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7/10

Una Doppia Verità regia di Courtney Hunt

Thriller
recensione di Valeria Verbaro

New Orleans. Il diciassettenne Mike Lassiter, dopo aver confessato l'omicidio del padre Boone si chiude in un totale silenzio che compromette il suo stesso processo. Spetta così unicamente all'avvocato e amico di famiglia Ramsey e alla sua assistente Janelle dimostrare l'innocenza del ragazzo, pur non avendo alcun elemento su cui impostare la difesa.

Testimoni o imputati, tutti mentono alla sbarra. Si mente o si omette sempre qualcosa, contro il proprio giuramento, per una ragione del tutto umana e forse banale: la paura dell'umiliazione, prima ancora del bisogno di dimostrare la propria innocenza o prima della necessità di far emergere la verità. È questo il principio generale che guida Ramsey (Keanu Reeves), l'avvocato protagonista di Una doppia verità, ed è attraverso questo insospettabile, proprio perché palese, indizio che il film già all'inizio mette in guardia lo spettatore da qualsiasi presunta verità. L'intera verità, "the whole Truth", come afferma il titolo originale dell'opera di Courtney Hunt, è privilegio e prerogativa di pochi ed è destinata, in alcuni casi, a rimanere celata a favore di un'altra verità, quella processuale. In una narrazione che perciò sembra inizialmente accompagnare ad ogni passo lo spettatore verso una plausibile quanto lineare conclusione, improvvisamente qualcosa si rompe ed emerge con forza la vera natura di ogni personaggio, ribaltando ogni aspettativa . Risulta così effettivamente impossibile prevedere il finale di questo legal drama rivestito da thriller, soprattutto perché lo spettatore tende contemporaneamente a fidarsi ciecamente della voce fuori campo dell'avvocato, narrante al passato e indice inconscio di una storia già scritta, almeno sino a quando alla voce di Ramsey si sostituisce, finalmente, quella di Mike, obbligando lo spettatore a rimettere in discussione ogni sua ipotesi e a guardare ogni personaggio sotto la nuova lente del dubbio e del sospetto. L'unico personaggio che sembra sottrarsi a questo mutamento di prospettiva è Janelle(Gugu Mbatha-Raw), "l'estranea" in cui si incarna progressivamente lo sguardo dello spettatore, l'unico personaggio che sembra veramente perseguire la ricerca della Verità assoluta. Una doppia verità rappresenta, dunque, un convincente esempio di dramma giudiziario, tuttavia non abbastanza ritmato per poter essere considerato un ottimo thriller. I suoi pur validi colpi di scena non sono infatti sufficienti a mantenere un costante mood di sospensione e inquietudine. La suspense è relegata quasi esclusivamente all'esito del processo, mentre l'attenzione dello spettatore è maggiormente focalizzata, a un livello più cognitivo che emotivo, sulle strategie messe in atto dalla difesa e dall'imputato stesso. Il risultato è comunque positivo, un film scorrevole impreziosito da un cast perfetto da cui, oltre a Reeves e Basso, spiccano una Renée Zellweger totalmente immersa nel ruolo di moglie del tradizionalista e opprimente Sud statunitense, e un sorprendente Jim Belushi che in poche scene è riuscito a caratterizzarre un personaggio agghiacciante, ripugnante eppure magnetico, padrone-fantasma dell'intero film.

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