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6/10

Lo stravagante mondo di Greenberg regia di Noah Baumbach

Drammatico
recensione di Francesco Carabelli

Roger Greenberg è un quarantenne di New York con problemi psichici e alla ricerca di un'identità. Decide di prendersi una pausa dallla sua attività di falegname e di tornare a Los Angeles per riallacciare i rapporti con gli amici di infanzia. Si scontrerà così con la realtà, che gli riserverà sorprese piacevoli e non...

Ben Stiller ci ha abituato a commedie romantico-demenziali e ad interpretazioni bipolari , ove i personaggi che interpreta lasciano spazio ad una personalità doppia, che unisce rapidi entusiasmi a cocenti delusioni o meglio a critiche verso sé stessi e verso il mondo.

Il regista Noam Baumbach riesce a sfruttare nella pellicola Greenberg (per il pubblico italiano Lo stravagante mondo di Greenberg), questa personalità doppia dell’attore per costruire una commedia che vira verso il drammatico, raccontandoci le vicende di Roger Greenberg, falegname in crisi, che dopo un periodo presso una casa di cura, ritorna agli affetti familiari a Los Angeles, fuggendo dalla Grande Mela.

La pellicola è tutta incentrata su Stiller, sulle sue ossessioni e sulla sua incapacità di costruire delle relazioni stabili con le persone, che vadano oltre il puro passatempo, incapace di prendere sul serio le sue azioni e di ritenersi per esse pienamente responsabile. Lo scontro con il passato, con gli amici di gioventù lo mette di fronte ad un mondo dal quale è fuggito, ma con il quale vorrebbe riallacciare dei rapporti. Tuttavia i suoi tentativi sono goffi, volti più ad un egoismo di sopravvivenza che non spinti da una sincerità di intenzioni.

Anche la relazione con la ragazza tuttofare che si occupa della casa del fratello (temporaneamente in Vietnam per vacanze con la famiglia) non riesce ad essere fino in fondo sincera. Roger è attratto da Florence, ma la sfrutta e non la valorizza, incapace di guardare al di là, di comprendere l’affetto della ragazza e di ricambiarlo.

Sembra quindi la classica commedia americana a base di sesso e volgarità, ma emergono tuttavia la personalità di un uomo, i suoi difetti, i suoi disturbi psicologici tratteggiati da Stiller con gran efficacia.

Il demenziale lascia spazio al dolce-amaro, con inserti malinconici dati dalla mancanza di comunicazione tra i protagonisti, insoddisfatti gli uni degli altri, ma contemporaneamente alla ricerca di un senso, di una direzione nella propria vita.

Sembra alla fine emergere una speranza per Greenberg e per Florence. Il finale aperto lascia spazio all’immaginazione dello spettatore che vede che qualcosa di nuovo sta per nascere tra i due, ma non sa con precisione come andrà a finire: se la coppia avrà un futuro assieme o se si tratti solo di un’ amicizia intensa che deve trovare il suo equilibrio e la sua maturità.

Registicamente da segnalare l’uso di alcuni segni filmici a costruire dei rimandi tra alcune parti del film e un montaggio in alcune parti che mischia le carte in tavola anticipando gli eventi e rompendo la continuità temporale. Oltre a questi particolari però non c’è una grande inventiva e tutto procede in modo classico privilegiando la recitazione e i contenuti alla mera forma.

Una commedia non eccezionale, forse talvolta banale (purtroppo si affronta con troppa superficialità il tema dell’aborto, facendolo passare come una pratica moralmente accettabile, senza farci riflettere sul valore della vita), ma capace di risvegliare l’attenzione dello spettatore sonnolento abituato alla demenzialità, lasciando spazio ai sentimenti e a qualche interrogativo sulla natura umana.

Un po’ poco, ma già qualcosa per un film commerciale….Apatow docet!

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Voto degli utenti: 7/10 in media su 2 voti.
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alexmn 7/10

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