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8/10

The Way Way Back regia di Nat Faxon, Jim Rash

Commedia
recensione di Alessandro Laganà

Racconto dell'estate di Duncan, timido quattordicenne, che grazie a un eccentrico manager di un parco acquatico riuscirà a maturare e affrontare la precaria situazione familiare.

Semi citando l’inizio di questo film, che vedrà la luce in Italia solo il 5 dicembre con il titolo C'era una volta un'estate, se Steve Carell dovesse chiedermi “quanto daresti a questo film in una scala da uno a dieci?” la mia risposta sarebbe senz’altro un “otto”.

Dai produttori di Juno e Little Miss Sunshine questa opera prima alla regia della coppia Jim Rash (il fantastico preside di Community) e Nat Fixon già attori affermati (che difatti si ritagliano due ruoli minori all’interno della pellicola) e autori della sceneggiatura vincitrice dell'Oscar del bellissimo Paradiso Amaro, The Way Way Back è un film genuino, vero, che arriva allo spettatore senza espedienti o artifici, ma solo con ottimi attori e una gran sceneggiatura.

Una commedia agrodolce su un ragazzo di 14 anni, Duncan (Liam James), insicuro, impacciato e introverso. I genitori sono separati e a lui tocca passare l’estate con la madre (Toni Collette) e il suo nuovo compagno Trent (il già citato Steve Carell) alla casa al mare di quest’ultimo.

Soggiogato dalla forte figura del patrigno, che seppur dica di voler creare una nuova famiglia unita, non perde occasione di umiliare e sminuire Duncan, portando dalla sua parte anche la mamma, che lascia il figlio solo ad affrontare tutto questo.

Accorrono in aiuto del ragazzo Susanna (AnnaSophia Robb) una sua coetanea e vicina di casa, anch’essa in pieno divorzio dei genitori e soprattutto Owen (Sam Rockwell), il più classico dei fancazzisti dalla parlantina facile, che prende subito in simpatia Duncan gli offre un posto di lavoro nel suo sconquassato parco acquatico. Una sorta di Drugo Lebowski del Massachusetts, con i tunnel acquatici al posto delle piste da bowling.

La conoscenza di Owen cambia la vita di Duncan ma anche il film. Dando una botta di vita a una pellicola che nei primi venti minuti non annoia ma neanche colpisce.

Il personaggio di Rockwell è meravigliosamente costruito e da una sferzata alla storia. Così come il protagonista guadagna autostima, trovando nel gestore del magico Water Wizz un surrogato della figura paterna, colpevolmente datosi alla fuga dopo il divorzio, e facendo amicizia con tutti gli addetti ai lavori e i frequentatori abituali del parco, anche il film guadagna vertiginosamente in sceneggiatura e godibilità.

Gli attori sono tutti perfetti per la loro parte, niente è fuori posto.

Schitarrate acustiche di sottofondo, litigi e riappacificazioni, nuovi amori, momenti esilaranti e qualche momento drammatico accompagnano il film a un finale forse prevedibile, ma realizzato talmente bene da commuovere ugualmente.

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