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8/10

La ragazza senza nome regia di Jean-Pierre Dardenne | Luc Dardenne

Drammatico
recensione di Francesco Carabelli

Il giovane medico Jenny Davin si sente responsabile di un fatto di sangue avvenuto indirettamente per causa sua. Cerca di riscattarsi impegnandosi per conoscere l'identità della giovane donna morta.

I fratelli Dardenne inseriscono il loro nuovo film nel solco della tradizione di un cinema sociale ed impegnato, continuando così il lavoro intrapreso più di venti  anni fa con La Promessa, primo loro lungometraggio di finzione.

Come per tutti i loro film  il luogo in cui si svolgono gli avvenimenti è la periferia di Liegi, in Vallonia, regione francofona belga.

Al centro delle vicende narrate c’è, questa volta, un giovane medico, Jenny Davin, interpretato dalla promessa del cinema francese Adèle Haenel, ai più nota per la sua relazione con la sceneggiatrice e regista Céline Sciamma.

Jenny sta sostituendo, per un breve periodo, un medico di lunga esperienza, il dottor Habran, che si trova ricoverato in ospedale.

Il film si apre sugli ultimi giorni di lavoro di Jenny, ormai in procinto di intraprendere una collaborazione con un importante ambulatorio di Liegi. Sarà un fatto di sangue a segnare il giovane medico, che si trova coinvolta, suo malgrado, nella morte di una giovane donna di origine africana, di cui la polizia non riesce a ritrovare le generalità.

Inizia così per Jenny una ricerca parallela, nata dal suo sentirsi responsabile per la giovane afriicana, la cui morte è legata alla decisione di Jenny di non aprirle le porte del suo ambulatorio medico dopo l’orario consueto di chiusura.

I fratelli Dardenne insistono sullo spirito di sacrificio della professione medica, e mettono in luce la dedizione della dott.sa  Davin per i suoi pazienti, con i quali, spesso, ha un rapporto difficile, ma fatto comunque di attenzione ed ascolto.

L’intreccio ricalca quello di altri lungometraggi dei fratelli belgi e ad emergere è sempre quella parte  meno in vista della società, fatta di emarginati e reietti che cercano un riscatto, ma che sono, anche, maggiormente esposti al pericolo di avere problemi con la legge.

C’è spazio per la partecipazione di attori storicamente legati alla coppia di registi belgi: Jérémie Renier, Olivier Gourmet, Fabrizio Rongione, attori che devono la loro notorietà al sodalizio con i fratelli Dardenne e che qui si prestano a interpretare figure di contorno, ma egualmente importanti all’interno delle vicende narrate.

Non manca mai nei film dei Dardenne quella tensione morale al bene, dato che, nonostante tutto, il film ha un finale positivo. La ragazza “senza nome“ troverà alla fine un’identità e coloro che erano coinvolti, direttamente o indirettamente, nella sua morte troveranno il coraggio di confessare le proprie colpe e di espiarle. Un messaggio di speranza, quindi: nonostante il male  e le difficoltà umane che ne stanno alle spalle, c’è ancora spazio per un riscatto e per la scoperta della verità, per un mondo migliore.

Comparto tecnico impeccabile, da cui risalta la lunga esperienza come documentaristi. Come per tutti loro film, la musica ha un ruolo secondario e viene utilizzata solo diegeticamente, in alcuni punti salienti del film.

Certo il film non pecca di originalità rispetto alla loro produzione precedente, ma è sempre gradevole e capace di far riflettere lo spettatore su tematiche sociali di attualità.

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