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7/10

Il Sentiero regia di Jasmila Zbanic

Drammatico
recensione di Alessio Colangelo

Sarajevo. Luna fa la hostess mentre il suo compagno Amar opera come controllore di volo all'aeroporto egli viene però sospeso dal lavoro perchè sorpreso con alcolici in servizio. Per caso incontra un ex commilitone divenuto musulmano integralista. Da quel momento i percorsi di Amar e Luna iniziano a dividersi.

Religiolus

"Dio è nei dettagli." Gustave Flaubert

Cominciamo dalla primissima inquadratura: siamo in un bagno e una donna osserva dettagli del suo corpo nudo ripresi dalla videocamera del suo cellulare riflessi nello specchio sopra il lavabo. Abbiamo già colto da queste primissime immagini che quello che seguirà sarà un conflitto tra sguardo cercato e sguardo negato. La ricerca della felicità sembra per Luna e Amar piuttosto difficile poiché siamo a Sarajevo e Amar sta per diventare Wahhabita dopo aver incontrato il compagno d'armi Bahrija, integralista islamico che conduce l'amico sulla strada o meglio sul sentiero dell'Islam. Luna cerca di riconquistarsi il compagno, che ormai ha abbracciato la fede, andando persino a vedere il campo della piccola comunità islamica, Amar tenta di convertirla, ma invano perché la posizione di Luna è ferma: lei non intende rinunciare alla sua visione occidentale per finire sotto l’hijab e sotto la dura legge islamica. Un sonoro, che alterna le musiche delle discoteche New Age di Sarajevo alle lunghe letture delle Sure del Corano da parte dell' Emiro, enfatizza la grande sfida che una terra difficile come la Bosnia è costretta ad accettare: passato e presente, Oriente ed Occidente sono i poli opposti nei quali i sentieri tortuosi della vita ci conducono. Luna fotografa Amar mentre dorme e quando è assente assiste alla proiezione del suo piccolo filmato amatoriale simbolo della volontà della protagonista di immobilizzare l'amato compagno nella sua vita pre-religiosa.

Riesce bene la regista Jasmila Zbanic  nell'intento principale  di restare narratore extradiegetico, voce neutrale della storia, seppure su un terreno impervio come quello dell' integralismo e delle sue diverse correnti più o meno estreme, non vuole infatti mostrare preparativi  di tipo jihadista all’interno della realtà dove Amar si integra, per non suscitare giudizi scontati  nello spettatore . Certo nella comunità di Amar la dottrina impone che le donne siano nascoste alla vista degli uomini durante i vari momenti di vita quotidiana, cioè la negazione della visione, del piacere dello sguardo ritenuto peccaminoso dalla cultura wahhabita. Apparentemente può risultare facile cadere sulla solita questione della donna nella religione islamica, in realtà l’analisi della regista  è molto accurata e va a trattare temi più profondi  quali l'Amore, la Religione, la Vita.  Alcune scelte  in sospeso dei due protagonisti, ad esempio il vizio dell' alcol di Amar e la maternità di Luna, trovano una soluzione drastica dopo la conversione  religiosa e  restano inevitabilmente separate dal bivio che la vita ha riservato ai due giovani.

La regia è solida e ben costruita, numerosi primi piani sul volto di Luna e figure intere, pressoché  assenti  i campi lunghissimi e lunghi a dimostrare la vicinanza della regista alla storia ed ai personaggi. Il film è girato con una macchina digitale Red che dà alle immagini una qualità veramente sorprendente. Un uso del sonoro intelligente alterna musiche balcaniche techno  alla litania del muezzin cantato dall' Imam.  Sarajevo è dipinta come una città dai molteplici aspetti: custode di molti segreti sotto i numerosi tendaggi che riempiono le abitazioni di una mesta oscurità e al tempo stesso lucente e solare nelle strade e viali ormai riempiti della fascinazione delle insegne e delle innumerevoli mirabilia occidentali. Finito il periodo comunista anche Sarajevo si appresta a divenire una ville Lumière.

Ancora una volta la Fandango si dimostra la casa distributrice capace, come poche altre, di proporci dei bei film che nel nostro paese faremmo molta fatica a reperire, come questo, Il sentiero, film in Concorso alla 60a Berlinale di una regista che già vinse L’orso d’oro con Il segreto di Esma nel 2006.

I Balcani, culla di storie e culture diverse, ci regalano spesso molteplici e contraddittorie spiegazioni della società, sfoghi violenti come nei film estremi tipo A Serbian Film e Life and Death of A Porno Gang oppure opere corali come questo Na Putu che in bosniaco vuol dire "Essere in cammino verso una meta" e io aggiungo in cammino verso un nuovo cinema.

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