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8/10

In Darkness regia di Agnieszka Holland

Drammatico
recensione di Fabrizia Malgieri

Per far quadrare i conti familiari, l’ispettore fognario Leopold Socha ruba nelle case dei ricchi e nelle case degli ebrei, costretti inizialmente nel ghetto e poi uccisi dai nazisti. Avvicinato da un vecchio compagno di cella, l’ufficiale ucraino Bortnik, gli viene promessa una lauta ricompensa se troverà e denuncerà alla Gestapo gli ebrei sfuggiti ai rastrellamenti. Nascosti undici di loro in un settore angusto delle fognature, in cambio di cibo e silenzio, Leopold ricava profitto e benessere, anche se i tempi duri della guerra ammorbidiscono il suo cuore.

 

«E quindi uscimmo a riveder le stelle.»

(Canto XXXIV, Divina Commedia – Dante Alighieri)

 

Un orrore a cui non avremo mai la forza di abituarci. In Darkness di Agnieszka Holland (Il Giardino Segreto, Poeti dall’Inferno) torna ad indagare una delle pagine più atroci e drammatiche della storia dell’umanità: la terrificante esperienza della Shoa e la difficile riconciliazione alla vita dei superstiti dell’epoca. Tratto dal romanzo “Nelle fogne di Lvov” di Robert Marshall, la pellicola non indugia a raccontare il Male Assoluto e i lati più oscuri dell’essere umano. Come un moderno Caronte, Socha traghetta undici anime dai meandri più profondi e luminosi dell’Inferno (il ghetto del mondo al di sopra) ai bui cunicoli di una Leopoli sotterranea, ventre materno che accoglie e protegge coloro i quali non hanno più diritto, secondo alcuni, alla vita.

Attraverso una fotografia molto curata e un sapiente uso della luce (noi, come le anime silenziose dell’underground polacco, saremo costretti a strizzare gli occhi per la troppa luce dell’esterno più di una volta), la Holland restituisce al tempo stesso tragicità e speranza, orrore e redenzione, senza trascinare lo spettatore in facili buonismi e dietrologie. Grande motore narrativo è il personaggio di Socha (Robert Wieckiewicz), incarnazione delle angosce e dei valori assoluti che caratterizzano l’essere umano, in bilico tra l’essere carceriere mostruoso ed eroico salvatore. Caricato di atmosfere apnoiche, In Darkness rilegge la Storia che vorremmo dimenticare, ma che prepotentemente  risale dalle viscere della Terra. Perché Socha, più vicino al Virgilio dantesco, riporta alla luce, stringendola tra le braccia, la più piccola delle anime tormentate del sottosuolo.

 

A rivedere le stelle e a sperare, ancora e ancora.

 

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