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R Recensione

7/10

Veloce come il vento regia di Matteo Rovere

Drammatico
recensione di Giulia Betti

La passione per i motori scorre da sempre nelle vene di Giulia De Martino. Viene da una famiglia che da generazioni sforna campioni di corse automobilistiche. Anche lei è un pilota, un talento eccezionale che a soli diciassette anni partecipa al Campionato GT, sotto la guida del padre Mario. Ma un giorno tutto cambia e Giulia si trova a dover affrontare da sola la pista e la vita. A complicare la situazione il ritorno inaspettato del fratello Loris, ex pilota ormai totalmente inaffidabile, ma dotato di uno straordinario sesto senso per la guida. Saranno obbligati a lavorare insieme, in un susseguirsi di adrenalina ed emozioni che gli farà scoprire quanto sia difficile e importante provare ad essere una famiglia.

"Se tutto è sotto controllo, stai andando troppo piano." (Mario Andretti)

Una frase scelta come vessillo da Matteo Rovere per il suo terzo ed ultimo lungometraggio, ma a mio avviso, un motto ben più utile e necessario per spiegare al meglio l’attuale situazione del Cinema italiano. Se questa citazione di Andretti, pilota automobilistico italiano naturalizzato statunitense, può essere tradotta come un Osanna al Dio Coraggio, senza il quale si rimane forse longevi ma insulsi e mediocri, ecco che giunge impossibile non imbastire un paragone con la nostrana cinematografia, che dopo decenni di febbricitante sopravvivenza per essersi troppo esposta al freddo adagiarsi su una produzione di fiction (i documentari meritano un discorso a parte)  fatta di operette modeste o banali, ha da qualche tempo deciso di iniettarsi una tarantiniana siringata di adrenalina sul petto, e rischiare un po’ di più, dando finalmente al proprio pubblico l’opportunità di stupirsi ancora.

Tra gli anomali, serviteci in piccole e rarefatte dosi negli ultimi anni, ricordo felicemente Cesare deve morire (Taviani, 2012), Hungry Hearts (Costanzo, 2014), N-Capace (Danco, 2014), La buca (Ciprì, 2014), Non essere cattivo (Caligari, 2015) Suburra (Sollima, 2015), Lo chiamavano Jeeg Robot (Mainetti, 2016) e sono entusiasta di aggiungere Veloce come il vento.

Non tutti questi film hanno avuto il grandioso successo sperato, molti fra i citati non sono eccellenze della storia del cinema, ma per un motivo o per un altro, hanno depositato in me e certamente in molti altri, la consapevolezza dimenticata che il cinema italiano sia ancora in gara, e sia altresì capace di scalare le posizioni e tornare a spruzzare bollicine dal podio.

Veloce come il vento, è quindi meritevole di lode? Certamente No per la sua reale essenza, ma probabilmente Sì per il coraggio. Scelto per la terza edizione del Progetto ADOTTA UN FILM promosso da O1 Distribution Rai Cinema e Fandango per sostenere i giovani registi italiani, il film di Rovere torna a raccontare un mondo con proprie regole specifiche, con un proprio linguaggio, e propri tempi, in questo caso, inverosimilmente veloci. Sfruttando ai limiti del possibile i teatri di posa naturali che il mondo dell’automobilismo italiano metteva a disposizione, il giovane regista romano, classe’82, sceglie di girare le tante sequenze action (interamente dal vero) a Monza, Imola, Vallelunga, il Mugello, tutte piste dove si svolge il vero Campionato GT. “La velocità che c’è nel film è tutta vera, e si sente” afferma Accorsi in un’ intervista. “Sono stati costruiti mezzi tecnici ad hoc per l’alta velocità, realizzati proprio per il film” aggiunge Rovere.

La vicenda, frutto della fantasia del regista e dei due sceneggiatori Filippo Gravino e Francesca Manieri, è imbastita partendo dalla vera storia di Carlo Capone, campione dimenticato dal tempo e perso nel tunnel della dipendenza, raccontata al regista da Antonio Dentini, un vecchio meccanico esperto di preparazione ed elaborazione di motori, a cui è ispirato il personaggio interpretato da Paolo Graziosi. Un ottimo Stefano Accorsi, veste quindi i panni di Loris De Martino, ex campione automobilistico esiliato dal mondo della GT e dalla sua famiglia di piloti a causa della tossicodipendenza. Per interpretare questo personaggio, l’attore romagnolo (in una delle sue migliori performance) ha dovuto rendersi disponibile ad una affatto blanda trasformazione. Enorme è stato il lavoro di preparazione fisica, una dieta ferrea e molto rapida per perdere undici chili, le notti insonni durante le riprese per presentarsi sul set più sfatto ed emaciato, un grande lavoro sul corpo e sulla psicologia per non cadere nella creazione di una macchietta e corsi di guida veloce con un maestro d’eccezione, Paolo Andreucci (che è stato anche lo stuntman dell’attore nelle scene particolarmente rischiose e complesse) nove volte campione italiano di rally e pilota ufficiale di Peugeot Sport Italia.

