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7/10

Codice Criminale regia di Adam Smith

Azione
recensione di Leda Mariani

Criminali da generazioni, i Cutler non riconoscono nessuna legge e vivono di rapine, corse d’auto ed inseguimenti con la polizia. Quando Chad (Michael Fassbender), figlio del capobanda Colby (Brendan Gleeson), decide di abbandonare la sua vecchia vita per offrire un futuro diverso ai suoi figli, deve scontrarsi con la rabbia del padre e con un sistema che non sembra permettere alcuna redenzione. Michael Fassbender, perfetto nel ruolo da outsider maledetto, regala un’interpretazione magnetica in questo adrenalinico crime-drama tra Drive e Come un tuono. Colonna sonora originale di The Chemical Brothers, molto amici del regista, che ne cura da anni i video.

L’altra faccia delle dinamiche mafiose, in versione UK

Già protagonista della scorsa stagione cinematografica con l’interpretazione di Steve Jobs e di questa primavera con Song to Song, oltre che attore presente in numerosissimi film del 2016-17, Michael Fassbender apre l’estate con Codice criminale, il crime-drama indipendente realizzato con budget limitato, diretto dal regista Adam Smith. Un potente racconto del conflitto interiore di un uomo diviso tra gli obblighi verso un’affiliazione criminale guidata dal padre e i doveri che sente di rispettare come marito e padre di famiglia.

La Storia del Cinema è ricchissima di personaggi sgradevoli che sullo schermo riescono ad acquisire luce di grandezza: figure sporche, cattive, del tutto prive di chiarore morale, ma in grado di mettere seriamente in discussione le nostre certezze. In questa categoria rientrano i protagonisti di Codice Criminale, ambientato nella campagna del Glouchester, a sud-ovest della Gran Bretagna. I Cutler, criminali da diverse generazioni, sono anarcoidi che non riconoscono nessuna legge e che vivono di rapine, corse d’auto, ed inseguimenti con la polizia. Chad, diviso tra il rispetto nei confronti del padre-capobanda Colby, e la possibilità di assicurare un avvenire diverso alla propria famiglia, decide di allontanarsi dal Clan. Ma mentre intraprende un difficile percorso di redenzione, si trova a scontrarsi con l’ira del padre. Sicuramente l’intento di Adam Smith era quello di fotografare l’umanità tormentata di una comunità mafiosa nomade e sgangherata, incapace di redenzione, avvolta nella debolezza e guidata da un patriarca duro, scolpito tanto dall’ignoranza, quanto dall’orgoglio, e bisogna ammettere che in questo è riuscito.

La genesi del film risale a quando, diversi anni fa, lo sceneggiatore e produttore Alastair Siddons lesse su un giornale inglese l’articolo che parlava di una famiglia che terrorizzava la zona delle Cotswold e che era stata accusata del 65% dei crimini della contea. Dunque il regista, dopo aver diretto episodi di serie televisive come Skins e Doctor Who, si è trovato alla prese, per la prima volta, con un lungometraggio che ci conduce fra roulottes fatiscenti, automobili rubate, cani e animali maltrattati, e le psicologie grottesche e primitive dei membri di questa comunità, proponendo un confronto generazionale senza pari, guidato da  un Michael Fassbender affascinante e trascinante nella sua fisicità.

Il film, presentato con successo al TIFF e al London Film Festival, annovera tra i suoi protagonisti anche Sean Harris (MachbethPrometheus) e di Lyndsey Marshal (The HoursHereafter). Già destinato a diventare un cult, Codice Criminale affronta il tema controverso dei “Pavee”, vale a dire i nomadi irlandesi (Irish Travellers) residenti in Inghilterra, che ammontano attualmente a circa ventimila e che pur vivendo ancora in roulottes, sarebbero ormai da considerarsi stanziali, se non per il fatto, come alcuni ceppi Rom e Sinti da noi, che tendono a non rispettare le regole, a creare disordini e a rubare.

Tutta la pellicola  è impostata sul conflitto quasi shakespeariano, tragico ed archetipico, tra padre e figlio, organizzazione sociale, ed anarchia, e dunque tra il vecchio capoclan oscurantista, ed il suo riluttante erede. Legami di sangue e violenza, peso della tradizione, miti ed emarginazione, sono calati in un contesto sociale abbastanza insolito da stimolare l'interesse dello spettatore. Originale anche l'approccio di Smith e di Siddons, che in origine progettavano di fare un documentario: una specie di compromesso tra il cinema poliziesco e il naturalismo sociale alla Ken Loach o alla Mike Leigh. I "balordi" Cutler sono dei marginali soggetti a discriminazioni, in modo simile a quel che accade ad alcune comunità in tutta Europa e in loro il non saper scrivere significa vivere al di fuori del sistema e del suo codice di comunicazione. Il film si trova a dover raccontare e gestire queste due tensioni all’ingresso, o all’estromissione dal sistema sociale di maggioranza: due anime totalmente diverse, e purtroppo si perde, soprattutto nel finale moraleggiante, che irrompe inaspettatamente nel clima nero e pessimistico del resto della storia. Smith ha tuttavia un buon senso dell'inquadratura, una regia energica e un controllo sicuro del montaggio, che gli consente di dirigere eccellenti sequenze d'inseguimento tra auto. Il che, in questo caso, non è affatto scontato né accessorio. Vale la pena di notare come l'interpretazione di Fassbender suggerisca, con autentico talento, un aspetto che sembra l'opposto della lotta per l'emancipazione e l'onestà che il suo Chad sostiene per tutto il film. Il tormentato bandito infatti, non appare mai tanto felice come quando compie le sue imprese illegali, mettendo da parte il suo “cattivo karma”.

Distribuito in Italia da Videa.

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