Elles regia di Malgorzata Szumowska
DrammaticoUna giornalista della rivista Elle intervista due studentesse che si prostituiscono. Da quel momento la sua vità cambierà radicalmente...
“La prostituta fa commercio del proprio fascino. Essa si sforza di guadagnare il più possibile, di avere una clientela da cui trarrà profitto e di realizzare le migliori condizioni d'esercizio.” Vivre sa Vie Di Jean Luc-Godard
Escort, squillo, battona, lucciola, bagascia, troia sono solo alcuni dei modi per definire una stessa persona, ossia una prostituta; quest’ultimo termine deriva dal latino pro-stare che significa “esporsi, mettersi in mostra”. Elle è una rivista francese che è rivolta unicamente all’universo femminile ed è anche il titolo del film di Malgorzata Szumowska, regista polacca esordiente, poco conosciuta in Italia. Elles è anche un punto di vista, una prospettiva assolutamente (ex)clusiva per il campo maschile, sull’alterità femminile che indaga il fenomeno sociale del mestiere più antico del mondo. La regista effettua la messa in scena commettendo la scorrettezza di evidenziare una retorica da saputella che potremmo definire come una particolare forma di “prostituzione intellettuale”, sia per il messaggio da indottrinamento pro-escort smascherato dall’ evidente ossimoro musicale extradiegetico della classica Ave Maria, sia per la piattezza diegetica e realizzativa di questo film. È tutto quasi un piano sequenza di scopate ininterrotte che non lasciano grossi spazi di approfondimento psicosociologico del fenomeno, ma si limitano a ipostatizzarlo in una ineguagliabile indeterminatezza.
La protagonista ( Juliette Binoche che interpreta il ruolo della giornalista) seguirà un processo mitopoietico di volgarizzazione che la condurrà, dopo l’inevitabile scontro con la natura matrigna del tempo e della vecchiaia, alla metamorfosi in una MILF o in una quasi-escort attempata. Un’altra regista middle age e ovviamente middle class molto simile alla Szumowska è Mijke De Jong che in Olanda ha esordito alla regia cinematografica con Katia’s Sister, un film sulla prostituzione del medesimo rango: voyeuristico e posticcio che spesso scade nell’ affettazione culturale. D’altra parte registi come la francese Catherine Breillat o come lo statunitense Larry Clark hanno rivitalizzato invece generi filmici sempre softcore, ma almeno onesti e caratterizzati.
Quello che viene fuori da Elles è un pasticcio, un film-pentolone nel quale gettare alla rinfusa ingredienti che non sono nemmeno immaginati o presentati in modo originale come fece a suo tempo un grande come Dario Fo nella famosa scena della fame dello Zanni in Mistero Buffo. Juliette Binoche, davvero sottotono, mette in ombra anche la performance delle altre due attrici, che forse prima di cimentarsi in ruoli così difficili dovrebbero ripassare un po’ Stanislavskij. Non a caso infatti certe presunte parti serie e intense hanno invece scatenato l’ilarità in sala. Le inquadrature si soffermano spesso su dettagli ortofrutticoli ad indicare la differenza tra una vita alla Desperate-housewife e una vita da primadonna in carriera. La disparità di classe fra il benessere acquisito dalla giornalista borghese e il benessere acquistato dalle studentesse-escort non fa altro che coronare il sogno della tipica pruderie cinematografica francese. C’est Tout!
Le note della Settima Sinfonia Op. 92 in La maggiore di Beethoven su primi piani di escort-angelicate sono la brutta copia del cammino della Grazia di The Tree of Life dove Malick non usava certo sonoro e filmico a casaccio.
In conclusione è un film che non ho gradito e un voto bassissimo penso sia meritato, non perché la scelta delle tematiche sia in contrasto con l’etica o la moralità comuni, ma piuttosto perché tecnicamente scarso e intellettualmente inconsistente.
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