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8/10

La forma della voce regia di Naoko Yamada

Animazione
recensione di Leda Mariani

Tratto dal manga A Silent Voice, di Yoshitoki Oima, pubblicato in Italia da Stat Comics, questo coraggioso e poetico lungometraggio diretto da Naoko Yamada, una delle rare registe giapponesi, racconta con delicatezza e pudore le difficoltà di Shoko Nishimiya, una ragazzina affetta da sordità e vittima del bullismo di un coetaneo, a sua volta vittima di altri compagni. In piena adolescenza, coinvolti in tutte le problematiche esistenziali che essa comporta, i giovani protagonisti si chiedono, a vari livelli, se sia possibile, in società, cambiare e liberarsi di vecchi stereotipi o di etichette che la gente ti attribuisce, inseguendo i dettagli di un’analisi sociologica e psicologica per nulla banale o scontata.

Dopo essersi affermato come uno dei maggiori incassi della scorsa stagione cinematografica giapponese, l’anime è stato presentato con successo al Future Film Festival 2017.

Qualcosa di difficile da raccontare

Per parlare davvero della disabilità e del vissuto che essa inevitabilmente comporta, spesso bisogna esserci passati, perché è difficile immaginare… Bisogna averle conosciute, quelle dolcissime ragazzine dagli occhi sognanti che si proiettano come tutte verso un futuro di amore ed esperienze di vita, o quei ragazzi in cui la rabbia cresce, perché vorrebbero giocare con gli altri, e sentirsi parte del gruppo. Tutti, in qualche maniera, attraversiamo questa fase, durante la nostra adolescenza, ma nel caso di tante persone sfortunate c’è l’assenza di prospettiva, a rendere l’idea del futuro insopportabile e tenebrosa. C’è la netta sensazione di non poter essere, inevitabilmente, “come gli altri” e di trovarsi la strada sbarrata ad una moltitudine di cose, se non addirittura all’indipendenza. Ed è difficile raccontare questa netta sensazione di mancanza di libertà, quello sconforto che ne deriva, quel disperato rendersi conto, anche non volendoci pensare, di non poter proprio dire e fare una moltitudine di cose che gli altri daranno sempre per scontate.

Con lo stile che contraddistingue autori più noti come Makoto ShinkaiHayao Miyazaki, La forma della voce ha saputo raccontare l'emozionante storia di due adolescenti che dovranno fare i patti con le loro convergenze, i loro problemi e la conoscenza di sé stessi. Shoko Nishimiya è una dolce bambina sorda che per comunicare è costretta ad utilizzare un quaderno. Shoya Ishida è un bambino irrequieto e sempre attivo nelle competizioni con gli amici. Le vite dei due si incrociano nel modo più semplice e banale del mondo: Shoya è uno dei bulli che prendono in giro l'handicap di Shoko, torturandola come solo i ragazzini insopportabili sanno fare. Ma il destino vuole che, una volta cresciuto e diventato adolescente, Shoya subisca in prima persona i supplizi del bullismo. Comprendendo finalmente cosa vuol dire, il ragazzo cercherà di rimediare ai suoi errori passando del tempo con Shoko e imparando a conoscerla. Tema centrale del film è dunque la complessità del rapporto che può nascere tra gli adolescenti, spesso conflittuale, ma anche di grande comprensione. L’anime affronta con dolcezza e genuinità la maturazione di un ragazzo attraverso la crescita e la conseguente bellezza che può nascere dall'amicizia con colei che era oggetto del suo scherno. Il romanzo ha venduto più di 700.000 copie solo in Giappone e il film è importante e gradevole: la sceneggiatura è molto raffinata e descrive in maniera egregia anche le sfumature psicologiche più intime ed indecifrabili. L’immagine e le inquadrature sono gradevoli, fluide e colorate, con punti di vista originali ed interessanti. Molto bella la fotografia, con un intenso e poetico studio della luce e delle temperature-colore in funzione espressivo-drammaturgica. La colonna sonora è adatta e  non invadente. Si crea empatia e senso di suspense. Tutti i personaggi sono essenziali e costruiti con cura. Unico neo: forse il solito effetto ridondante di un registro narrativo tipicamente giapponese, sempre un po’ tendente al melodramma e all’enfatizzazione drammatica, ma che rispetto a molti altri film precedenti, non ha nulla di troppo sbilanciato.

Un film sorprendente per tatto, attenzione e scrittura. Sociologico, non particolarmente originale, ma importante. Da far vedere assolutamente a bambini e ragazzi, per far riflettere sul bullismo e la prevaricazione e soprattutto, su cosa significa essere disabili.

Il film sarà nelle sale italiane solo il 24 e 25 ottobre:

www.nexodigital.it

 

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