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3/10

W La Foca regia di Nando Cicero

Commedia Sexy
recensione di Leonardo Romano

Il film narra delle numerose (dis) avventure di Andrea, infermiera veneta presso il dottor Patacchiola (la cui famiglia è decisamente squinternata), che, smesso il camice da infermiera, tenta anche la fortuna in una tv privata per poi arrivare a diventare direttrice di una clinica per dimagrire. Il tutto mentre fa da balia a una foca vinta ad un concorso fotografico.

RECENSIONE DI MARCO GIUSTI (vera…o presunta!)

Un film che è un cult fin dall’allusivo titolo (che, tra l’altro, gli costò il sequestro ad appena due settimane dalla sua uscita e ne decretò l’ostracismo dagli schermi televisivi per vent’anni). Il grande Nando Cicero imbastisce con pochi mezzi un film-barzelletta che si avvale della presenza massiccia di quella forza della natura che è il mai troppo compianto Bombolo, di una fulgida Dagmar Lassander, di una Michela Miti finta ingenua ninfomane, di un simpatico Riccardo Billi, l’indimenticabile nonno di Pierino (forse un po’ sottotono, ma comunque sempre divertente), ma soprattutto di una Lory Del Santo fresca, giovane e maliziosamente piccante (nonché reduce dal successo di “Tagli, ritagli e frattaglie”, epico varietà arboriano, in cui interpretava il ruolo della sexy archivista che andava a scovare pezzi d’archivio nelle teche Rai).

Sicuramente sgangherato nella confezione e girato interamente in presa diretta (il che contribuisce non poco a rendere l’idea di approssimazione, vista la poca perizia tecnica con cui il tutto è realizzato), il film ha più di uno sprazzo surreale (raggiunto dalle indisposizioni intestinali della foca nonchè dalle occasionali intrusioni di un Franco Bracardi in veste di barbone infoiato) e riesce comunque ad ottenere il massimo risultato col minimo sforzo produttivo.

Piccola curiosità: nella scena del treno, ad interpretare una ragazza senza biglietto, possiamo trovare una giovanissima Moana Pozzi non ancora diva dell’hard e con un’immagine assai diversa da quella che l’ha resa immortale.

Una comparsata che potremmo definire quasi “ad majora”.

RECENSIONE MIA (questa, sì che è VERA!)

Imbarazzante fin dal titolo, fantozzianamente, la potremmo definire “una cagata pazzesca”!

Un filmaccio sgangherato, idiota, inutile (se non addirittura nocivo!), in cui tutto sembra essere improvvisato da dei patetici guitti falliti.

Recitazione, regia, sceneggiatura, fotografia e colonna sonora - ovviamente, tutto di infimo livello - sembrano esser goffamente assemblati da un branco di dilettanti, con un esito imbarazzante se non addirittura indecoroso (l’episodio delle indisposizioni intestinali della foca è forse il nadir assoluto del cinema non solo italiano, ma addirittura mondiale!).

Il film è un insopportabile collage di barzellette scipite, stupide, volgari e vecchie come il cucco (vecchie già trent’anni fa!), che ci fanno seriamente mettere in dubbio qualsiasi teoria darwiniana in merito all’evoluzione della specie.

Il cast è un stupefacente concentrato di cialtroni privi di talento. Donne, in primis!

Lory Del Santo è, come al suo solito, inespressiva, odiosa e di un’antipatia terrificante. Dagmar Lassander è semplicemente atroce. Michela Miti, pessima come sempre.

Bombolo, che almeno nella serie del Monnezza di Tomas Milian strappa la risata, non fa altro che lasciarsi andare alla sua usuale fiera campionaria di smorfie viste e riviste, risultandoci alla lunga stucchevole. Riccardo Billi è semplicente la triste ombra di se stesso.

Ma, fra tante cose brutte, la palma del peggiore spetta sicuramente a Nando Cicero, regista assai mediocre che ha saputo confezionare al massimo filmetti trascurabili (ad esempio, quelli per Franco e Ciccio) se non addirittura orripilanti commediacce di quart’ordine, in cui le docce della splendida Edwige Fenech la facevano da padrone.

Nel caso di W la foca, sembra fare una totale e sconsolata cessione di sovranità nei confronti del suo cast, lasciando girare tutto a ruota libera. Se non addirittura, a vuoto.

Solo il becero “stracultismo” di questi anni, sicuramente frutto di un provincialismo culturale che ci fa venerare come il Vangelo qualsiasi demente esternazione uscita dalla bocca di Quentin Tarantino (nonché del crollo delle ideologie e di un conseguente deterioramento del gusto nei sedicenti “intellettuali”), poteva imbarcarsi nel recupero di un simile impiastricciamento di pellicola che per convenzione dovremmo definire “film”.

Mi si potrà controbattere: “Ma questo film è stato anche proiettato alla Mostra del Cinema di Venezia, nella sezione “Storia Segreta del Cinema Italiano - Italian Kings of the B’s”, nel 2004!”.

A parte che un’iniziativa così balzana non sarebbe potuta uscire fuori se non dalla scatola cranica di quel rintronato di Tarantino e quindi solo questo basterebbe già a screditarla, rispondo limitandomi a  citare il buon vecchio Paolo Poli: “Anche il nazismo fu un grande successo di pubblico, ma non è detto che fosse una cosa buona”.

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