Ruggine regia di Daniele Gaglianone
DrammaticoLa vita di un gruppo di bambini viene segnata radicalmente da un uomo che stupra e uccide una di loro. Pur riconoscendo il colpevole, essi sanno che non saranno creduti dagli adulti e cercano di proteggersi da soli.
I traumi subiti da bambini rimangono indelebili anche quando si raggiunge la maturità. “Ruggine” racconta la storia di un gruppo di ragazzini vissuti alla fine degli anni Settanta che subirono violenze da parte di un dottore, mostrando parallelamente la vita di tre di loro diventati adulti. Il divario sociale tra la povertà delle famiglie dei bambini e l'elevatezza del ceto del medico, accennata all'inizio del film, si rivela profondamente ingiusta. Valerio Mastandrea, che interpreta Carmine, il "capobanda" figlio di emigrati pugliesi, diventato adulto, in una scena chiave del film si rende conto che il fallimento della sua vita - disoccupazione, solitudine, miseria - è dovuto in parte alle condizioni della sua famiglia: stanco di studiare, a dodici anni decide di andare a lavorare con il consenso dei genitori, cosa che non sarebbe stata concessa al figlio di un medico o di un avvocato, che sarebbe stato mandato in una scuola privata ad ultimare gli studi e a conquistare facilmente un posto nella società. È dunque un film sul potere, che indaga le dinamiche tra il dottore e gli altri personaggi, in particolare i bambini, che vedono quello che gli adulti non vedono, cioè che sotto le vesti del medico laureato si nasconde un mostro.
Insieme alla storia di Carmine adulto, vengono proiettate anche le vicende di Sandro e Cinzia: il primo, interpretato da Stefano Accorsi, ritrovatosi solo con il figlio di pochi anni in un appartamento nuovo, pieno di cartoni da trasloco, senza più una moglie, si sente assalito dalla solitudine e rivede dentro di se quella paura provata da bambino di fronte agli orrori del dottore; Valeria Solarino interpreta Cinzia, diventata un'insegnante delle scuole medie, che continua a portare dentro di sé quel senso di stranezza e inadeguatezza che la contraddistingue dal momento in cui ha visto verificarsi gli episodi di violenza. Notevole le interpretazione dei piccoli protagonisti del film, che occupano gran parte della pellicola, dimostrandosi molto spontanei.
Dal punto di vista tecnico, il film risulta piuttosto originale: il regista sceglie di inserire giochi di fuoco, lasciando talvolta inquadrature completamente sfuocate; in diversi momenti le scene si intervallano a brevi attimi di schermata scura, che ha lo scopo di amplificare il dolore provato dai personaggi e ad aumentare l'angoscia dello spettatore. È un film a forte impatto emotivo, perché l'intreccio non e lontano dalla realtà.
Durante la conferenza stampa svoltasi al termine della proiezione durante una delle Giornate degli Autori alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, gli attori sono stati concordi nel sottolineare la bravura del regista Daniele Gaglianone, che ha cercato un "lavoro in continuo divenire", come ha detto Accorsi. La Solarino ha voluto spiegare, rispondendo ad una domanda sul suo personaggio, che "a volte, anche se la tua vita è felice, possono esserci segni della ruggine dentro di te, delle cicatrici, ma bisogna imparare a convivere come se fossero una piccola parte di noi". Filippo Timi è rimasto sorpreso dalla sua stessa interpretazione: il ruolo di dottore-pedofilo richiedeva una capacità recitativa di altissimo livello, perché c'era il rischio di risultare eccessivi e di fare così un pessimo lavoro. La sceneggiatura è tratta dal libro di Stefano Massaron da cui però il regista si è parzialmente discostato, riscrivendo le scene che si svolgono ai giorni nostri e anticipando il momento della scoperta della mostruosità del dottore.
Un film emotivamente coinvolgente, che ricorda che gli italiani sanno ancora dimostrarsi coraggiosi nel cinema.
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