A Intervista a Giovanni Veronesi

Intervista a Giovanni Veronesi

Il 22 novembre scorso Giovanni Veronesi ha presentato il suo ultimo lavoro, L'ultima ruota del carro, al pubblico del Cinema Odeon di Bologna.

Il film, presentato in apertura del Festival di Roma, narra la storia di Ernesto Fioretti, autista del regista toscano, la cui vita umile e ai margini della società ha attraversato un trentennio di storia italiana.

Con l'occasione abbiamo incontrato Veronesi per una breve intervista prima della proiezione.

Come è nata l'idea del film?

L'idea è nata perché una persona mi ha raccontato la sua vita. Non avrei mai fatto un film del genere se non fossi rimasto folgorato dalla storia di questa persona che è apparentemente molto semplice, molto normale, ma che secondo me rappresenta la storia di tutti gli italiani degli ultimi trent'anni. Tra l'altro si trattava di una persona che conoscevo già da cinque – sei anni, per cui mi è risultato ancora più faticoso entrare nella logica di farci un film perché mi sembrava di aver perso tempo, non avendogli mai domandato della sua vita. Il film nasce, quindi, dalla voglia di raccontare qualcosa di diverso da quello che avevo sempre raccontato, ma senza velleità autoriali perché comunque mi piace fare cinema di intrattenimento. Questa volta, però, l'ho fatto con un'accortezza in più perché, essendo una storia vera, dovevo avere maggiore rispetto verso quello che stavo raccontando.

Quanto c'è di vero e quanto c'è di inventato?

95% di vero e 5% di inventato. Ho modificato solo alcune date per far quadrare la storia.

Ha pensato subito ad Elio Germano come protagonista? Come è stato tornare a lavorare con lui dopo dieci anni da Che ne sarà di noi?

Ho pensato subito a lui, l'ho chiamato e gli ho parlato del progetto perché senza di lui non avrei mai fatto questo film. Lui mi ha detto che prima di decidere voleva conoscere Ernesto. E' andato a cena con lui e la sua famiglia, poi mi ha telefonato e mi ha detto “Ernesto è mio”. Elio è un attore completo, ha tutte le carte della recitazione, sia i tempi comici che i tempi drammatici, entra dentro il personaggio come una macchina da guerra. Basta che tu sappia dargli le giuste indicazioni e lui ti dà il massimo.

Come ha scelto Alessandra Mastronardi per il ruolo di Angelina, la moglie di Ernesto?

Stavo facendo provini ad attrici italiane e la mia compagna, Valeria Solarino, mi ha consigliato di guardare una puntata dei Cesaroni. Io ho detto di no. Lei ha insistito dicendo che Alessandra Mastronardi era l'attrice adatta per il film. Io ho detto di nuovo di no, ma poi di notte, furtivamente, ho guardato le repliche dei Cesaroni e, in effetti, ho notato che Alessandra Mastronardi aveva questo candore alla “Poveri, ma belli”. Ho deciso di farle fare un provino, sebbene fossi ancora molto scettico. Al provino ha sbaragliato tutte. Ha fatto un provino con Elio veramente molto forte. Io ed lui ci siamo guardati e ci siamo detti “Sarà dura dire di no a questa ragazza”. La cosa peggiore è che mi sono infognato con i Cesaroni!

Pensa che la storia di Ernesto potrà essere raccontata tra trent'anni? Ci saranno ancora italiani come lui?

Io spero che lo zoccolo duro degli italiani, quelli onesti, che pagano le tasse, che ancora si indignano, ma che non sono violenti, che sono persone per bene, siano un trampolino di lancio per le nuove generazioni. E' chiaro che negli ultimi trent'anni gli italiani non sono stati di esempio per le generazioni future. I ragazzi che oggi hanno venti, venticinque anni sono nel caos totale, anche quelli che hanno vissuto in famiglie illuminate che gli spiegavano cosa stava accadendo.

In qualche modo le considero generazioni perdute. Ma io conto molto su quelli che hanno dieci – dodici anni e che domani governeranno il nostro paese. Anche la politica si sta un po' rinnovando. Quando ero ragazzo, i politici avevano almeno cinquant'anni. Oggi, invece, un trentotenne come Renzi rischia di diventare Presidente del Consiglio. È in atto un ringiovanimento, per cui diciamo che, man mano che si andrà avanti, i giovani avranno maggiore peso. E magari tra trent'anni un quattordicenne diventerà Presidente del Consiglio.

Come è stato presentare il film in apertura del Festival di Roma?

Non sono avvezzo a presenziare ai Festival. Io sono un regista a cui piace avere numeri, fare gli incassi, riempire le sale, avere gente che ride. Però, fare questo film che sentivo più mio e più sincero mi ha dato un'emozione diversa. Quando mi hanno detto che avrei presentato il film all'apertura del Festival di Roma, mi sono detto: vedi alla fine, quando invecchi, quando arrivi ad un punto in cui sei uno dei più vecchi della tua generazione, tutto può cambiare. Io ho sempre litigato con i critici, ma siamo invecchiati insieme. E alla fine i critici mi conoscono meglio di quanto credessi.

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