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R Recensione

7/10

Il Castello regia di Massimo D'Anolfi

Documentario
recensione di Alessio Colangelo

L’Aeroporto osservato attraverso le quattro stagioni. I suoi problemi e i suoi paradossi nel contemporaneo Castello kafkiano per eccellenza: Malpensa.

“Gli aeroporti possono essere insidiosi…” The Terminal

Nel corso di un intero anno all’ aeroporto di Malpensa possono succedere molte cose. È questo il motivo che ha spinto Massimo D’Anolfi e Cristina Parenti a girare questo documentario sull’ HUB lombardo. Presentato al Torino Film Festival, ha guadagnato il primo posto nella sezione italiana.doc

Impressiona e fa piacere constatare ancora una volta l’alto livello artistico e analitico che i documentari italiani fuori dal circuito ufficiale riescono a raggiungere  a conferma che un certo cinema di taglio sociologico e culturale sopravvive ancora.   

Il film inizia in inverno con un lunghissimo piano sequenza in camera car, siamo infatti dentro una delle auto che controllano la pista stracolma di neve. Passiamo poi all’ interno del terminal vero e proprio catapultati ai controlli immigrazione con i vari casi delle persone senza passaporto e dei controlli dei bagagli da parte della polizia. Il controllo eccessivo spesso tende a limitare la libertà degli individui ed a questo proposito l’aeroporto diventa il centro di maggior controllo di un paese, inglobando tutte le componenti delle forze dell’ ordine, dai semplici poliziotti, ai finanzieri, ai Nas.

In questo gioco di osservatori e osservati si esplicitano le nuove forme di controllo “visivo” e le nuove strategie criminali per nascondere i delitti agli osservatori ed in particolare è emblematica la storia di Diego, immigrato sudamericano, che trasporta droga nello stomaco per sfuggire ai controlli, che prontamente risolvono il caso con una radiografia.     

Tutto si svolge in maniera ritmica: le domande sono sempre le stesse e i controlli si ripetono sempre uguali. La camera fissa domina queste macrosequenze imponendo una visione assolutamente asettica e priva di emozioni. Gli ambienti si riempiono e si svuotano, ma nella struttura complessiva del film predominano i lavori dei “dietro alle quinte” aeroportuali piuttosto che i normali tragitti di viaggio.

In primavera assistiamo ai lavori degli incaricati per scacciare gli uccelli dalle piste e alla breve storia di una senzatetto che trova nell’ aeroporto un luogo dove vivere, un rifugio in cui stare.

La dinamica esclusivamente di passaggio dell’ aeroporto, la sua costruzione elaborata e il suo essere un “non luogo” per eccellenza lo rendono degno della definizione kafkiana a cui il titolo si ispira.

L’inquadratura finale ci mostra un aereo al decollo alle prime luci dell’ alba, ma la macchina da presa, ben ancorata al terreno, decide di lasciarlo volare per farsi  carico delle storie dei passeggeri in transito a Malpensa poiché, come dicono gli stessi registi, l’aeroporto è " il luogo in cui, meglio che altrove, si riesce a comprendere l'ossessione per la sicurezza, la paura dell'altro e la strategia del controllo che pervadono il nostro presente".

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