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4/10

Emotivi Anonimi regia di JEAN-PIERRE AMERIS

Commedia romantica
recensione di Alessandro Giovannini

Francia. Jean-René (Benoît Poelvoorde), cioccolataio proprietario di una piccola fabbrica artigianale, è iper-motivo, costantemente ansiogeno. Il suo medico gli suggerisce quindi di instaurare una relazione con una donna. L'occasione si presenta con l'assunzione della nuova addetta alle vendite, Angélique (Isabelle Carré), anch'ella iper-emotiva e segreta mastro-cioccolataia, preda di attacchi di panico e svenimenti se oggetto di eccessive attenzioni da parte di altri e frequentatrice assidua del circolo degli emotivi anonimi. Fra i due scocca la scintilla.

Chi ricorda Benoît Poelvoorde solamente per il suo esordio del 1992 Il Cameraman e l'Assassino, che egli stesso aveva co-diretto assieme a Rémy Belvaux (1966-2006) e André Bonzel, farà effetto scoprire il suo talento comico in questa commedia molto francese, tutta canzoncine e sorrisini, diretta da Jean-Pierre Améris, iper-emotivo che ha riversato molto del proprio vissuto nel tratteggio delle psicologie traballanti dei due protagonisti.

Un film svelto, conciso, prevedibile nel suo sviluppo da favola romantica, che non si discosta mai da binari già noti e sfrutta i topoi classici di questo genere di produzioni: equivoci, doti nascoste dei personaggi che emergono durante il corso della narrazione, personaggi di contorno più utili a fare numero che a fornire spunti narrativi interessanti. La pellicola, di cui raccomando la visione in lingua originale, sicuramente più incisiva di quella doppiata (le parti cantate comunque sono rimaste quelle originali), procede fra gag più o meno riuscite e sviluppi più o meno divertenti fino allo scontato finale. Tutto si regge sull'affiatamento dei due attori protagonisti e sulla loro mimica.

Se è vero che da una commedia sentimentale è forse illecito aspettarsi una trama particolarmente elaborata, più discutibile è l'approccio registico all'insegna dell'astrazione, del surrealismo, della programmatica scarsa attinenza alla realtà della vicenda che appare un po' fuori dal tempo e dallo spazio, depotenziando un tema che invece sarebbe stato interessante da approfondire nei suoi contesti concreti, soprattutto in virtù del fatto che si tratta di un disagio poco conosciuto e trattato al cinema, di cui il regista e la stessa attrice Isabelle Carré hanno sofferto in gioventù.

Rimane un vacuo passatempo, accompagnato da una gradevole colonna sonora fra cui spicca un'Oci Ciornie cantata in scena da Poelvoorde.

Superfluo.

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