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7/10

Perez. regia di Edoardo De Angelis

Gangster
recensione di Fabio Secchi Frau

Demetrio Perez, un avvocato d’ufficio, ha come rivale l'ambiguo Corvino, innamorato di sua figlia Tea, e quando il pericolo si insinua nella sua casa, per Perez tutto cambia. Per difendere sua figlia è pronto a qualunque cosa. Anche a farsi manipolare dal machiavellico Buglione detto “Centopercento”, con la strana complicità del suo unico amico, con cui litiga continuamente, un avvocato d’ufficio anche lui senza aspirazioni e speranze. Ma arriva un momento della vita in cui è necessario mettere un punto. E andare accapo. Per Perez è arrivato ed è pronto a infrangere ogni regola. E ogni legge. Sullo sfondo la Napoli inedita, metallica, del Centro Direzionale: un quartiere di grattacieli progettati da grandi architetti che oggi si rivela una promessa mancata di progresso e prosperità, proprio come Perez...

Si sente che Edoardo De Angelis (Mozzarella Stories) e Filippo Gravino (Alì ha gli occhi azzurri) hanno scritto Perez, la perfetta antitesi alle sciroppose fiction sulla mafia targate Mediaset, sapendo bene quale spina dorsale dare alla trama. Si sente perché nonostante la sceneggiatura sia ovviamente maturata nel corso del tempo dal punto di vista tecnico-narrativo, il film vibra di una drammaticità e di un’alienazione umana e sociale raramente reperibile nelle piatte mafia-dramas apparentemente dirette a un pubblico adulto maschile. Piacerà infatti molto ai più maturi, grati di trovarvi un nuovo e diverso classico del filone Il caso Mattei/Cento giorni a Palermo/Dimenticare Palermo, con il bonus di un intreccio pieno di colpi di scena e un nuovo volto addosso a Luca Zingaretti ormai parzialmente sostituito dall’incommensurabile Commissario Montalbano.

Quella di Edoardo De Angelis, in più, è una artistica cinepresa politicamente scorretta, interessata a descrivere l’intima corruzione di un personaggio quasi neutrale che si trasforma, in nome dell’amore, in uno privo di principi, di valori condivisi, inguaribilmente già perduto e senza ormai più dignità e onore. Un individuo che, proprio per questo, appare più spietato di tutti quelli che gli ruotano attorno. Perez, insomma, è il ritratto di un’Italia contemporanea, devastata dalla paura della minaccia vera o presunta. Un’Italia che perde tutta la sua naturale predisposizione alla buona giustizia, in una scenografia urbana, modernissima, quasi sempre notturna e straordinaria, optando per la difesa di ciò che presume gli appartenga, anche a costo di scegliere il male. Ingentilisce la pellicola la bellissima fotografia che crea spazio, anche mentale, per questa indagine antropologica e politica su un uomo mediocre al centro di una violenta avventura.

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