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6/10

Prometheus regia di Ridley Scott

Fantascienza
recensione di Federico Gnesini & Alessandro Giovannini

L'astronave Prometheus atterra su un remoto pianeta alla ricerca dei misteriosi Ingegneri, una razza superiore di umanoidi che ha fecondato il pianeta Terra con i primi semi di vita e creato l'Uomo a sua immagine e somiglianza. Della ciurma fanno parte, fra gli altri, Elizabeth Shaw (Noomi Rapace) archeologa col vizio della religione, non a caso figlia di missionario, il suo compagno Charlie Holloway (Logan Marshall-Green, ovvero il sosia di Tom Hardy) scienziato fondamentalista e militante, e l'androide David (Michael Fassbender). Vigila su tutti l'ambigua Meredith Vickers (Charlize Theron), rappresentante della Weyland-Yutani, la compagnia che ha finanziato la missione. Niente va come previsto. E, come da copione, shit happens.

Federico Gnesini (voto 6):

"Prometheus è atterrato" afferma il capitano dell'astronave Idris Elba in una delle numerose clip centellinate nel corso degli ultimi mesi. Ed è atterrato davvero, Prometheus, nelle sale di mezzo mondo (l'Italia è rimandata a settembre, anzi a ottobre) catalizzando opinioni discordanti. L'attesa era alle stelle (pun intended), il marketing virale aveva infettato il web già  all'inizio dell'anno. Il ritorno di Ridley Scott alla fantascienza era motivo di giubilo per ogni buon cinefilo che si rispetti. Poi le luci si spengono, il film ha inizio, partono riprese aeree dell'idilliaca natura islandese a fare da sfondo ai titoli di testa.

Potrebbe quasi sembrare Malick, non fosse per il 3D e l'aereo e incalzante dinamismo delle inquadrature. Due ore e quattro minuti dopo, un solo pensiero: troppe aspettative, forse. Il problema di Prometheus è di ordine filosofico ancora prima che filmico. E' come se Scott non avesse trovato una sintesi accettabile fra la tensione molto anglosassone a una fantascienza antropocentrica che scandaglia l'essere umano e la sua natura (Philip K. Dick in primis) e una science fiction di matrice, per così dire, copernicana, la fantascienza dei seminali Stalker e Solaris (entrambi romanzi e film sovietici) dove gli uomini sono in balia di un cosmo indifferente e il contatto con forme di vita più evolute è vanificato dall'impossibilità  di comprendersi e comunicare sullo stesso piano. Insomma, stretto fra blocco sovietico e statunitense, Scott ha optato per una neutralità  elvetica.

Con risultati incerti. Solo Kubrick e Arthur C. Clarke con l'epopea di 2001 sono riusciti nell'impresa di creare un ibrido vincente, una fantascienza umanista che arriva a smentire Darwin senza sacrificare una sana laicità  di fondo. Dal canto suo, Prometheus inanella molteplici passi falsi, a partire da un'eroina assolutamente inadeguata nella scandinava Noomi Rapace, ex Lisbeth Salander, sempre legnosa, sempre sopra le righe, sempre impegnata a simulare un accento british poco convincente. Bocciata. Colpa della barriera linguistica? Comunque niente a che vedere con la mitica Ripley di Sigourney Weaver. Ottimi Fassbender, nei panni dell'androide umano-troppo-(poco)-umano David col pallino di Lawrence d'Arabia, e il capitano della nave Idris Elba. Sottoutilizzata la bravissima Charlize Theron, alle prese con un personaggio abbandonato a se stesso. Comparsata di Guy Pearce sotto due dita di make-up pratico e digitale che lo fanno assomigliare al vecchio Biff di Ritorno al futuro parte II.

Colonna sonora di servizio e spesso invadente. Dimenticate i tesi silenzi di Alien, quelle partiture sonore di effetti diegetici, da sirene di avaria a conti alla rovescia, e campionari di gocciolii, ticchettii e respiri affannosi. Nella sceneggiatura troviamo lo zampino di Damon Lindelof, co-creatore del fenomeno Lost. E come gli umani del film hanno ereditato il loro patrimonio genetico dagli Ingegneri alieni, così Prometheus pare assorbire da Lost una congenita propensione all'inconcludenza. Prometheus è un film ingenuo e irrisolto: narrativamente tronco, spesso disarmante e inetto nella scrittura. Come in Lost le risposte sono rimandate sempre alla prossima puntata. Ma se in un serial TV il gioco può funzionare, in ragione di un racconto multilineare, esploso e protratto nel tempo, in un lungometraggio da cinema mostra subito la corda. O la malafede degli autori. It's all part of the plan dichiarava il Joker di Heath Ledger nel secondo capitolo della trilogia di Batman diretta da Christopher Nolan.

Ecco, in Prometheus il piano è non pervenuto. E forse proprio della mano di Nolan avrebbe beneficiato il film, un regista/sceneggiatore-architetto (Ingegnere?) che proprio sulla coesione degli intrecci e i puntuali giochi di specchi ha costruito la sua fama di intrattenitore delle masse. Perchè in Prometheus gli scompensi logici sono tanti e si sentono. La sceneggiatura è crivellata di micidiali buchi narrativi, i personaggi agiscono senza alcuna coerenza e il ritmo arranca in più occasioni. Per non parlare del finale inconcludente che dribbla i quesiti posti in precedenza per rifugiarsi in un telefonato (e, francamente, offensivo) cliffhanger in attesa del secondo capitolo. Enorme caduta di stile. Creazionismo ed evoluzionismo, scienza e fede, la ricerca di risposte ai quesiti fondamentali dell'essere umano. Non è l'ambizione che difetta a Prometheus. Il titolo rimanda ad archetipi da mitologia pagana, ma l'humus del film è tutto intriso di morale giudaico-cristiana, ed evoca paturnie da punizione divina (traslate in un plot point vero e proprio) senza mai prendere di petto la questione e assestandosi su posizioni decisamente concilianti (e innocue).

