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6/10

L'Esplosivo Piano di Bazil regia di Jean-Pierre Jeunet

Commedia
recensione di Fulvia Massimi

Una mina antiuomo lo ha reso orfano di padre, una pallottola vagante conficcata nel cervello potrebbe mandarlo al creatore da un momento all'altro: il povero (ma ingegnoso) Bazil ha i suoi buoni motivi per avercela con i mercanti d'armi De Fenouillet e Marconi. Senza più una casa  nè un lavoro si arrabatta come può per le strade di Parigi, finché una "famiglia" di fenomeni da baraccone non lo prende con sé. Insieme a loro Bazil escogiterà un'originale vendetta ai danni dei responsabili delle sue disgrazie.

Per definire il credo cinematografico di Jean-Pierre Jeunet si potrebbe prendere in prestito un proverbio latino (e il personaggio di Remington se lo appunterebbe volentieri): melius abundare quam deficere. Con L’Esplosivo Piano di Bazil (ma l’originale Micmacs à tire-larigot, ovvero “pasticci a non finire”, calza decisamente a pennello), il regista francese torna agli eccessi creativi dei sui capolavori, Delicatessen e Il Favoloso Mondo di Amèlie, raccontando la surreale fiaba metropolitana di un antieroe che in quanto a tenerezza e originalità non ha nulla da invidiare all’indimenticabile sognatrice interpretata nel 2001 da Audrey Tatou.

Un eccezionale Dany Boon - reso ormai celebre anche fuori dalla Francia dal fortunato Giù al Nord (scritto, diretto e interpretato) - veste i panni (consunti) di Bazil, outsider con la passione per il cinema classico (da antologia il "ri-doppiaggio" in labiale de Il Grande Sonno) e gli innumerevoli talenti da sfoggiare in metrò, ritrovo prediletto di buskers e freaks parigini (ricordate il collezionista di fototessere?). Jeunet, deciso a sfoderare l'intero repertorio di stravaganza che lo contraddistingue, non si (e non ci) fa mancare nulla: tra contorsioniste romantiche, uomini-cannone, guardiani-guardoni, calcolatrici umane e feticisti di cimeli storici (la collezione di De Fenouillet - un ottimo André Dussollier - ha dell'inquietante), ce n'è per tutti i gusti.

Le cromie sovraccariche, esasperate dalla fotografia di Tetsuo Nagata (degno erede del tre volte candidato all'Oscar Bruno Delbonnel) e l'obiettivo deformante della macchina da presa ben si sposano con la sovrabbondanza narrativa dello script firmato da Jeunet e Guillaume Laurant: una crime-story dal sapore favolistico in cui il gusto per l'eccesso non nasconde una pungente satira anti-bellicista. "Rimbaud ha cominciato poeta ed è finito mercante d'armi" dice Marconi ai suoi furturi compratori, ma né lui né De Fenouillet - antagonisti dirimpettai come i boss rivali di Slevin - Patto Criminale - hanno l'animo sensibile del letterato. Contro di loro, grottesche macchiette da video su youtube (letteralmente parlando), Jeunet dirige il proprio sarcasmo, contrapponendo agli odiosi fabbricanti di morte uno stuolo di emarginati dal cuore d'oro e dall'ingegno sopraffino. 

Cineasta e artigiano, Jeunet fa de L'Esplosivo Piano di Bazil un'allegoria del cinema stesso, a partire dai titoli di testa in stile "vecchia Hollywood" (con le musiche di Raphaël Beau ispirate a quelle del classicissimo Max Steiner). Nella discarica popolata dalla stravagante Famiglia l'eclettico Petit Pierre realizza invenzioni e manichini danzanti con scarti da discarica, sottoponendo al vaglio di un pubblico open-minded le sue affascinanti creazioni. Ed è forse lui, ancor più di Bazil, il vero alter-ego del regista, che con i suoi accumuli meccanici alla Tinguely mira a strappare il plauso di una platea ammaliata.

Nel cast "circense" trovano posto i volti "felliniani" di alcuni attori-feticcio di Jeunet (l'immancabile Dominique Pinon e Yolande Moreau su tutti) e grazie alla verve trascinante di Boon e alle trovate geniali del regista-sceneggiatore il divertimento intelligente fa il suo corso. Ma il rischio è che il pastiche sfugga di mano e qui, a differenza de Il Favoloso Mondo di Amèlie, l'equilibrio è decisamente precario. La coerenza certo non manca: l'eccesso è ovunque, nelle immagini come nell'intreccio (persino nei momenti in cui un po' di serietà non guasterebbe), ma per restare in tema di proverbi (e rendere il nostro Remington ancora più felice), il troppo stroppia.

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alexmn 7/10

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