A “Per essere attori bisogna prima di tutto essere”, addio ad Arnoldo Foà

“Per essere attori bisogna prima di tutto essere”, addio ad Arnoldo Foà

Difficile commentare la scomparsa di Arnoldo Foà, avvenuta sabato 11 gennaio, a Roma, senza divagare nel retorico elenco delle sue numerose ed intense interpretazioni, esternate pressoché in tutti i campi dello spettacolo (teatro, dove fu anche valido drammaturgo, cinema, radio, televisione) e dei riusciti “sconfinamenti” nei territori della scrittura, pittura e scultura. Preferisco allora lasciare fluire i ricordi e rammentare il primo incontro, nel senso di visione cinematografica, avuto con l’eclettico artista, il cui apparire burbero ed umorale veniva mitigato da quel particolare sorriso, sospeso fra fare sornione e candore infantile, unito ad uno sguardo particolarmente limpido ed acuto, senza dimenticare il suo caratteristico timbro vocale, che tanto ha dato al mondo del doppiaggio (sua, fra l’altro, la voce di Anthony Quinn/Zampanò ne La strada, ’54, Federico Fellini).

La memoria offre la visione, in bianco e nero, come le più lontane reminescenze di quanti appartengono alla mia generazione, di un film visto da bambino in tv (e più volte rivisto nel corso degli anni), Totò sceicco,’50, diretto da Mario Mattoli, una delle prime parodie interpretate dal principe della risata, andando alla scena in cui, nei corridoi del palazzo di Atlantide, il maggiordomo Antonio (Totò) e il marchesino Gastone (Aroldo Tieri) incontrano uno strano individuo (Foà), occhi spalancati e fare delirante, il quale racconta ai due l’amore per la regina Antinea che lo ha reso folle (“Si vede che sono pazzo?” e Totò, di rimando, “Ma no, macché …”).

Fra le migliori ed indimenticabili sequenze della pellicola, un’entrata in scena ed una naturalezza nello scambio delle battute, fra sguardi e gestualità, che saranno una costante delle tante prove recitative offerte da Foà nel corso di una carriera artistica all’insegna della più genuina poliedricità.

Una volta conquistato da tale interpretazione, come avvenuto per altri attori/registi, ho iniziato a seguirne le gesta e, ormai grandicello, a recuperare grazie all’home video molte sue prove recitative, in particolare televisive (Il giornalino di Gian Burrasca, Lina Wertmuller, ’64, nel ruolo dell’avvocato Maralli; La freccia nera, ’68, Anton Giulio Majano, dove dava risalto alla cattiveria e perfidia di Sir Daniel Brackley), apprezzando infine anche incursioni cinematografiche relativamente recenti (come il Presidente ne La febbre, 2004, Alessandro D’Alatri). Un intenso ricordo a colori, di un’altrettanto intensa emozione vissuta dal vivo, riguarda l’agosto del 2005, la XXV edizione di Rumori Mediterranei, il Festival Jazz di Roccella Jonica (RC), quando ho assistito allo spettacolo Mille e una notte. Sherazade, con le voci recitanti di Lella Costa ed appunto Foà, accompagnate dalle musiche di Paolo Damiani (violoncello), Javier Girotto (sax), Bebo Ferra (chitarra) e Danilo Rea (pianoforte).

Foà nacque a Ferrara, nel 1916, in una famiglia di origine ebraica, che seguì a Firenze, dove intraprese gli studi di economia e commercio, presto abbandonati in nome del crescente interesse per il teatro, iniziando a frequentare la scuola di recitazione Luigi Rasi, per poi trasferirsi a Roma, così da frequentare il Centro Sperimentale di Cinematografia, che però fu costretto a lasciare, siamo nel 1938, una volta promulgate le leggi razziali. Per poter continuare a lavorare, spesso come sostituto all’interno di prestigiose compagnie, iniziò ad impiegare tutta una serie di pseudonimi, mentre nel ’43 trovò rifugio a Napoli, dove divenne capo-annunciatore e scrittore della Radio Alleata (suo l’annuncio, 8 settembre 1943, dell’ avvenuto armistizio).