C'erano i presupposti per una sinfonia spaziale di proporzioni epiche: curioso, invece, che il film si regga su una più prosaica impalcatura horror mutuata di peso da uno dei capolavori di Lovecraft (non accreditato) The Mountain Of Madness. E forse non è un caso che Prometheus funzioni al meglio quando il retaggio di Alien affiora in superficie, le chiacchiere latitano e la tensione esplode cristallizzandosi in immagini brutalmente affascinanti, feroci e raffinate allo stesso tempo. Di prim'ordine, a tal proposito, il contributo dei reparti tecnici: sul piano figurativo Prometheus convince e appaga senza riserve. Anche il 3D risulta meno molesto del solito, anche se nulla aggiunge al trip caleidoscopico messo in piedi da Scott & company. Una sequenza da antologia: un parto cesareo autoprocurato, parzialmente in soggettiva. Sir Ridley aveva promesso una scena che tenesse testa alla nascita della creatura dal petto di John Hurt nel primo Alien. Almeno su questo, ha mantenuto la parola data.

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Alessandro Giovannini (voto 5):

Sono passati trent'anni abbondanti dal primo Alien, ma la sua fama è ancora alta anche nelle più recenti generazioni cinefile. Il franchise di Alien conta film, libri, videogiochi, fumetti, ed ha rastrellato centinaia di milioni di dollari in tutto il mondo. Poteva Ridley Scott, passati i settant'anni di età e gli innumerevoli successi al botteghino, non tornare alla saga che gli ha garantito fama mondiale? Da estimantre della saga quale sono l'attesa era forte, e la delusione per un prodotto malfatto è stata considerevole. In verità Scott ha saggiamente evitato di proporre in cartellone un "Alien 5", peferendo realizzare qualcosa di diverso che avesse solo qualche legame tangenziale con la nota saga fantascientifica. Così in questo film, sorta di prequel ambientato 30 anni prima del capostipite della saga, non troviamo personaggi già conosciuti, nè la minaccia aliena così come siamo stati abituati a conoscerla. Lungo le due ore di durata del film conosceremo invece un equipaggio tutto nuovo, alla ricerca di qualcosa che, se trovato, sconvolgerebbe la nostra esistenza: il creatore dell'uomo. Il sospetto dei due archeologi protagonisti è che i nostri artefici siano i membri di una civiltà extraterrestre che ci ha abbandonato al nostro destino per oscure ragioni, e l'intenzione è quella di scvarli e chiedergli conto del loro operato. Ovviamente ciascun personaggio affrotna la missione a modo suo: chi rifiuta in toto la possibilità o la volontà di sapere chi ci abbia creati, chi, forte della sua fede cristiana, tenti in ogni caso di far rientrare l'esistenza di specie extraterrestri nella logica di un disegno divino, e chi non si pone questi problemi in quanto cyborg (è il caso di David, intepretato da un glaciale Michael Fassbender). Se la prima metà del film è affascinante per le sue ambientazioni (esterni girati prevalentemente in Islanda; interni costruiti in studio e ripese filmate con videocamere Red Epic 3D), la seconda, con la comparsa di creature aberranti ricade negl istereotipi della saga, ed in particolare in un'imitazione pedissequa del primo film, cioè di quello realizzato dallo stesso Scott. Si ricalcano alcune battute, le dinamiche degli eventi assumono identici sviluppi (questo in tutto il film, per la verità...), persino la parte finale è sostanzialmente identica, in un revival del già visto che lascia abbastanza basiti: sono serviti trent'anni al regista ed ai suoi sceneggiatori Jon Spaihts e Damon Lindelof per giungere alle stesse (in)conclusioni del primo film? L'operazione fotocopia è insomma quantomai palese, anche nella scrittura dei personaggi: Noomi Rapace prende il posto di Sigourney Weaver nell'impersonare una donna comune che da semplice ricercatrice diventa eroina combattente; Fassbender è il solito cyborg dal comportamento ambiguo, erede dei ruoli precedentemente ricoperti da Ian Holm e Lance Henriksen; il resto della ciurma è poco più che carne da macello, ed anche Theron e Pearce hanno parti che non permettono loro di esprimersi granchè. E' un film che attraverso un imponente apparato tecnico (è uno dei pochi film in cui il 3D funziona e non scurisce l'immagine, grazie ad una color correction operata in post-produzione) e scenografico (con un design ambientale in continuità con le suggestioni visive proposte da Giger e Rambaldi nell''episodio progenitore) propina estetiche viste e riviste in tre decenni di alieni, termina il tutto con un finale aperto che chiarisce poco e lascia più dubbi di prima (porta aperta ad un sequel? Credo di sì) e tenta di nobilitare il tutto con trite interrogazioni sui massimi sistemi cui non si offrono risposte particolarmente originali nè approfondite.

Deludente.

 

V Voti

Voto degli utenti: 6,3/10 in media su 12 voti.

C Commenti

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tramblogy alle 9:39 del 17 giugno 2012 ha scritto:

Cavolo che delusione.....ma non l'ho visto....

tramblogy alle 11:36 del 26 agosto 2012 ha scritto:

Comunque esce a settembre...per fortuna ...

brianzimsky alle 14:28 del 15 settembre 2012 ha scritto:

assolutamente d'accordo, gli attori buoni sono stati sprecati e la protagonista è espressiva come un mal di testa al mattino, quasi peggio delle banalità da catechismo purtroppo ricorrenti.

tramblogy alle 23:42 del 26 settembre 2012 ha scritto:

Bruttino