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R Recensione

8/10

Daguerreotype (The Woman in the Silver Plate) regia di Kiyoshi Kurosawa

Drammatico
recensione di Serenella Volpe

Jean ottiene un lavoro come assistente per (ex) fotografo  di moda, nella periferia di Parigi. Viene scelto nonostante o in particolare per la sua inesperienza per l'arte fotografica, toccherà con mano un'affascinte tecnica antica, il dagherrotipo a grandezza naturale, di cui il datore di lavoro è maestro. Il fotografo Stèphane è letteralmente ossessionato da quella che considera la "vera fotografia", continua a produrre e sperimentare obbligando la figlia (sua unica modella) a pose estenuanti che possono durare ore in posizioni forzate. Il giovane assitente inizierà a conoscere i retroscena della famiglia e i suoi fantasmi, scoprirà il perchè della fissazione dell'uomo, si innamorerà della ragazza e cercherà in ogni modo di strapparla dalla stretta della sua famiglia per permetterle di costruire un futuro senza rimanere ancorata al passato.

 

Primo film in francese per il regista Kiyoshi Kurosawa, un thriller  con sapore drammatico, dai ritmi particolari,certamente di gusto orientale, così come il concetto horror di fondo della storia. Infondo è una storia di fantasmi, anche se ogni tanto si è portati a perdere il filo del discorso, cadendo ogni tanto nel melodramma squallido, ma forse anche questo contribuisce a creare una sensazione di disagio e ansia che lascia il retrogusto anche a fine proiezione.

L'atmosfera ricreata è molto suggestiva,come scenografia,scelta degli ambienti e delle atmosfere riprodotte. Come detto i ritmi sono lenti e ansiogeni con picchi di azione, per poi ricadere nella lentezza,saltando da un punto all'altro della trama, variando molto la sfumatura della rappresentazione (si passa dal thriller psicologico, al complotto stile soap-opera, per vedere poi attimi quasi horror) mettendo un po' di confusione nella mente dell'osservatore. Certamente un effetto voluto.

Di base la storia è accattivante, ad iniziare della scelta della tecnica fotografica usata e il concetto che sta dietro, cioè il rendere "immortale" il soggetto del ritratto, immortalando appunto un'istante, lungo anche due ore, per mirare alla perfezione e al ricordo perpetuo. Niente a che fare con i vezzi dell'immagine,questa si puo' considerare una vera lotta contro il tempo, contro la morte.

Interessante è anche il confronto tra i due personaggi maschili, come specchio uno dell'altro in qualche modo,ma inconsapevoli di cio', ignari anche del fatto che nonostante le differenze,vivono sulla pelle le medesime esperienze, si scontrano con le medesime ossessioni e ne subiscono ogni influenza. Importante è il rapporto del padre con la figlia, un legame forte, asfissiante, che si nutre di dolore, rinunce e ricordi, che impedisce a entrambi di vivere realmente.

Sfaccettato, che colpisce per le sfumature piu' o meno gradevoli, lascia dei graffi e nonostante delle note stonate, non passa inosservato.

 

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