A guerra finita, Foà poté dedicarsi ormai tranquillamente all’attività teatrale, unendosi man mano negli anni alle più importanti compagnie e sotto la direzione di registi, fra gli altri, quali Luchino Visconti, Giorgio Strehler, Luigi Squarzina, Luca Ronconi, alternata ai suddetti lavori cinematografici, televisivi e radiofonici, per divenire fra le più apprezzate e popolari testimonianze della cultura del ‘900, manifestazione di una rara sintonia fra uomo ed artista, espressa con costante purezza ed invidiabile lucidità, non disgiunte entrambe da una sottile e pungente ironia, come quella rinvenibile in una frase dell’artista riportata nella pagina iniziale del suo sito web ufficiale: “Per essere attori bisogna prima di tutto essere”.

 

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lorenzof.berra alle 22:46 del 14 gennaio 2014 ha scritto:

Grazie Antonio Falcone, per il tuo bellissimo articolo sul grande Attore Arnodo Foa' ,ho letto con passione cio che hai scritto,e francamente mi sono anche un po' commosso;avendo studiato per parecchi anni teatro cinema e televisione ,il grande Foa come tu hai abilmente sottolineato è stato un "attore eclettico",era un Attore con la "A" maiuscola,ma sai del resto come sapranno i nostri lettori e lettrici,è stato ,come mi disse un po' di anni fa il grande critico del cinema italiano ,Maurizio Porro,un periodo "Fortunato "per la nostra splendida Italia,erano anni in cui il teatro mutuato alla televisione,ha reso grandi attori ,registi,sceneggiatori,cantanti,la RAI,dei bei tempi che furono quella sotto la presidenza del Fanfaniano Bernabei,e poi quella di Paolo Grassi,ha saputo mettere sullo schermo capacita' attoriali uniche nel suo genere,tu nel tuo articolo ,caro Antonio,hai menzionato uno sceneggiato ,a me caro, "il giornalino di Gian Burrasca" ,tratto dal romanzo di Vampa e mandato in onda sul primo canale nazionale in 8 puntate e diretto dalla magistrale Lina Wertmuller,è stato un esempio di come gli attori ,tra i quali il nostro inconfondibile Foa si siano divertiti ad interpretare parti che per lo piu' erano "cantate",c'era un parterre di attori unico nel suo genere:da Rita Pavone a Paolo Ferrari a Ivo Garrani (lo ricordo per il film i sogni muoiono all'alba,sceneggiato dal grande Indro Montanelli),da Valeria Valeri a Milena Vukotic,quando Foa' cantava era unico ,come tu hai sottolineato il timbro della sua voce era inconfondibile,era perfetto e perfetta nella sua "dizione",come del resto era inconfondibile quella del grande Tino Buazzelli.Recentemente nel rivedere le Inchieste del commissario Maigret, dirette dal sommo regista Mario Landi,da me definito "l'Hitchcock italaino",per le sue brevi apparizzioni,nelle diverse puntate della serie televisiva,oggi a quarant'anni dalla morte del grande Gino Cervi,descritto minuziosamente nel libro di Giulia Tellini intitolato "Vita e Arte di Gino Cervi",è possibile ricordare la meravigliosa performance di Foa' accanto a Cervi nella puntata intitolata "la chiusa"; che recitazione,e che voce ,una puntata che oserei definire dei due "Attori Caratteristi".Per quanto riguarda il doppiaggio,la voce di Foa' è stata prestata al grande attore americano Anthony Quinn ,come tu hai scritto nel film la Strada di Fellini,dove interpretava Zampano' a fianco della grande attrice Giulietta Masina,che fece molti film ,ma che a me colpi' in uno sceneggiato RAI "Camillla". il film la "Strada"passera' in america e sara' ricordato come "the Street Zampano'".Foa' rimarra come gli altri attori ,parte di quel teatro di "maniera" tanto oggi criticato dai nuovi registi moderni,secondo me asettici e forse troppo politicizzati",Grazie carissimo Foa ,per tutto cio' che ci hai lasciato come attore e doppiatore,rimarrai sempre nei nostri cuori.