Co-protagonista è Matilda De Angelis, che veste i panni di una diciassettenne pilota professionista, la quale, cresciuta senza una madre, si ritrova a fare lei stessa da genitore al fratello minore Nico quando il padre muore improvvisamente a causa di un infarto, e a tentare il tutto per tutto per salvare la propria abitazione, a causa dei pesanti debiti contratti dalla sua famiglia. L’unico modo per estinguerli è vincere il Campionato GT, obbiettivo che appare però impossibile da raggiungere senza un team alle spalle e una guida che la prepari alla vittoria. A ricoprire questo ruolo difficile e colmo di responsabilità sarà il fratello maggiore Loris, che dovrà compiere sforzi notevoli per riottenere l’affetto e il rispetto dei due familiari.

Se, come detto poc’anzi, Veloce come il vento è degno di ammirazione e applausi, non è certo per merito della sceneggiatura, che (nonostante vi si possa riconoscere scelte felici e piacevoli gag) soffre di un problema fondamentale. Alla base, vanta la presenza della solita melensa storiella italiana. I personaggi non sono totalmente credibili, rendendo difficile l’immedesimazione perché non si riesce a smettere di percepire finzione e distaccamento. Questa non vuole essere assolutamente una critica alla recitazione dei quattro interpreti principali, tutt’altro, Graziosi e Accorsi sono oramai due veterani collaudati, la De Angelis ed il piccolo Giulio Pugnani hanno dimostrato talento e devozione al testo, ma è proprio questo, il testo, a soffrire di un complesso, di una sorta di percepibile ansia da prestazione. Pare quasi non si sia creduto abbastanza nelle capacità della storia e dei caratteri disegnati, pare quasi non si sia creduto abbastanza nella capacità del pubblico di apprezzare un racconto più crudo e meno televisivo, sentimentale, ombrettato.

Molte testate hanno definito (scioccamente) il film di Matteo Rovere come un Rush all’italiana, quasi a farlo sembrare il rifacimento comico francoecicciano di un successo mondiale, io preferisco paragonarlo a Million Dollar Baby, sperando che, magari riguardando il capolavoro di Clint Eastwood, si riesca a cogliere il significato del mio discorso di poco sopra. Questo vuole però essere un incoraggiamento a fare ancora meglio, a spingere un poco più sul pedale dell’acceleratore come ci consigliava saggiamente Andretti, e non un’antipatica critica gratuita ad un film già anomalo e audace di suo.

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alexmn 7/10
Giulia 7/10
K.O.P. 7/10

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alexmn (ha votato 7 questo film) alle 10:06 del 10 aprile 2016 ha scritto:

in effetti il paragone con Rush è improvvido a livello narrativo, ma centrato se consideriamo regia, e grading scene di corsa. sul web c'è poca chiarezza sull'attribuzione della citazione che apre il film, però di sicuro Rovere l'ha attribuita a Mario Andretti e non a Colin McRae

Giulia, autore, (ha votato 7 questo film) alle 13:15 del 12 aprile 2016 ha scritto:

Hai perfettamente ragione, un errore non di poco conto il mio. Mi giustifico solo dicendo che conoscendo bene la frase di McRae (praticamente identica a quella di Andretti) ero sicura al cento per cento fosse a lui la citazione (essendo apparsa per pochi secondi non ho avuto la buona coscienza di leggere l'autore) , e non potendo rivedere il film all'uscita dall'anteprima, non ho avuto occasione di notarlo una seconda volta, come avrei sicuramente potuto fare riguardandolo. Ora che me lo dici, me ne dispiaccio molto e spero possa correggere l'errore.

fabfabfab (ha votato 8 questo film) alle 15:51 del 19 aprile 2016 ha scritto:

Contro ogni pronostico, il film è molto bello. Dal trailer sembra un film dedicato alle corse, una specie di Fast & Furious all'amatriciana. Invece i motori sono solo il pretesto (ispirato alla storia vera di Carlo Capone da Gassino Torinese) per raccontare una storia di riscatto non originalissima ma scritta bene e interpretata ancora meglio. Incredibile Accorsi, che riesce ad interpretare il proprio personaggio con ironia e senza scadere nel pietismo o nel "macchiettismo". Per fortuna che ho il cinema sotto casa, altrimenti un film così non lo avrei cercato e me lo sarei perso.