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7/10

La Belle Captive regia di Alain Robbe-Grillet

Fantasy
recensione di Francesco Carabelli

Il giovane Walter si trova invischiato in una storia piena di mistero legata alla scomparsa di una giovane donna. Alla ricerca della verità scoprirà di sognare, ma anche che il suo sogno ha un fondo di realtà...

Un film di difficile interpretazione quest’opera del romanziere e cineasta francese Alain Robbe-Grillet, che ci ricorda da vicino il Mulholland drive di David Lynch, per quella costruzione intricata, per la quale non si capisce dove termini la realtà e dove inizi il sogno e la fantasia. Di reale sembra esserci Walter, il quale si trova all’interno di un gioco complicato che lo vede protagonista della risoluzione di un intrigo: sulla sua strada torna costantemente una donna, bionda affascinante e disponibile. Questa donna però è ufficialmente morta sette anni prima in situazioni equivoche, dato che il suo corpo non è mai stato ritrovato.

La ricerca di questa donna, con la quale ha passato un’intera notte, dopo averla trovata distesa ferita in mezzo ad una strada, lo porta ad incontrare personaggi bizzarri come l’ispettore di polizia Francis, il medico Morgentodt o il padre della donna, il professor Van de Reeves, noto spiritista. La storia è vagamente ispirata ad un racconto classico ripreso da Goethe, ossia il racconto della fidanzata di Corinto, che narra di come un giovane cerca la propria fidanzata, ma visitandone il padre scopre che è morta sette anni prima. Il padre lo fa dormire nella stanza della giovane e durante la notte il fidanzato sarà da lei visitato e questa lo morsicherà e ne berrà il sangue fino alla morte, nel tentativo di trovare requie dopo essere stata uccisa in modo violento.

Un racconto affascinante ripreso da Robbe-Grillet e rielaborato visivamente alternando la realtà alla fantasia del giovane Walter, con un montaggio alternato, fatto di ciclici flash-backs, che si ripropongono creando una discontinuità nel continuum della storia narrata. Per rendere le ambientazioni al meglio, soprattutto quelle notturne e quelle fantastiche il regista si è affidato alle mani esperte del fotografo francese Henri Alekan, direttore della fotografia di provata esperienza e mago dell’illuminazione e dei giochi di luce (vedi sull’argomento il suo scritto Des lumières et des ombres). Il finale come in Lynch rivela un ribaltamento di piani e svela che ciò che sembrava reale è in realtà sogno e che in realtà Walter non è un agente segreto, ma un comune impiegato il quale è sposato con una giovane donna (che nel sogno impersonificava il suo capo) e sta per traslocare dall’appartamento nel quale vive al momento.

Ricorrente nei sogni (o meglio nel sogno nel sogno) di Walter è un quadro di Magritte intitolato La belle captive (qui si tratta di un artificio del regista anche se Magritte in realtà ha dipinto sei quadri con questo titolo) nel quale una spiaggia (l’inconscio) appare all’interno di un sipario, all’interno del quale appare inoltre un quadro dipinto dall’artista e rappresentante le onde del mare, quasi che il sogno sognato di notte da Walter sia una rappresentazione mentale di quello che accadrà in realtà la mattina successiva al protagonista (vedi l’interpretazione data da Kranklin J. Matthews nel press book del film). Un film eclettico, che lascia libero corso alla fantasia e che ci stupisce per l’intricata costruzione in cui mondo reale e mondo fantastico si intrecciano costruendo un unicum, che lascia spesso aperti interrogativi profondi allo spettatore. Bella la colonna sonora che presenta musiche diegetiche ed extra-diegetiche di Schubert.

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