La Dolce Vita regia di Federico Fellini
DrammaticoMarcello Rubini è un giornalista romano che si occupa di servizi scandalistici, ma ha in realtà l’ambizione di diventare scrittore. Marcello, cinico e disincantato, è protagonista di sette episodi, che narrano la «dolce vita» della Roma a cavallo fra gli anni ‘50 e ‘60.
Dolcemente amara è la prigionia intellettuale a cui si costringe Marcello (magistralmente interpretato da un indimenticabile e indimenticato Marcello Mastroianni), giornalista di un rotocalco scandalistico (sempre accompagnato dal fedele paparazzo), che ancora sogna di poter divenire un giorno uno scrittore affermato.
Egli è invece immerso nella "dolce vita" romana, speranzoso di regalarsi ogni notte illusori stralci di felicità, tra feste, avvenenti attrici, amanti, prostitute e locali notturni.
E invece la sua "dolce vita" costellata di piaceri effimeri, lo sta lentamente soffocando, opprimendo, è una prigione dorata da cui sfuggire.
Marcello appare disorientato, sembra annaspare nel tentativo vano di una ricerca profonda per ritrovare quei valori perduti, quegli ideali sinceri di cui conosce l'esistenza, ma che non riconosce più nella realtà che lo circonda. Un circo, che Fellini, ci descrive con la grande malinconia del suo triste sfarzo, dei suoi giochi e dei suoi "clown", che mal celano l'alienata disperazione dei personaggi, la desolazione che spesso accompagna il vasto scenario di sfondo a molte sequenze, gli echi di voci che si rincorrono e non si incontrano, che non si comprendono vicendevolmente, che cadono nel vuoto delle loro vacue esistenze.
Quell'agognato desiderio di ritrovare sè stesso, di scoprire dove risiede davvero la sua felicità, è ciò che sembra motivarlo nel ricercare conferme proprie nei personaggi che lo circondano, a cominciare dalle numerose figure femminili, vanesie o irrangiungibili come Sylvia, o più "terrene" come Emma.
Un tema quello femminile, che notoriamente ha sempre affascinato Fellini, il quale, pur non avendolo reso palesemente fulcro del suo racconto, in questo caso, al contrario di quanto accade in film come 8 1\2, lascia comunque intuire quanto sia fondamentale ed essenziale il riflesso del malessere del pratoganista nei rapporti ch'egli intrattiene con le donne che gli sono accanto.
Un film affascinante anche per i suoi contrasti, i silenzi di scene più introspettive si alternano ai fragori di via veneto, il buio delle notti, a luci di albe soavi, allo stesso modo le letizie di una notte trascorsa in un locale notturno in compagnia di seducenti ballerine, si contrappone al triste rimpianto per Marcello, di non aver mai davvero conosciuto il padre, un sentimento poeticamente espresso da alcune note di tromba ricolme di malinconia a fare da colonna sonora alla sequenza.
Un momento di svolta nella storia, sarà costituito dal suicidio di un caro amico del giornalista, che raccoglieva in sè tutte le sue più profonde aspirazioni e rappresenterà per il protagonista l'allegoria della morte di tutti gli ideali in cui egli credeva.
Forse la purezza che Marcello cercava è racchiusa quella mano che gli vine protesa dalla giovane fanciulla, nel chiarore dell'aurora sulla spiaggia, forse troppo tardi perchè egli possa davvero riconoscerla.
Un capolavoro inizialmente contestato, ma che fungerà da spartiacque nella storia del cinema italiano, il film si separa definitivamente dalla tradizione del neorealismo per raccontare un' Italia nuova, che si allontana da valori antichi per far spazio ai sogni alle illusioni alle speranze di una "Dolce vita".
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