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9/10

Zero Dark Thirty regia di Kathryn Bigelow

Thriller
recensione di Alessio Colangelo

Un gruppo di Navy Seals aiutati dall'intelligence americana scovano e uccidono Osama Bin Laden nascosto nella sua casa superblindata ad Abbottabad in Pakistan.

La grande capacità di Kathryn Bigelow è quella di mettere in scena il conflitto, non si tratta però solo di conflitto bellico, ma anche e soprattutto di quello interiore dell’uomo. Sempre in lotta tra il loro lato bestiale e quello umano, i personaggi rappresentati negli ultimi film della regista hanno compiuto delle scelte: che si tratti dello sminatore di The Hurt Locker o dell’agente della Cia di questo ultimo lungometraggio, la decisione è sempre stata quella di insistere, di continuare a lottare. La “guerra è una droga”: è il motto dello sminatore temerario ed anche in questo film, nonostante il protagonista sia femmina, troviamo lo stesso elemento “guerreggiante” proposto non solo a livello di sceneggiatura, ma anche in tutte le componenti stilistiche assumendo i caratteri dell’ipercinetismo postmoderno alla Call of Duty. Non è un documentario quello della Bigelow, ma un prodotto che ibrida tutti gli oggetti visivi mescolando i device  tecnologici ormai fondamentali per l’intercettazione del target. L’obiettivo sensibile è, questa volta, il nemico pubblico n.1 per l’America, Bin Laden, ricercato per un decennio dalla CIA. La regista mostra tutte le azioni militari e di intelligence, non lasciando nulla per scontato: ci sono le torture dei prigionieri nelle innumerevoli Guantanamo e Abu Ghraib sparse nel mondo; ci sono le collaborazioni con i servizi segreti di tutti i paesi; ci sono le riunioni a Langley  e  infine c’è un plotone d’élite proveniente dall’Area51 che viene mandato in missione in Pakistan per uccidere Bin Laden nascosto nel suo compound. Quello che non ci viene mostrato è proprio il volto di Bin Laden, così come nella realtà, la sua identificazione da parte dei marines viene lasciata ad un paio di fotografie che lo spettatore non riesce a vedere chiaramente; fanno letteralmente sparire il cadavere nascondendo per prima cosa le immagini, che avrebbero un potere di veridicità superiore alla realtà. Gli interrogativi  restano aperti in una missione segreta che afferma un tipo di giustizia arcaica, molto simile alla vendetta “privata”, una liberazione per l’intelligence e per la politica americana da troppo tempo occupata a trovare “l’Asso di Picche” (ecco un’ altra strategia per oscurare l’immagine sostituendola con una carta da gioco).

Il film, nonostante la sua lunga durata di oltre due ore e mezza sembra durare poco: le scene sono veloci e lo spettatore è sempre in attesa di una risoluzione che arriverà solo nel finale.

Il sonoro, talvolta un po’ troppo martellante, è caratterizzato dagli improvvisi scoppi delle bombe terroristiche o dalle cariche piazzate sulle porte del compound dello sceicco saudita.          

      Kathryn Bigelow si conferma una regista polivalente, capace di offrire ottimi momenti spy-action uniti ad un cinema maggiormente “d’impegno”.

V Voti

Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 2 voti.
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alexmn 6/10

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