Chitty Chitty Bang Bang regia di Ken Hughes
CommediaCaractacus, strampalato inventore senza un soldo in tasca, tenta di vendere i Toot Sweets, deliziosi bon bon, all'industriale Scrumptious, ma senza successo. Senza perdersi d'animo inventa una meravigliosa auto, Chitty Chitty Bang Bang, con la quale - assieme ai suoi due figli e a Stella, figlia di Scrunptious - vivrà fantastiche avventure in un regno lontano. Anche se il viaggio era solo un sogno, le nozze con Stella diventeranno realtà.
Prendete uno dei protagonisti di “Mary Poppins” (il dinoccolato Bert, Dick Van Dyke. Però molti anni prima che diventasse un detective in corsia), prendete i due compositori di “Mary Poppins” (i fratelli Sherman, insigniti del premio Oscar appena pochi anni prima) e per logica dovreste avere un altro “Mary Poppins”, no?
Mah… Purtroppo avete fatto i conti senza l’oste.
Basato abbastanza liberamente su un romanzo di Ian Fleming (il padre della ben più fortunata saga di James Bond), il film ha un difetto piuttosto marchiano per poter essere appaiato al suo modello di fiaba musicale per bambini con protagonista la più famosa bambinaia canterina della storia del cinema: è semplicemente inconsistente.
Il che non vuol dire che questo musical sia disprezzabile (anche se le musiche degli Sherman, benchè gradevoli, non son proprio memorabili ad esser sinceri), però lascia una sensazione di una qual certa vacuità, di aver perso un paio d’ore, in sostanza: principalmente perché questa fiaba musicale è troppo infantile e sciocchina per poter piacere in modo incondizionato una volta messo piede nella scuola dell’obbligo: trama troppo fantasiosa, leggerina, un po’ troppo piagnucolosetta, che non ha nient’altro da offrire se non una sequela di avventurette amene ma prive di sostanza (quindi con un approccio mille miglia lontano da quello di “Mary Poppins” in cui la superficie fantastica nascondeva qualcosa di molto più profondo: non a caso "Mary Poppins" è diventato un classico ancora vivo nella nostra memoria, mentre "Chitty Chitty Bang Bang" è un ricordo sbiadito perfino per i bambini degli Anni '60).
Comunque questo filmetto può divertire a tratti con le sue musiche orecchiabili, ma non ti cambia certo l’esistenza. Comunque siamo di fronte a un musical non disprezzabile che, seppur zoppicando ogni tanto, arriva senza grandi intoppi alla fine (in più può fregiarsi, nella versione italiana, di un doppiaggio di gran lusso: la CDC permettersi di squadernare sempiterni talenti come Maria Pia Di Meo, Cesare Barbetti, Oreste Lionello, Carlo Romano e Rosetta Calavetta – nei dialoghi – e altrettanti mostruosi talenti come l’immortale Tina Centi in una delle sue interpretazioni più spiccatamente sopranili della sua carriera e il bravissimo e come al solito levigato Gianni Marzocchi).
Per quanto riguarda gli attori, Dick Van Dyke è simpatico e dinoccolato come al solito, ma il suo ruolo non gli permette di lasciare un’impronta indelebile come gli è successo pochi anni prima con lo spazzacamino Bert. Stesso discorso vale per Sally Ann Howes – carina, canta come un angelo (non a caso sostituiva Julie Andrews come Eliza in “My Fair Lady” a teatro, quindi ci voleva qualcuna con un po’ di talento per non farla rimpiangere) – ma anche per lei vale lo stesso discorso fatto per Dick Van Dyke: ruolo non particolarmente memorabile che le tarpa un po’ le ali. Piccola curiosità: nel cast, in un ruolo secondario ma non marginale, c’è un giovane Benny Hill (camuffato da vecchietto e doppiato da un Oreste Lionello passato da Dick Van Dyke al comico inglese), qualche annetto prima che da noi diventasse famoso per le sue comiche lanciate dal trampolino del “Drive In” dell’orrido Antonio Ricci.
Comunque è un film che si può vedere. Senza farsi troppe aspettative, però.
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