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9/10

The Land of Hope regia di Shion Sono

Drammatico
recensione di Alessandro Giovannini

Due famiglie di un paesino della prefettura di Nagashima vengono sconvolte da un terremoto che procura dei danni alla centrale nucleare lì vicino. Le autorità fissano l'evacuazione obbligatoria per le abitazione nel raggio di 20 km dalla centrale; la linea di separazione cade proprio in mezzo al giardino di casa Ono, con la casa stessa che rimane appena oltre il limite di sicurezza. L'altra famiglia, i vicini di casa, devono invece andare in un centro di accoglienza. Da qui Mitsuru riparte assieme alla sua fidanzata Yoko in cerca dei parenti dispersi di lei (verosimilmente morti), mentre l'anziana coppia Ono decide di rimanere nella casa, perchè ormai anziani. Tuttavia il signor Ono (Isao Natsuyagi, memorabile) obbliga il figlio Yoichi (Atsushi Murakami) e la moglie di lui, Izumi (Megumi Kagurazaka) ad andarsene.

Dopo l'incidente di Fukushima, Sono rimaneggiò la sceneggiatura di Himizu per far rientrare la dinamica dell'incidente all'interno del film. Non soddisfatto, ha poi realizzato questo The Land of Hope, totalmente incentrato sul tema. Il maggior tempo a disposizione ha permesso di realizzare ciò che con Himizu non era stato possibile: una lunga, sofferta ma stavolta organica e coerente meditazione sulla vita, la morte, la tragedia della catastrofe e la speranza della rinascita.

I giapponesi hanno nel DNA la pacata rassegnazione al destino, la serena accettazione della morte; hanno anche un innato spirito combattente ed una volontà di riscatto del tutto evidente dal secondo dopoguerra. Tale polivalenza costituisce il fulcro di questo film sublime, un requiem per le vittime dell'incidente di Fukushima e un atto d'amore verso il proprio paese, ancora una volta in grado di rialzarsi, un passo alla volta, come sottolineato da alcune scene ricorrenti nella pellicola. Sono non cessa di essere sperimentale, sebbene qui per sperimentale non si intenda il simbolismo esoterico di film come It's me, Keiko! o la commistione grottesca di generi come Love Exposure. Il tentativo è quello di far emergere più che mai il sottotesto di genere presente in quasi tutti i suoi lavori, ovvero il melodramma, e di promuoverlo a motore principale della pellicola, raggiungendo picchi emozionali di sconvolgente trasporto, che nei campi lunghi delle rovine di macerie accarezzate dall'Adagio della decima sinfonia di Mahler produce uno stato simile al sublime romantico: massimo terrore, massima tristezza eppure anche massima gioia, massima speranza, massima potenza. Il tutto senza mai uscire dai canoni tecnici di una produzione realistica (seppur con tenui tocchi surreali quà e là).

D'altronde, come tutti i film di Sion Sono, The Land of Hope è un film di eccessi: la paranoia  della contaminazione da radiazioni si trasforma in radiofobìa, l'attaccamento alla propria terra natìa e la disperazione al pensiero di perderla ("un giapponese non può camminare sul suolo giapponese?" esclama il vecchio signor Ono) portano alla decisione di permanenza in un luogo ormai mortifero, l'amore che lega Yoichi e Izumi li porta a restare uniti malgrado tutte le difficoltà e decidere di tenere il figlio che attende di nascere, e sempre l'amore porta Mitsuru e Yoko a decidere di sposarsi, con un abbraccio in mezzo alle rovine innevate che scalda il cuore degli spettatori.

Un film imperdibile i cui unici difetti sono qualche tempo leggermente dilatato che non avrebbe fatto male asciugare, ma anche questo è un marchio di fabbrica del suo autore.

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