitudine che ha per protagonisti Michael Douglas e Matt Damon.

La splendida prova attoriale di questi due straordinari artisti vale la visione della pellicola. Non è facile interpretare una coppia di omosessuali sullo schermo senza dare vita a stereotipi, soprattutto se la richiesta del copione è quella di assumere le vesti di un uomo molto eccentrico ed effeminato come Liberace, il personaggio interpretato da Douglas. Egli è un pianista che si esibisce nei teatri della California alla fine degli anni '70, mostrandosi sempre con abiti scintillanti e accessori indimenticabili. 

Douglas non solo non ridicolizza il personaggio, ma risulta straordinariamente credibile, senza temere l'azzardo di una gestualità marcatamente femminile che facilmente sarebbe potuta risultare eccessiva.

Insieme a lui, Matt Damon nei panni del suo giovane amante. Nemmeno il personaggio di Scott risulta stereotipato, perché Damon riesce a mostrare al pubblico il lato sensibile e umano di quest'uomo che vive per compiacere il ricco Liberace.

Il primo incontro tra i due protagonisti avviene in un piccolo teatro di Beverly Hills, dove Liberace si sta esibendo in uno dei suoi divertenti spettacoli. Scott resta subito affascinato e la storia d'amore non tarda a concretizzarsi.

Soderbergh affronta il difficile tema dell'omosessualità negli anni '70 con leggerezza, senza drammatizzare eccessivamente e senza scadere nel melodramma - con una piccola eccezione alla fine del film, dove scade in un eccessivo buonismo, che si può però perdonare.

Il regista non vuole banalizzare la concezione dell'omosessualità negli Stati Uniti di quegli anni e per questo in una scena mostra una pagina di giornale recante la notizia della morte per AIDS di Rock Hudson, attore notoriamente omosessuale, che affrontò la difficoltà dell'accettazione del suo orientamento sessuale a Hollywood.

Soderbergh indaga la solitudine dei suoi personaggi, facendo ruotare la pellicola attorno alla difficoltà di Liberace di riuscire a vivere senza un giovane uomo accanto a lui. Liberace non si innamora dei giovani amanti con cui convive per anni, ma si innamora dell'effetto che essi hanno su di lui. Frequentando giovani adoni, lui stesso riesce a sentirsi ancora giovane. E quando gli anni iniziano a trascorrere anche per i suoi amanti, ricorre alla chirurgia plastica per renderli più belli.

E così anche Scott, per compiacerlo, decide di rinunciare al suo aspetto per risultare più giovane. Ma non è solo la giovinezza l'ossessione di Liberace. Egli vuole che Scott somigli a lui stesso, quasi come se fosse suo figlio. Ed è questa scelta a lasciar intendere allo spettatore che dietro a questa apparente frivolezza si nasconde una estrema solitudine che il personaggio combatte circondandosi di oggetti, accessori, decorazioni, animali e persino esseri umani, che assume per intrattenersi non solo sessualmente. Ciò che cerca Liberace è l'affetto, ma lui stesso è incapace di amare e non riflette prima di rinnegare il compagno con cui è stato per anni. Addirittura il pianista finisce per scrivere un'autobiografia dove racconta i suoi amori per donne che non sono mai esistite. Questo dimostra la sua fragilità e spiega il comportamento distaccato che assume nei confronti degli amanti che hanno trascorso la vita con lui.

Soderbergh si lascia andare ad un finale fantasioso, quasi da musical, il cui effetto è piacevole. Il punto debole di questo film - tecnicamente molto ben costruito - è la sceneggiatura. Manca infatti un elemento di conflitto nell'intreccio, che risulta abbastanza piatto. Certamente trattandosi di una storia vera, sarebbe stato difficile riuscire ad aggiungere elementi narrativamente più interessanti restando fedeli alla biografia del pianista. 

Per quanto riguarda la ricostruzione storica, la scenografia e i costumi sono studiati in modo rigoroso.

Soderbergh dunque non delude e il suo film otterrà quasi certamente un riconoscimento alla premiazione di domenica al Festival di Cannes. Ed è possibile che sia Michael Douglas a ritirare l'ambito premio per la miglior interpretazione maschile.

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