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8/10

Germania Pallida Madre regia di Helma Sanders-Brahms

Drammatico
recensione di Francesco Carabelli

La storia di Lene e Hans, marito e moglie in epoca nazista, coinvolti in eventi più grandi di loro, dovranno soffrire per la loro felicità, ma terminata la guerra la loro sofferenza non verrà meno...

Il titolo di questo film deriva da una poesia che Bertolt Brecht scrisse nel 1933, all’avvento al potere del nazismo. Questa poesia viene declamata dalla figlia di Brecht , Hanne Hiob all’inizio della pellicola e funge da introduzione a ciò che vedremo nel seguito. La tragedia della guerra causata dalla Germania nazista, distruzione dolore, morte, viene mostrata dalla regista Helma Sanders-Brahms attraverso delle immagini di archivio alternate ad immagini di finzione che mostrano la distruzione all’epoca ancora esistente (inizio anni ’80). La storia è quella comune a tante famiglie dell’epoca: la divisione di marito e moglie dovuta alla guerra.

Lui sul fronte di battaglia lei a casa sotto le bombe alleate. La nascita di una figlia dà compagnia a lei ma crea anche il problema della sopravvivenza. Molto belle le immagini del parto che ci mostrano un montaggio alternato con i bombardamenti, quasi a creare una comunanza tra il dolore causato dalle bombe e quello del parto, anche se con esiti diversi: le prime causano morte, il secondo dà corso ad una vita nuova. La distruzione della casa di famiglia, spinge la giovane madre a fuggire da parenti a Berlino, dove avrà modo di rincontrare il marito, in breve licenza. Anche a Berlino le cose non cambiano, dato che la città è sotto il fuoco costante degli alleati. La donna sotto del consiglio del marito cercherà rifugio nelle campagne, ma dovrà far fronte al freddo e all’invasore che non mostrerà pietà verso la sua femminilità.

Un’esperienza che lascerà un segno indelebile nella psiche provata di Lene e che comprometterà il rapporto con il marito al ritorno di questi dal fronte dopo, dopo la fine delle ostilità. Le immagini sono accompagnate dal flusso di coscienza della figlia di Lene e Hans, Hanne, che a posteriori rivive le vicende di quegli anni e il triste destino a cui la madre, colpita da una paresi facciale, va incontro tramite il suicidio (anche se il finale della pellicola lascia aperta una possibilità di salvezza). Grande prova attoriale di Eva Mattes che impersona la forte Lene con piglio e sicurezza, riscendo a ricostruire la psicologia della donna e il suo calvario interiore. Ci colpiscono di questa pellicola la tragicità degli eventi e la compostezza con la quale i protagonisti subiscono la loro sorte.

Vi è inoltre una forte poeticità in quell’alternanza di immagini d’epoca e d’immagini di finzione, alternanza che trova il proprio apice in una sequenza nella quale la regista fa dialogare Lene con un bambino che appare nelle immagini di archivio. Altrettanto poetica è la fuga di madre e figlia da Berlino, che vede la madre impegnata con tutte le sue forze a raccontare la verità a propria figlia, sotto forma di fiabe (la fiaba dei fratelli Grimm raccontata come summa della guerra e del suo marciume). Ad accompagnare il tutto le musiche inconfondibili del compositore tedesco Jürgen Knieper, già autore delle musiche di molti film del primo Wenders.  

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