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5/10

Travolti dalla Cicogna regia di Remi Bezancon

Commedia
recensione di Fabrizia Malgieri

Barbara e Nicolas vivono a Parigi e la passione comune per il cinema li fa incontrare. Giovani, spensierati e innamoratissimi conducono la tipica vita della coppia senza figli. Lui ne desidera uno, Barbara resta incinta e l'evento sconvolgerà la sua vita affettiva, sessuale e familiare.

Tratto dal romanzo Lieto evento di Eliette Abécassis, Travolti dalla cicogna di Rémi Bezançon (The First Day of the Rest of Your Life) è tutt’altro che una ventata di aria fresca nella lunga filmografia dedicata alla maternità. Tralasciando la scelta infelice del titolo – ma si sa, l’adattamento italiano ha fatto proposte ben peggiori nel suo passato – la pellicola si rivela una detestabile accozzaglia di clichès: una coppia idilliaca composta dai due giovani, belli e disoccupati Barbara (Louise Bourgoin) e Nicolas (Pio Marmai), travolti da una creatura (voluta!) e calati in un mondo fin troppo edulcorato rispetto alla cruda realtà a cui sono abituati i trentenni di oggi (lui, amante del cinema, di Tarantino e commesso in una videoteca, nel giro di pochi giorni ottiene un posto da impiegato ben pagato in una multinazionale (?); lei, laureanda in filosofia e spiantata senza soldi, vive da nababba in una ricca Parigi…forse c’è qualcosa che non quadra!); e poi c’è la “mamma di lei”, la più hippy delle hippies, cose che neanche a Woodstock!; e per finire “la mamma di lui”, un ritratto da suocera alto-borghese che poteva funzionare, forse, cinquant’anni fa. Ciò che maggiormente inquieta del film di Bezançon è la sua voglia di prendersi sul serio: nel suo alternare momenti introspettivi a battute deliziose, Travolti dalla cicogna ha sottointesa una mission analitica e partecipativa, ponendosi quasi come guida ai giovani genitori (e soprattutto, alle giovani mamme e ai futuri poveri papà, costretti a sopportare le giovani mamme e le loro paturnie! che ci sia dell'autobiografico?) che si rivela tutt’altro che realistica.

Ciò che salta all’occhio – e che forse è uno degli elementi più interessanti del film – è la scelta di Bezançon di girare buona parte della pellicola in interni: seppur finemente arredati,  e carichi di oggetti di design, di libri e degli elettrodomestici più avanzati, gli ambienti sono metafora dello stato d’animo di Barbara. Intrappolata in una condizione che ancora non le appartiene, insoddisfatta di una maternità forse giunta troppo presto, Barbara vaga, piange, distrugge e ricostruisce la sua vita nel piccolo appartamento parigino, una trappola d’oro traboccante di un benessere che non fa la felicità. Sarebbe tuttavia ingiusto non trovare aspetti positivi alla pellicola: accanto a questa interessante scelta degli interni,  è senza dubbio esilarante il prologo del film, con un corteggiamento tra i due protagonisti a colpi di titoli di film, da In the mood for love a Pronta a tutto, regalandoci probabilmente la sequenza più gustosa di tutta la pellicola, che si rivela, nostro malgrado, poco originale e con uno sguardo zuccherosamente troppo femminile. Anche se la mano è quella di un "omaccione" come Rémi Bezançon!

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