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8/10

Bellissima regia di Luchino Visconti

Drammatico
recensione di Gloria Paparella

Maddalena accompagna la piccola figlia a Cinecittà dove sono in corso i provini per un film del regista Blasetti. Dopo mille sacrifici e discussioni con il marito, la donna assiste al provino della figlia, la quale però suscita l’ilarità del regista e dei suoi assistenti…

Nato dal soggetto di Cesare Zavattini, Bellissima esplora il mondo femminile di madri frustrate che cercano nelle figlie un compenso al degrado della vita quotidiana. Il film è ambientato nel quartiere romano del Prenestino, dove le vicende private diventano subito di dominio pubblico.

Protagonista è la popolana Maddalena Cecconi (Anna Magnani) che, venuta a sapere che il regista Alessandro Blasetti sta cercando una bambina per un film, fa tutti i sacrifici possibili perché la figlia Maria venga ammessa al provino. Iniziata l’audizione, vede la piccola in lacrime e le risate del regista causano indignazione nella donna, che si rende conto delle sue ambizioni sbagliate. Quando la bambina viene finalmente prescelta, Maddalena rifiuta di firmare il contratto.

Dopo l’insuccesso commerciale de La terra trema (1948), Luchino Visconti si cimenta in una satira del mondo dello spettacolo in generale, come dimostrano i tratti caricaturali dell’insegnante di recitazione e di quella di ballo. Mirando al pubblico affascinato dal cinema hollywoodiano, Visconti realizza una sorta di commedia grottesca sui falsi miti del cinematografo, in contrasto con lo squallore della vita di tutti i giorni. Andando oltre questo tema, il film racconta anche la storia di una donna, Maddalena, un personaggio reso splendido da Anna Magnani, che il regista segue in tutti i suoi monologhi, i quali rivelano le speranze e le illusioni di una madre che finisce per soffocare la piccola Maria.

Oltre alla bella scena sul fiume, in cui il personaggio di Annovazzi (Walter Chiari, qui all’apice della sua carriera) confida alla donna il peso delle sollecitazioni materne, il film presenta alcuni spunti chiaramente neorealisti, come la recitazione che spesso lascia spazio all’improvvisazione degli attori e l’uso “austero” della macchina da presa. Nonostante i due caratteri forti, regista e protagonista riescono a mettere a frutto il loro enorme talento in questa pellicola, il cui finale agrodolce (la presa di coscienza di Maddalena), accompagnato dalla musica di L’elisir d’amore, introduce quella serenità e quella calma, metafora delle cadute ambizioni materne.

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