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8/10

Sotto Le Bombe regia di Philippe Aractingi

Guerra
recensione di Enzo Barbato

Il racconto fedele e crudo di una delle ultime battaglie dettate dalla follia e dal fanatismo mediorientale che hanno martoriato il Libano. Fino a quando a pagare sono innocenti cittadini tutto è concesso, in nome di una religione. Se così può intendersi...

Libano. Una delle tante guerre che hanno contribuito alla distruzione di un paese.

Zeina, una donna fresca di separazione, è alla ricerca della sorella e del figlio, ingoiati dal turbine violento del conflitto con Israele. Tutti i tassisti, più superstiti che disponibili, declinano ogni invito ad accompagnarla. Al massimo verso nord, a Damasco, dove sembra ci sia un attimo di tregua. Un buon pacchetto e a prezzo accessibile per guadagnare sia il pane che la benzina, fondamentali entrambi per la vita di un tassista in uno dei paesi più martoriati dall’oppio dei popoli e non solo.

Dopo tanti dinieghi e brevi inviti a rinviare il suicidio, verso il non rispettato “cessate il fuoco” del sud libanese, spunta Tony, un brioso tassista con un fardello familiare non proprio leggero sulle spalle. La vecchia Mercedes bianca del 1975, modello “zingaro arricchito” parte alla volta di Kherbet Selem. Non sarà facile, purtroppo. Per niente.

Sulla strada lunga e tortuosa, tanto per parafrasare una celebre canzone, gli occhi dei protagonisti dovranno, come una congiura, incrociarsi con case crollate, villaggi cancellati, sguardi congelati e strade bruscamente interrotte dai terribili ordigni piovuti dalle nuvole di ferro israeliane. Con il passare dei chilometri il rapporto tra il conduttore e la passeggera, grazie alla fusione di drammatiche esperienze familiari, si riscalda e si fortifica, detronizzando un iniziale cinismo del primo e una comprensibile diffidenza dell’ultima. A tratti si riesce anche a sorridere, quando Tony cerca di rompere il ghiaccio sciorinando prima una serie di anonimi cantanti del posto, finendo poi per inserire, nell’autoradio di ordinanza, una fin troppo usurata cassetta di ripetizioni di tedesco. Oppure quando improvvisa una strampalata danza nell’atrio di un albergo. Troppo presto però, i sorrisi affogheranno nelle lacrime impossibili da trattenere nell’intermezzo bastardo, per non parlare del finale ancora peggiore.

Buon lavoro del documentarista francese Philippe Aractingi, che dirige un “instant-movie” fin troppo reale. Girato in poco tempo e con un budget non proprio eccezionale, il regista si reca, con indubbio coraggio, sui luoghi della guerra in corso, per mescolare la realtà dei fatti con una abile ma non incongrua finzione. Azzeccata la scelta di utilizzare solo due attori professionisti, la bellissima Nada Abou Farhat e il simpatico Georges Khabbaz, al fine di rendere film ciò che senza di loro sarebbe stato un altro documentario. A volte si riconosce la tecnica tagliente di quest’ultimo, in quanto molte scene e molti dialoghi sono stati improvvisati con gente del posto e l’ausilio di una maneggevole telecamera a spalla, ma ciò fortunatamente non riesce a danneggiare la struttura dell’opera.

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