L Inquilino del Terzo Piano regia di Roman Polanski
HorrorIl giovane impiegato di origini polacche Trelkovsky trova una nuova casa in un palazzo distinto. Ben presto dovrà fare i conti con i vicini che danno vita ad una vera e propria persecuzione nei suoi confronti...
Convivere con gli altri in uno stesso luogo non sempre è facile: screzi, incomprensioni, inimicizie sono all’ordine del giorno, soprattutto se i vicini tengono alla propria tranquillità e riservatezza. Roland Topor, scrittore francese di origini polacche ha messo a tema queste difficoltà e questi problemi in un bellissimo romanzo, dal quale il geniale regista Roman Polanski ha tratto una pellicola indimenticabile. La storia può sembrare banale: un giovane impiegato di nome Trelkovsky, (interpretato dallo stesso Polanski) decide di cambiare abitazione per avere maggior spazio a propria disposizione.
Conoscenti gli hanno infatti segnalato un appartamento libero e lui si reca sul posto e prende contatti con il proprietario per la trattativa economica. Scopre che la precedente affittuaria ha subito un trauma tentando il suicidio, gettandosi dalla finestra di casa e che ora è in condizioni disperate all’ospedale. Decide di andare a trovarla ed entra così in contatto con una sua amica, Stella (interpretata da una giovane Isabelle Adjani, molto convincente). L’ex-affittuaria è appena uscita dal coma, non è in grado di parlare, ma visto Trelkovsky inizia ad urlare e la coppia deve così lasciare l’ospedale. Inizia da qui una storia intricata che ha come protagonista Trelkovsky. L’ex-affittuaria, Simone Choule, muore lo stesso pomeriggio e Trelkovsky può entrare nel nuovo appartamento, ma deve da subito fare i conti con i vicini che non tollerano alcun rumore e alcuna trasgressione delle norme della buona condotta nei rapporti di vicinato. Anche un’innocente festa tra amici può diventare motivo di litigio con i vicini.
Il giovane impiegato si troverà in grosse difficoltà, e dovrà vedersela con fenomeni inspiegabili . Ad esempio: cosa avviene nella toilette prospiciente la sua finestra? Perché i vicini si fermano per ore in bagno e sembrano fissarlo? Perché i rifiuti che sparge erroneamente per le scale spariscono non appena caduti senza che lui abbia il tempo di raccoglierli? Perché lo hanno derubato di tutti i suoi averi e dei suoi ricordi più cari, mentre lui era fuori casa? Forse per privarlo della propria identità?
Questi sono solo alcuni degli eventi sospetti che accadano nel palazzo. I vicini sembrano essere coalizzati contro di lui e contro coloro che recano disturbo alla quiete e fanno di tutto per spingerlo a seguire i passi di Simone Choule: il barista del bar di fronte, anch’egli inquilino del palazzo, gli offre cioccolata al posto del caffè e le stesse sigarette che usava la Choule; una mattina Trelkovsky si sveglia con la faccia dipinta come una donna; un’altra invece gli manca un incisivo come alla Choule. Tutto sembra cospirare perché avvenga l’irreparabile. Dapprima Trelkovsky sembra assecondare questa trasformazione e decide di agghindarsi come una donna, ma poi gli eventi lo intimoriscono e opta per la fuga. Crede di poter trovare in Stella un’amica fidata, ma ben presto si accorge che anche lei fa parte della cospirazione e così derubatala fugge e si ripara in un albergo.
Gli eventi però non lo aiutano: travolto da un’automobile scopre che alla guida vi erano dei vicini e così viene costretto con la forza a tornare nello stabile e la stessa notte segue le orme della Choule gettandosi dalla finestra di casa. Il finale ci sorprende: Trelkovsky nel letto d’ospedale vede sé stesso e Stella fargli visita ed emette così un grido beluino per la paura. C’è dunque una circolarità nell’opera (che ricorda in qualche modo la circolarità di Ascensore per il patibolo di Louis Malle) e soprattutto rimane indecifrabile e quindi aperta ad ogni interpretazione l’esatta realtà dei fatti: sono i vicini a spingerlo al suicidio o è Trelkovsky spinto da un’autosuggestione a trarre conclusioni avventate, preda di allucinazioni; Trelkovsky esiste davvero o tutta la vicenda narrata è una proiezione della mente di Simone Choule in coma? Interrogativi enormi che rendono l’opera affascinante, coinvolgente e fortemente post-moderna.
Polanski è fedele al testo di Topor per costruzione e linearità della narrazione e solo in alcuni piccoli particolari si differenzia dal romanzo (la marca delle sigarette preferite della Choule, la cioccolata presa con pane burro e non con le paste). Manca forse una maggiore continuità nelle scene che invece era più marcata in Topor . Le scene rimangono slegate e talvolta si fatica a comprendere cosa stia succedendo, ma probabilmente questo è voluto dal regista per rendere il conflitto interiore di Trelkovsky-Choule. Ci sono delle scene filmate con grande maestria anche grazie all’utilizzo della Louma. Si tratta di uno dei primi film ad essere girato grazie all’utilizzo di questa importante gru, che permette dei movimenti sinuosi e continui.
Molto belle le inquadrature della tromba delle scale, che ci ricordano un po’ con la loro forma la circolarità dell’opera e sono un richiamo manifesto alle inquadrature delle scale in Vertigo di Hitchcock. La versione italiana ci sorprende per il fatto che vede lo stesso Polanski doppia sé stesso e non sfigura per nulla in questo compito, anzi rende meglio il fatto che Trelkovsky sia un naturalizzato. Un’opera che affascina e che ci invoglia a rileggere il romanzo di Topor per scoprire il genio di un’artista a 360 gradi.
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