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4/10

Sister regia di Ursula Meier

Drammatico
recensione di Alessio Colangelo

Simon è un ragazzo di dodici anni che vive con la sorella vicino ad una famosa località sciistica. Per procurarsi da vivere è costretto a derubare i turisti e poi rivendere i loro beni. 

Il film Sister, anche se come al solito il titolo originale L’enfant d’en haut è sicuramente più appropriato per quella che è la diegesi del film, è molto ambiguo e retorico. Ursula Maier, che già in Home non ci aveva risparmiati dalla sua banalizzazione stereotipata della vita ai margini, ai confini, alle periferie, torna con questo secondo film a ribadire il concetto della dura vita borderline delle famiglie più povere.

Siamo in una località sciistica dove il piccolo Simon, 12 anni,  compie dei furti ai danni dei turisti facoltosi, per procacciarsi il nutrimento per lui e per la sorella . I rapporti con la sorella non sono buoni, lei infatti è una sfaccendata buona a nulla. I giorni passano tra movimenti di macchina a salire e scendere come le funivie continuamente usate da Simon per recarsi sul luogo dei furti. In alto la bella montagna svizzera si contrappone alle case popolari cementificate della valle in un gioco di rinvio piuttosto noioso. La storia dei rapporti difficili e, a dire la verità, un po’ caricaturali tra i due fagocita il racconto sociale rendendo  piuttosto convenzionale il discorso. Ecco il vil denaro, mezzo di riscatto, ma anche strumento di disamore. Si cerca, scimmiottando registi quali i fratelli Dardenne e Ken Loach, di apparire duri e al tempo stesso poetici, ma si finisce invece per forzare un estetismo appunto di maniera che lascia poco all’immaginazione e alla sensibilità di chi sta davanti allo schermo.

I significati rimangono ad un livello molto semplice ed elementare, la regista, influenzata da un suo ricordo d’infanzia personale, ha costruito una trama per un film sociale e impegnato, ma in realtà ha  fallito proprio in questo intento realizzando una fiaba deludente. Non rivelerò il finale dei film, pubblicizzato come sorprendente, vi dico solo che l’avevo già capito dall’ inizio e che solo dei distratti possono non cogliere certi “segreti”.

Gli attori principali Kacey Mottet Klein (Simon) e Lea Seydoux (Louise), quest’ ultima già vista in Midnight in Paris e Mission Impossible: Ghost Protocol,  osannati a Berlino, a me non hanno convinto per nulla. Mancano di intensità e anche se la Seydoux ha delle potenzialità, certamente la regista non le ha sapute sfruttare appieno contenendola in un personaggio-figurina.

Sarebbe meglio non commentare la sceneggiatura, costruita dapprima su una struttura drammatica soffocante a livello sonoro, si inabissa in dialoghi inconsistenti;  frasi come “Salut” “Ca va?” qui sono abusati e non certo seducenti come quelli di un Aki Kaurismaki il quale con la musica e poche battute riesce a dire tutto come un pittore fa con un tratto di pennello. Insomma cosa ci rimane di positivo in questo film Orso d’Argento alla Berlinale 2012? Un paio di bei paesaggi alpini, un’ottima fotografia (Agnès Godard) e una storia inusuale anche se realizzata solo in parte.

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Voto degli utenti: 6,7/10 in media su 3 voti.
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Peasyfloyd (ha votato 7 questo film) alle 20:43 del 27 ottobre 2012 ha scritto:

non lo so. E' vero che nella sostanza (soggetto, sceneggiatura) c'è in fin dei conti poca ciccia, però l'impostazione del racconto è notevole e gli attori altrettanto. Per me più che buono

misterlonely (ha votato 8 questo film) alle 13:00 del 12 maggio 2013 ha scritto:

Uno dei più bei film del 2012. Ursula Meier dirige benissimo i suoi attori e dimostra talento da vendere nel raccontare una storia sincera, delicata ed emozionante. Non commento la recensione...

forever007 (ha votato 5 questo film) alle 18:19 del 12 maggio 2013 ha scritto:

Giusta recensione (io in genere sono troppo buono nell'ambito cinematografico). è un film a tratti noioso, che non racconta una storia originale ed è freddo come l'ambiente nel quale viene rappresentata la trama.