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9/10

La Prima Neve regia di Andrea Segre

Drammatico
recensione di Alessio Colangelo

La prima neve è quella che tutti in valle aspettano. È quella che trasforma i colori, le forme, i contorni. Dani però non ha mai visto la neve. Dani è nato in Togo, ed è arrivato in Italia in fuga dalla guerra in Libia. È ospite di una casa di accoglienza a Pergine, paesino nelle montagne del Trentino, ai piedi della valle dei Mocheni. Ha una figlia di un anno, di cui però non riesce a occuparsi. C’è qualcosa che lo blocca. Un dolore profondo...

È davanti agli occhi di tutti che il cinema italiano stia rialzando la testa in questo ultimo decennio; in particolare alcuni registi come Giorgio Diritti, Michelangelo Frammartino e ora Andrea Segre hanno raccolto la sfida che il nostro tempo ci propone: riflettere dei nostri problemi attuali avendo come riferimenti  le nostre radici, la natura, la storia degli ultimi  e la saggezza popolare. Ecco che anche “La prima neve” parte da un grande interrogativo: come può un migrante venuto dal Togo integrarsi in una micro-realtà come quella della valle dei Mocheni in Trentino? Tutto lascia presupporre che l’incompatibilità di lingua e costumi non consentano al giovane di stabilirsi nel paesino, ma grazie ad una straordinaria empatia e solidarietà si instaura tra lui e un bambino un rapporto umano che travalica i confini territoriali e  linguistici. Esseri umani prima di tutto, con tutta la loro carica emotiva, ma anche immersione vitale in quell’ambiente naturale che non è solo sfondo, ma partecipa alle emozioni più struggenti e segna profondamente da sempre la vita degli abitanti di montagna. La rigidezza delle stagioni, l’immobilità degli alberi, il frusciare del vento lasciano lo spettatore e il piccolo protagonista del film di fronte allo spettacolo della natura caricando di coraggio e di speranza le vite degli abitanti del piccolo borgo rurale. In una sorta di panteismo alpino tutto è in attesa che cada la prima neve, portando assieme ad una purificazione interiore anche la promessa di un futuro prospero. Quello che caratterizza il film è ancora una volta (dopo Olmi  e Diritti)  l’uso di molteplici lingue: Italiano, mocheno, tedesco e francese; uso che suggerisce la complessità e la veridicità tipica di un certo tipo di cinema documentaristico che va via via ibridandosi a quello narrativo fino a farne scomparire i confini reciproci. L’ibridazione e la sperimentazione in questo senso vengono sostenute dalla fantastica fotografia affidata a Luca Bigazzi (già direttore della fotografia con Paolo Sorrentino) e la regia non manca di regalarci alcune inquadrature memorabili, come quella finale dei due protagonisti intenti a contemplare un paesaggio innevato mozzafiato. L’elemento naturale caratterizzante è il legno: l’albero abbattuto riscalda tre volte, dice il vecchio, quando lo abbatti, quando lo accatasti e quando lo bruci. Ecco che la legna diventa materia vivente, capace di emanare un profumo caratteristico che lega a sé tutti gli abitanti del bosco, uomo compreso.

La prova degli attori del film è di altissimo livello: Anita Caprioli impersona una madre in cerca di se stessa dopo la scomparsa del marito, Matteo Marchel il figlio piccolo ribelle, ma dotato di una grandissima sensibilità e Giuseppe Battiston che dà forma ad un personaggio carico di speranza nel domani. Un film didattico quello di Segre, da molto tempo impegnato nelle tematiche dell’integrazione del diverso e della migrazione. Docente di Sociologia della Comunicazione presso l'Università di Bologna ed esperto di analisi etnografica in particolare nell'ambito della solidarietà internazionale, ha dal 1998 al suo attivo parecchi documentari, tra i più interessanti consigliamo Come un uomo sulla terra, e il lungometraggio Io sono Li.

La prima neve” è stato presentato alla 70 Mostra del cinema di Venezia nella sezione Orizzonti.

 Di seguito vi riportiamo le note del regista a quest’ opera che sicuramente saprà regalarvi forti emozioni:

“La luce entra nel bosco insieme alle ombre. Si alternano, si incrociano, giocano come vuoti e pieni, come spazi di vita tra silenzio e rumore. Gli alberi sembrano voler scappare dal bosco. Ma non possono. Crescono a cercare la luce, si allungano per superare gli altri, ma rimangono tutti ancorati lì, uno affianco all’altro, in file regolari che segnano le prospettive. È il bosco il luogo centrale dell’incontro tra Dani e Michele; è in quello spazio che i due si seguono, si cercano, si respingono, si conoscono. È uno spazio in cui la natura diventa teatro. Dove la realtà diventa luogo dell’anima e ospita significati e metafore che la trascendono. Pronta a diventare sogno. Come nel mio primo film Io Sono Li, anche La prima neve è costruito nel dialogo costante tra regia documentaria e finzione, tra il rapporto denso e diretto con la realtà e la scelta di momenti più intimi costruiti con attenzione ai dettagli della messa in scena. Così è anche nel lavoro con gli attori: persone del luogo e attori professionisti interagiscono tra loro, in un processo di contaminazione tra realtà e recitazione. Con il privilegio, in questo secondo film, di aver finalmente potuto lavorare con l’energia e l’imprevedibilità di bambini e giovani ragazzi.”

 

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alexmn 9/10

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giuliabramati alle 16:54 del 19 settembre 2013 ha scritto:

bella recensione, spero di vedere presto il film!