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7/10

La Fiammiferaia regia di Aki Kaurismäki

Commedia
recensione di Francesco Carabelli

Iris, giovane operaia in una fabbrica di produzione di fiammiferi è alla ricerca della propria felicità e di un uomo che la accompagni nella vita. La ricerca sembra vana, ma un giorno, dopo aver aquistato un vestito alla moda, conosce un uomo e se ne innamora. Purtroppo sarà l'inizio dei suoi guai...

Conosciamo tutti la fiaba di Hans Christian Andersen. Aki Kaurismaki si ispira a questo racconto, ma lo rielabora a proprio modo, ambientando la fiaba ai giorni nostri e facendo della protagonista un’operaia che lavora in una fabbrica che produce fiammiferi. Al di là delle affinità lo svolgimento e la fine di questo racconto sono ben diversi. La protagonista, Iris, è alla ricerca della propria felicità: sostegno di famiglia, in quanto la madre e il padre acquisito vivono del suo stipendio senza nulla fare, servizievole, purtroppo incapace di fare amicizie e di trovare un uomo con cui condividere il proprio destino. L’occasione per una svolta è data dalla decisione di acquistare un vestito all’ultima moda, che le permette così di essere notata da qualcuno che non evita però di approfittarne per una notte. Iris cerca in Aarne l’amore, ritiene che possa essere l’uomo della sua vita e favoleggia una vita diversa per sé. Purtroppo la realtà è ben altra. Uomo d’affari Aarne, per lui Iris è una delle tante e anche quando viene a conoscenza del fatto che Iris è incinta, non vuole altro che far sparire il bambino. È una delusione troppo grande, per Iris, che cerca il conforto del fratello, e per i suoi genitori che decidono di “sfrattarla” da casa. A tale delusione Iris non può rispondere che con la vendetta. La giusta punizione concluderà la pellicola, non lasciando spazio a dubbi come in ogni parabola morale. Da notare che a differenza della fiaba di Andersen, Iris non usa i fiammiferi se non alla fine per accendersi una sigaretta, quando tutto è compiuto. Di questo cinema ci colpisce il silenzio quasi perenne che mette in risalto le immagini. Solo poche parole interrompono questo silenzio, nei momenti decisivi. Parole semplici asciutte, mai sofisticate che ci dicono della semplicità di una vita e allo stesso tempo ci fanno riflettere sull’abuso della parola in tanto cinema contemporaneo. Ci aiuta a sostenere questo silenzio la musica che accompagna in modo diegetico e extradiegetico la pellicola, il buon rock anni ’50 americano o il rock finlandese che ci sorprende per le sue melodie. Kaurismaki realizza una serie di quadri che si distinguono l’uno dall’altro per delle cesure rese possibili dalle dissolvenze in nero, che creano una sospensione e un’attesa che aiutano l’economia della storia narrata. Un cinema alternativo questo del regista finlandese, capace di farci riflettere senza mai scadere nel banale sulla durezza della vita, sul dolore provocato dagli uomini e sull’impossibilità di sottrarvisi senza pagare un prezzo.  Piace infatti di questa pellicola l’equilibrio con il quale il regista affronta i fatti raccontati e l’ironia che non manca nei momenti più tragici. Belle le immagini iniziali che ci rendono edotti sulla produzione contemporanea dei fiammiferi e che non sfigurerebbero in un bel documentario di genere. Da segnalare la grande prova dell’attrice protagonista Kati Outinen, musa del cinema di Kaurismaki, per la sua capacità di impersonare con verosimiglianza il personaggio di Iris.

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