R Recensione

7/10

Non essere cattivo regia di Claudio Caligari

Drammatico
recensione di Pasquale D'Aiello

Ancora una volta si tratta di una storia dura, ambientata negli anni '90 tra Ostia e la periferia romana, gli stessi luoghi attraversati da Pasolini e dai suoi "ragazzi di vita". Vittorio e Cesare sono legati da una forte amicizia, un legame che resiste anche quando si separano i loro destini: Vittorio cerca di salvarsi e di integrarsi attraverso il lavoro, mentre Cesare affonda nell'inferno della droga e dello spaccio.

L'inizio è folgorante. Un'autocitazione da Amore tossico (1983) dichiara fin da subito che dopo dieci anni (il film è ambientato nel 1995) siamo ancora là, in quella piazza di Ostia. Il mondo ha corso veloce, è cambiato profondamente, in Italia si parla di Seconda Republica, ma nelle periferie il tempo scorre ad un'altra velocità , gli individui che le abitano sono gli stessi diseredati di sempre, gli stessi antieroi che Pasolini aveva conosciuto al Pigneto, alla stazione Termini, a Pietralata o a Testaccio (e il richiamo ad Accattone (1961) e ad Amore tossico è esplicitato anche dalla scelta dei nomi dei protagonisti, Vittorio, come Accattone, e Cesare come in Amore tossico). E in fondo Caligari deve saperne qualcosa del tempo che passa lasciando immutate le cose. Dopo alcuni documentari giovanili, negli anni '70, sul mondo della tossicodipendenza realizza il suo primo lungometraggio di finzione, Amore tossico, un grande successo che avrebbe potuto aprirgli le porte di una brillante carriera registica e, invece, deve attendere sedici anni per realizzare il suo secondo film, ambientato nel sottobosco della criminalità  romana, L'odore della notte (1998), dove incontra il giovane Mastandrea a cui affida il ruolo di Remo Guerra, poliziotto e criminale che incarna lo spirito del Travis Bickle di Taxi drivers (1976). A quell'epoca ancora non sa che dovrà  a quel giovane romano, che sarebbe diventato icona del cinema italiano, se potrà realizzare il suo terzo ed ultimo film. Mastandrea per questo ultimo film non si è limitato a cercare i fondi per realizzarlo (arrivando fino a scrivere a Martin Scorsese, regista di riferimento per Caligari), non ha svolto solo il ruolo di produttore delegato, Mastandrea ha dovuto terminare questo film in prima persona perché durante la fase di post-produzione la malattia ha portato via Caligari. Una triste metafora di un tempo ingeneroso che presenta implacabile il suo conto in anticipo, pur avendo così poco concesso. O, almeno, è quello che sembra a noi, che di Caligari conosciamo solo i suoi film e ignoriamo il tempo che ha dedicato alla sua vita da cui sono scaturiti film così veri. La prima parte del film è un crescendo di poesia che si articola in movimenti di camera attenti e sorprendenti. Sorreggono la recitazione fresca e credibile degli attori che dipingono l'affresco di un mondo emarginato, sofferente e insensibile alla modernità , da cui giungono solo echi lontani e nuove droghe (cocaina e acidi) che cambiano gli stili di vita dei sottoproletari. Una piccola banda di periferia sopravvive nel sottobosco criminale, da cui ricava il minimo vitale. Cesare è il capobanda e prova a reggere su di sé il peso della sua sfortunata famiglia ma anche questo compito è troppo gravoso per lui. Vittorio è un suo amico fraterno che comprende prima di lui che quella vita non può durare a lungo, che serve fare i conti con la realtà , che bisogna provare a rientrare nelle regole della società , attraverso il lavoro, anche se questo è sempre più precario e sottopagato. Ma per chi ha sempre vissuto ai margini non è affatto scontato riuscire a diventare una persona normale, e il prezzo da pagare è quello enorme e spropositato di un riscatto che diventa ricatto. Nell'ultima parte del film alcune scene hanno meno forza di quella che ci si potrebbe attendere, alcune battute che forse avrebbero dovuto essere eliminate al montaggio aggiungono un leggero tono didascalico che urta con la spontaneità  della prima parte. Forse questo è il segno lasciato dalla morte prematura di Caligari, avvenuta a poche settimane dal termine delle riprese. Forse è l'inesperienza registica di Mastandrea che ha ultimato il montaggio. Ma sono il segno della vita che si deposita sulla pellicola, di chi ha lottato contro la morte per strapparle gli ultimi giorni di cui aveva bisogno per terminare le riprese del suo ultimo film e di chi ha il merito di aver fatto realizzare questo film ad un regista che dal cinema non cercava la gloria per la sua vita, ma che al cinema portava la sua vita e il suo sguardo di "disperata vitalità".

V Voti

Voto degli utenti: 8,6/10 in media su 5 voti.
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alexmn 8/10

C Commenti

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fabfabfab (ha votato 9 questo film) alle 15:55 del primo febbraio 2016 ha scritto:

Il film più bello dell'anno, secondo me.